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L'insurrezione della conoscenza soggiogata

di John Pilger - 06/12/2005

Fonte: nuovimondimedia.com


La costruzione di un eccellente complesso investigativo internazionale sulle atrocità della guerra in Iraq ha fatto arrossire i giornalisti ufficiali ben stipendiati 
La scrittrice indiana Vandana Shiva aveva invocato un’”insurrezione della conoscenza soggiogata”. L’insurrezione è decisamente in corso. Cercando di comprendere la pericolosità del mondo attuale, milioni di persone oggi si stanno allontanando dalle tradizionali fonti di informazioni e notizie verso l’informatizzazione sul web globale, convinti che il giornalismo mainstream sia sempre più la voce del potere dilagante.

Lo scandalo dell’Iraq ha catalizzato questo processo. Negli Stati Uniti, diversi operatori del settore dei media hanno confessato che probabilmente se essi avessero fin da subito contestato le celebri menzogne sulle armi di distruzione di massa, invece di amplificarle e giustificarle, il dramma iracheno non si sarebbe consumato.

Tutto ciò in però deve ancora attraversare l’Atlantico. Sin da quando nel 1922 venne fondata, la BBC in Gran Bretagna ha sempre protetto ogni establishment durante i periodi di guerra e di agitazione sociale. “Noi” non abbiamo mai commesso grandi crimini. Quindi l’omissione della copertura degli eventi scioccanti – la distruzione delle città, il massacro di persone innocenti e la farsa di un governo marionetta – viene sistematicamente applicata.

Una ricerca condotta dalla Scuola di Giornalismo di Cardiff ha provato che il 90% delle notizie diffuse dalla BBC sul tema delle armi di distruzione di massa irachene suggerivano che Saddam le detenesse realmente e che “la ricezione dei governi britannico e statunitense di tale copertura mediatica aveva ottenuto un esito positivo”. La stessa ricezione ha assicurato che, finora, l’uso delle armi vietate dagli americani e dai britannici in Iraq non abbia trovato spazio come notizia.

Un’ammissione del Dipartimento di Stato Usa del 10 novembre sull’impiego di armi al fosforo bianco a Fallujah è stata seguita da “una serie di dicerie su internet”, secondo le news notturne della BBC. Non ci sono state dicerie. C’è stata la costruzione di un lavoro investigativo di prim’ordine che ha fatto arrossire i giornalisti ufficiali ben stipendiati. Mark Kraft di insomnia.livejournal.com ha mostrato l’evidenza della questione nel numero del marzo-aprile 2005 della rivista Field Artillery e in altre fonti. Nel suo lavoro è stato sostenuto dalla collaborazione del regista Gabriele Zamparini, fondatore di un eccellente sito web, thecatsdream.com.

Nel maggio scorso, David Ewards e David Cromwell di medialens.org hanno pubblicato un rivelante dibattito con Helen Boaden, il direttore dei notiziari della BBC. Le avevano chiesto perché la BBC avesse taciuto sulle note atrocità delle truppe Usa commesse a Fallujah. Lei replicò: “Il nostro corrispondente di allora (del periodo dell’assedio Usa alla città) da Fallujah, Paul Wood, non riportò di nessuna di quelle cose perché non vide alcuna di quelle cose”.

Una dichiarazione gustosa. Wood era ‘embedded’ con gli americani. Non intervistò nessuna delle vittime di tali atrocità né reporter non ‘embedded’. Non solo egli non riportò dell’uso del fosforo bianco – cosa che ora gli Usa hanno ammesso – ma non riportò nemmeno dell’impiego di un’altra sostanza vietata, il napalm. Pertanto, gli spettatori della BBC sono rimasti ignari delle raffinate dichiarazioni del colonnello James Alles, comandante del Marine Air Group II. “Abbiamo bombardato al napalm contro quei ponti”. “Sfortunatamente là c’erano alcune persone… si possono vedere in una ripresa video… Non è un gran bel modo di morire. I generali amano il napalm. Ha un enorme effetto psicologico”, commentava Alles.

Una volta che il non giustamente accreditato lavoro di Mark Kraft e di Gabriele Zamparini è apparso sul Guardian e sull’Independent e ha forzato gli americani a fare chiarezza sulla questione del fosforo bianco, Paul Wood sui notiziari notturni della BBC ha descritto l’ammissione del governo Usa come “un disastro di pubbliche relazioni per Washington”. Gli ha fatto eco Menzies Campbell dei liberal- democratici, probabilmente il politico britannico più quotato dai tempi di William Ewart Gladstone, che ha affermato: “Tecnicamente l’utilizzo di queste armi potrebbe anche essere legale, ma i loro effetti sono tali che finirebbero per sostenere la propaganda dei ribelli”.

La BBC e la maggior parte dell’establishment politico-mediatico britannico invariabilmente hanno definito tali orrori come un problema di disastro di pubbliche relazioni, minimizzando la distruzione di una città dalle proporzioni di Leeds, l’uccisione e la menomazione di uomini, donne e bambini, e la negazione di aiuti medici, di acqua e di cibo – un crimine di guerra persino più grave.

L’evidenza è mastodontica, testimoniata da rifugiati, medici, gruppi per i diritti umani e un grande numero di cittadini stranieri il cui lavoro appare solo su internet. Nell’aprile dello scorso anno, Jo Wilding, una giovane studente di legge britannica, collezionò una notevole serie di straordinari servizi dall’interno di Fallujah. I suoi pezzi sono così eccellenti che ne ho incluso uno in un’antologia sul miglior giornalismo investigativo – ‘Tell Me No Lies: Investigative Journalism and Its Triumphs’, Vintage. Il suo documentario, ‘Una lettera al Primo Ministro’, prodotto all’interno di Fallujah con Julia Guest, non è stato mandato in onda dalla TV britannica.

Dahr Jamail, un giornalista libanese-statunitense indipendente autore dei più bei servizi sul campo che abbia mai letto, ha descritto recentemente di “tutto ciò che la BBC 'non è riuscita' a vedere”. Le interviste di Jamail con medici, funzionari locali e famiglie sono sul web, assieme a quelle di coloro che hanno documentato le vicende sulle munizioni all’uranio impoverito – un’altra sostanza vietata – e sulle armi-giocattolo, che Campbell definirebbe “tecnicamente legali”.

Provate di dare un’occhiata a questi siti: dahrjamail.com, zmag.org, antiwar.com, truthout.com, indymedia.org.uk, internationalclearinghouse.info, counterpunch.org, voicesuk.org. Ce ne sono molti altri.

“Ogni parola”, scriveva Jean Paul Sartre, “ha un’eco. Come ce l’ha ogni silenzio”.

Fonte: http://www.truthout.org/docs_2005/112505I.shtml
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media