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E io mi faccio una banca!

di Marco Giacinto Pellifroni - 25/05/2007


 

Se le leggi, furbescamente promulgate per impedire l’accesso al paradiso dei banchieri, non rendessero l’impresa pressoché impraticabile, fondare una banca sarebbe la cosa più sicura e redditizia che mente umana possa partorire.
Infatti, con un piccolo investimento per la struttura fisica, qualche impiegato e un modesto gruzzolo di base, tutte cose che potrei permettermi accendendo un mutuo con una banca esistente, potrei cominciare subito ad erogare prestiti e mutui a mia volta per 50 volte il gruzzoletto iniziale. Poi mi basterebbero i depositi dei primi clienti per essere autorizzato a concedere altri prestiti e mutui, sempre per 50 volte gli importi dei depositi, e addirittura senza limiti per prestiti vincolati per almeno 2 anni. Cammin facendo, mietendo lauti ritorni con gli interessi sui prestiti, concessi senza avere in cassa che 1/50 di quanto prestato, di cui solo un’infima parte costituito dal mio gruzzolo iniziale, più tutte le “spese” che addebiterei sotto le più fantasiose dicture (commissioni di massimo scoperto, penalità per sconfinamenti, spese spedizioni contabili ed estratti conto, canoni di tenuta conto, ecc.), le rate del mio proprio mutuo per far fronte alle spese iniziali costituirebbero un passivo talmente irrisorio rispetto alle voci attive che me lo terrei soltanto per rallegrarmi ogni giorno della crescita esponenziale dei ricavi che quel debito di partenza mi ha procurato e continua a procurarmi. Partendo con € 200.000, ad esempio, dopo un solo annetto, potrei giostrare qualcosa come € 10 milioni! Niente male.
Ogni mattina, arrivato in banca, tra gli inchini dei clienti, che mi ossequiano come se il cliente fossi io, aprirei la finestra per godermi la visione del traffico caotico che ingolfa le vie cittadine: tutta gente che si affanna, si arrabatta e si indebita ogni giorno di più per permettere a me, e agli altri banchieri come me, di vivere da nababbi, senza i problemi di sopravvivenza che tormentano gli “altri”, eccezion fatta per i politici, che provvidenzialmente i banchieri che mi hanno preceduto hanno avuto l’accortezza di insediare al governo e di renderli ciechi, sordi e muti nei riguardi della nostra casta. Come? Dando loro la facoltà di distinguersi dal “popolo vile”, con una ridda di privilegi tali da non dover rivolgersi a noi per prestiti e mutui, da non dover affogare nel lavoro per non affogare nei debiti, e infine, dopo almeno 30 mesi di servizio con due bei paraocchi rispetto al sistema bancario, la prospettiva di una dorata pensione, a partire da qualsiasi età, esentasse come ogni loro altro emolumento durante il “servizio”. Unica contropartita: non disturbare il manovratore, ossia i Grandi Banchieri, che manovrano il mondo al loro servizio: il c.d. “servizio del debito”. Insomma, i politici li lasciamo liberi di discettare su tutto, tranne che su di noi. Possono persino lasciar trapelare cosa guadagnano, tanto la gente li rivota lo stesso; ma quello che guadagniamo noi supera ogni immaginazione e deve restare top secret: non vorremmo fare la fine di Luigi XVI e Maria Antonietta.
Devo proprio esser grato ai nostri Padri Fondatori, così preveggenti: pensate, già nel XVII secolo crearono dal nulla la Banca d’Inghilterra, dandole questo nome tanto per confondere le idee e farla credere di proprietà statale, così come fecero, oltre 2 secoli dopo, i loro discendenti  con la Federal (!) Reserve americana e la Banca d’Italia. A proposito, peccato che questo nome l’abbiano già occupato; pensate se potessi fregiarmene per la mia banca, ancora piccola, ma “con ottime prospettive per il futuro” (come nella battuta di Renato Pozzetto, ma nel mio caso è la pura verità). Sì, sono ottimista e fiducioso, a differenza di tutti costoro che scorazzano davanti alla mia finestra per riuscire a portarmi il loro obolo entro l’orario di chiusura. Io spero che non se la cavino, così quello che mi han dato in pegno, che so, una casa, un terreno, insomma roba solida, me lo incamero io. E dire che io non gli ho dato altro che numeri su un computer! Questi sì che sono contratti equi e solidali: io ti do la mia parola e tu mi dai i tuoi averi! Del resto, oggi abbiamo superato i Padri: quelli, almeno una parte della moneta emessa l’avevano coperta da una riserva aurea e infatti vi stampavano sopra “pagabili a vista al portatore”; non solo, ma anche “la legge punisce i fabbricatori e gli spacciatori di biglietti falsi”. Oggi, più niente di tutto questo. Perché incriminarsi da soli? Qualcuno potrebbe saltar su e dire: ma i vostri biglietti sono falsi, visto che l’oro delle riserve ve lo siete quasi tutto venduto. La cosa migliore, quindi, è far sparire le banconote e ricorrere solo ad assegni, carte di credito, bonifici, ossia mere scritture contabili.
L’attuale governo è stato molto comprensivo a questo riguardo ed è sulla buona strada verso la sola moneta virtuale; del resto, i due maggiori responsabili della politica monetaria, Prodi e Padoa Schioppa, ci sono sempre stati vicini, se no mica sarebbero al governo. Anche l’opposizione, a dir vero, se ne sta buona e zitta. Solo la Lega è scossa a tratti da qualche fremito ribelle, come quella mozione del novembre scorso al Congresso Provinciale di Torino. (*) Non oso pensare a quanti voti prenderebbero, loro come qualunque altro partito, se mai rivelassero le nostre mene.
L’importante comunque è trovare sempre scopi nobili per mascherare fini meno confessabili: in questo caso basta etichettare la marcia verso la moneta virtuale come mezzo di lotta all’evasione fiscale. Del resto, non si ricorre anche all’idolo degli attuali governi, la democrazia, o alla lotta al terrorismo per giustificare una guerra (spacciandola per difesa), o alla sicurezza, ingigantendo i pericoli, per alzare le sanzioni a chi non si adegua? Democrazia, sicurezza e lotta all’evasione fiscale sono oggi le chiavi di accesso a qualunque sopruso.
L’importante è usare termini soft, e un minimo di bon ton, che diamine; e non, come m’è capitato l’altro giorno, che un cliente, a cui ho pignorato la casa per insolvenza, mi ha aggredito verbalmente ed è arrivato a darmi del truffatore. Impudente! Forse non sa che io, nel mio piccolo, mi attengo a quello che le banche centrali fanno nei confronti dei governi. E che, crede davvero lo screanzato che la BCE, come ho già accennato poc’anzi, risponda in solido dei miliardi di euro che “presta” agli Stati membri, come l’Italia? Mica siamo nell’Ottocento, è lo Stato che risponde in solido, ricevendo moneta fasulla e garantendo chi gliela cede coi Titoli di Stato, ossia con le tasse che impone ai suoi cittadini, trasformandoli in contribuenti, proprio per pagare gli interessi maturati negli anni (il c.d. debito pubblico, che dal nostro punto di vista è un credito privato). Le tasse, mica servono solo per finanziare le opere pubbliche: il grosso serve per pagare gli interessi alla banca centrale. E quelle commerciali, come la mia, fanno né più né meno la stessa cosa coi loro clienti. Insomma. la banca centrale vive dei debiti dello Stato e noi di quelli dei cittadini.
E infatti sto distribuendo ai miei correntisti un depliant (vedi sotto) che è un inno all’indebitamento. Non lo chiamo così, però: suona male. Oggi si chiama “credito personale” o “credito al consumo”. E la carta che lo rispecchia, visto che quella “classica” si chiama di credito, non mi resta che definirla con un nome inglese: carta “revolving”. Questo, anche per avvicinarci un po’ alla via tracciata già da tempo negli States e negli altri Paesi europei. E che, vogliamo sempre essere i terroni d’Europa? Nossignore, e infatti ci stiamo, anzi, si stanno (io mica faccio parte del branco) rapidamente allineando ai Paesi più evoluti, con una media di debito di € 12.000 e una durata di 4 anni. Il nostro obiettivo è di renderli tutti nostri debitori per durate in continua crescita. Tanto a noi non costa più neanche la stampa di carta moneta: una carta (continuiamo a chiamarla così, ma è di plastica vile) di credito o “revolving” dura almeno 3 anni,  e può macinare megliaia di euro!
In confidenza, però, sotto sotto, se alzo gli occhi dal mio orticello e vedo una nazione di debitori, qualcosa mi dice che non sia proprio un bene: gli States, che tutti imitiamo, a furia di vivere di prestiti sono sull’orlo della bancarotta. Leggo su un sito americano di finanza che gli americani hanno stipendi sempre più bassi, eppure le domande di prestiti crescono: ci si aspettava una crescita di $ 3 milioni in febbraio contro i $ 5,6 milioni reali; e addirittura $ 13,5 milioni, contro i $ 4 milioni previsti per marzo. Visto l’andazzo, le società di carte di credito hanno fatto varare leggi draconiane contro le insolvenze, equiparate d’ora in poi alle bancarotte.
Forse anche questo è il nostro, anzi il vostro, destino, ma io per ora mi godo i privilegi che ho: carpe diem, dicevano i Romani. E’ vero, sono finiti male; ma, alla lunga, tutti hanno momenti di gloria e poi tramontano; dobbiamo saper godere di ciò che si ha, senza pensare troppo al futuro. Beh, è ora che torni al lavoro, il mio quarto d’ora di orgasmo quotidiano è finito, c’è già una fila di gente in attesa di prestiti, devo scaldare il computer…

Bankus Rottier