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Censurare la storia per legge: le conseguenze storiografiche. Intervista al Professor Luca Codignola

di Giovanna Canzano - 18/07/2007

Fonte: iniziativameridionale

 


CANZANO - "Il negazionismo messo al bando per legge, chiude agli studiosi la possibilità di inoltrarsi in documenti o testimonianze che fino in quel momento erano chiusi in archivi o 'dimenticati' per paura nelle menti di chi li ha vissuti in prima persone?" CODIGNOLA - Nella sua definizione più specifica, "negazionismo" ha il significato di "negazione degli atti criminali compiuti dalla Germania nazista nei confronti degli ebrei immediatamente prima e durante la Seconda Guerra Mondiale da parte di studiosi che negano la validità della prove documentarie che dimostrano tali crimini". Se il "negazionismo" venisse messo al bando per legge, cioè se agli individui venisse impedito di sostenere pubblicamente, a voce o per scritto o per via di altri mezzi di comunicazione, le tesi che stanno alla base del negazionismo, non credo che di per sé lo studio della storia (che si basa su documenti e testimonianze) verrebbe ostacolato, tanto sono evidenti le prove che tali crimini sono effettivamente avvenuti e tanto è carente l'analisi storica degli stessi negazionisti. La messa al bando per legge del negazionismo avrebbe però tre effetti fondamentali. Il primo è che i negazionisti stessi potrebbero continuare a sostenere di non poter rendere noti i fatti sui quali baserebbero le loro tesi. Il secondo effetto è che potrebbe effettivamente essere che, su alcuni casi specifici, i negazionisti abbiano portato alla luce o possano portare alla luce elementi fattuali che, per qualsiasi motivo, sono stati finora negati. Il primo caso che viene alla mente a me, che non sono storico contemporaneista, è quello del maltrattamento dei prigionieri di guerra ex-nazisti da parte delle truppe alleate dopo la fine della guerra, sul quale so che esistono opinioni divergenti. Un altro caso è quello, relativo all'Italia, dei massacri delle foibe, delle vendette personali post-25 aprile 1945, o delle guerre fratricide all'interno della sinistra durante la guerra e immediatamente dopo, negate per decenni dalla vulgata resistenziale e solo recentemente ammesse da tutti, anche se fino a tempi recentissimi questo fatti erano stati patrimonio soltanto della destra ex-fascista o pro-fascista. Il terzo effetto, che è per me di gran lunga il più importante, è che se si comincia a negare il diritto di parola di chicchessia su un qualsiasi tema, si rischia di aprire la porta a infinite richieste di censura su altri fatti storici, dando mandato ai giudici dei tribunali o agli uomini politici del momento, e sulla base di principi etici di parte o di semplice convenienza, di stabilire che cosa è vero e che cosa non sia vero di quanto è accaduto nel passato, ciò che per ora soltanto gli storici sono in grado di fare grazie al loro metodo professionale, pur essendo gli stessi storici ben consapevoli dei limiti anche enormi che esistono nel loro lavoro. Per non fare che i primi esempi che vengono alla mente: si potrà ancora studiare la schiavitù africana e dire che questa esisteva ben prima dell'arrivo degli europei? Si potrà dire bene della scoperta dell'America e affermare che l'incontro tra indiani ed europei ha portato ai primi molti svantaggi, ma anche molti vantaggi? CANZANO - Sono d'accordo con te, ma, come già si è verificato, aprendo gli archivi, molto spesso ci si è trovati di fronte a fatti completamente diversi da come erano stati 'descritti' da persone che dicevano di aver vissuto in prima persona quei momenti e, come potrebbero reagire gli storici o i politici fronte a nuovi 'fatti', visto che per anni avevano affermato un'altra versione? CODIGNOLA - Ho passato la vita a lavorare in archivio e continuo a farlo, a dimostrazione del fatto che credo moltissimo nella ricerca archivistica quale base del lavoro di qualsiasi persona, storico o non, che voglia indagare il passato e conoscere quanto è "veramente" successo. Proprio questa lunga frequentazione degli archivi mi ha però sempre più convinto che la ricerca e l'eventuale ritrovamento del documento unico e sensazionale è alla lunga molto meno interessante e importante della lunga sedimentazione dell'insieme della documentazione. E che in questo senso i percorsi professionali di giornalisti e i politici, che in generale lavorano sull'attualità, e degli storici, che all'opposto lavorano sul contesto e sul lungo periodo, spesso divergono. Faccio un esempio: se oggi trovassimo la prova che ci dia la certezza del luogo del primo sbarco americano di Cristoforo Colombo nel 1492 (che non conosciamo ancora), un giornalista ne farebbe un titolo da prima pagina e i politici loca li ne approfitterebbero per innalzare un nuovo monumento al navigatore (o più probabilmente per organizzare un luogo di protesta permanente contro i colonizzatori europei). Ma per gli storici questa nuova verità rappresenterebbe poco di più di una nota a pié di pagina, visto che ciò che davvero conta non è il nome della spiaggia, ma è piuttosto il contesto generale dell'incontro tra europei e indiani d'America, che ormai conosciamo bene grazie all'amplissima documentazione disponibile e alla lunga riflessione che se ne è fatta. Naturalmente, più si va verso il presente e più si ha a che fare con persone ancora in vita, o che comunque sono morte da poco, più il singolo documento può assumere una valenza "sensazionale": vedi per esempio tutto il clamore che ha fatto e che continua a fare l'antica adesione dello scrittore tedesco Günter Grass al regime nazista, o la collaborazione con la polizia segreta del regime comunista dell'arcivescovo di Varsavia Stanislaw Wielgus, o i compromessi con il regime ai quali si assoggettò il giornalista polacco Ryszard Kapuscinski. In realtà spesso tale documentazione diventa "sensazionale" proprio perché viene avulsa dal contesto storico in cui è nata. Inoltre, anche a livello personale, qualsiasi persona è soggetta in vita a un percorso di mutamento, per cui a livello etico non si può imputare a una persona un'opinione o anche un'azione che è stata posta in essere nel passato (il discorso naturalmente è diverso per quanto riguarda la punibilità legale di certe azioni, per le quali conta l'applicazione della legge, non la moralità dell'azione stessa). Sono dunque favorevole alla massima apertura della documentazione archivistica, nei limiti posti dalla legge, e ritengo che per ora la legislazione statunitense sia in questo senso all'avanguardia, poiché riesce a trovare il punto di equilibrio tra il diritto del cittadino che vuole conoscere il proprio passato e quello del cittadino che vuole salvaguardare la propria sfera privata. Ritengo anche che in questo momento l'Italia presenta su entrambi i fronti l'esempio pessimo da non seguire: non consente al cittadino di studiare il proprio passato a causa di leggi restrittive e liberticide, e non protegge il cittadino che vuole difendere la propria sfera privata consentendo la pubblicizzazione di documentazione riservata addirittura a processi giudiziari in corso. Se poi la ricerca archivistica facesse venire alla luce documentazione nuova e contraria a quanto fino ad allora sostenuto dai protagonisti, gli storici seri non potranno che prenderne atto e modificare le loro opinioni e le loro affermazioni. È peraltro quanto gli storici seri hanno sempre fatto ed è quanto il loro mestiere richiede loro di fare. Coloro che hanno finora basato le loro opinioni su documentazione insufficiente (o hanno mancato di dire quali erano i limiti della loro conoscenza) sono altrettanto professionalmente colpevoli quanto coloro che rifiutano di mutare le loro opinioni quando una nuova documentazione dovesse mostrarne gli errori. CANZANO - La Commissione Parlamentare per il caso del Dossier Mitrokhin, dopo quattro anni, con tutti i documenti originali consultati, ha prodotto solo la morte per avvelenamento con un isotopo radioattivo di Alexander Litvinenko e la carcerazione di Mario Scaramella (da pochi giorni agli arresti domiciliari), quante possibilità ci possono essere, che, dagli archivi e dai dossier scomodi possa in qualche modo venire una 'nuova' lettura della storia? CODIGNOLA - Non sono in grado di giudicare i risultato della Commissione Mitrokhin, anche se mi pare quantomeno affrettato saltare alla conclusione che se non ci fosse stata la Commissione Alexander Litvinenko sarebbe ancora vivo e Mario Scaramella non sarebbe stato accusato. Ciò che mi pare salti agli occhi è la lettura tutta politica che dei lavori di quella commissione è stata fatta in Italia. Si è passati dal silenzio totale su quei lavori, alla derisione e allo scetticismo verso coloro che vi erano coinvolti, dalle dichiarazioni sull'incapacità del suo presidente, il senatore e giornalista Paolo Guzzanti, fino appunto quasi a sostenere che le colpe stessero tutte nella Commissione, e non, eventualmente, nelle persone sulle quali la Commissione indagava e nei fatti in cui essi erano coinvolte, nella fattispecie la loro collaborazione, a diversi livelli, con i regimi comunisti dell'Est europeo. Insomma, tutti avevano già giudicato tutto prima, durante e subito dopo i lavori della Commissione Mitrokhin, senza peraltro avere alcuna idea della natura e della veridicità della documentazione in esame. In generale, sono anche in questo caso favorevole al fatto che la documentazione integrale della raccolta dalla Commissione Mitrokhin debba essere messa a disposizione dei cittadini secondo quanto consente la legge, e che gli storici debbano studiarla e valutarla per quel che vale applicando a essa i principi della loro metodologia professionale. Purtroppo ancora una volta in Italia la legge è in questo senso estremamente restrittiva e non consente tale pubblicizzazione. Idealmente, bisognerebbe prima cambiare la legge, adeguando la stessa al modello statunitense, e poi aprire gli archivi della commissione. Agire in modo diverso significherebbe, una volta di più, favorire l'uso anarchico, sensazionalista e personalista della documentazione, e mettere a repentaglio il giusto equilibrio tra la ricerca della verità storica e il rispetto della sfera privata del cittadino. CANZANO - Ritornando alla prima domande, cosa ne pensa delle teorie dei negazionisti sull'olocausto? CODIGNOLA - Non ho mai studiato né il periodo della Seconda Guerra Mondiale né le teorie negazioniste in merito, quindi francamente ho ben poco da dire riguardo alla sua domanda, se non che la libertà di informazione che esiste nel mondo occidentale ha consentito sul tema dello sterminio degli ebrei la circolazione di una documentazione così vasta, e un così ampio dibattito, che mettere in discussione il fatto che tale sterminio ci sia stato è francamente insostenibile e non dimostra altro che cecità mentale, colossale ignoranza e fanatismo politico. Il fatto che poi le cifre o le modalità di tale sterminio possano essere ancora modificate o meglio conosciute non incrina affatto la certezza che tale sterminio sia storicamente avvenuto. Con tutto ciò, proprio la libertà che ha permesso di arrivare a una tale certezza deve consentire a chi lo voglia di affermare il contrario, in qualsiasi luogo e circostanza, così come a chiunque deve essere consentito di dire che le Torri Gemelle di New York le hanno abbattute i servizi segreti israeliani, che in Afghanistan si stava meglio quando comandavano i Talebani, che l'uomo non ha mai messo piede sulla Luna, e che la terra è piatta.

BIOBLIOGRAFIA Luca Codignola-Bo ha studiato a Roma (Laurea 1970) e a Toronto (MA 1974), ed è stato insignito di un dottorato honoris causa della Saint Mary's University di Halifax (2003). È attualmente professore ordinario di Storia delle Istituzioni delle Americhe presso l'Università di Genova. Ha precedentemente insegnato a Bologna e a Pisa. All'estero è stato visiting professor a vario titolo presso numerose università, tra le quali, negli ultimi anni, Laval (2000, 2004), Brown (2001), Toronto (2002, 2004, 2006), Minnesota (2002, 2003), Londra (2002), e Saint Mary's (2007). Storico modernista, Codignola ha soprattutto lavorato nel campo della storia dell'espansione del cattolicesimo nell'area nord-atlantica a partire da scavi archivistici svolti soprattutto a Roma, ma anche a Londra, Dublino, Parigi e Québec. Tale prospettiva lo ha portato a occuparsi del movimento di espansione europea in generale, dal Quattrocento all'inizi dell'Ottocento, e a riesaminare alcune fonti particolarmente signific ative nel campo della storia delle scoperte e delle esplorazioni (Colombo, Verrazzano, Champlain, van Heemserk). In anni più recenti ha esaminato le fonti archivistiche di alcune città italiane (Genova, Livorno, Torino, Venezia, Trieste, Napoli) per una storia delle relazioni mediterranee e atlantiche di queste città, soprattutto relativamente alle loro reti commerciali e consolari, fino alla prima metà dell'Ottocento. Codignola ha una lunga esperienza di gestione di organismi associativi e di ricerca nazionali e internazionali. Già Direttore del Centro di Ricerca in Studi Canadesi e Colombiani dell'Università di Genova, dopo avere fondato e diretto un centro di ricerca simile a Pisa, è attualmente Segretario Generale del Centro Studi "Paolo Emilio Taviani" sulle Relazioni Internazionali dal Medioevo all'Età Moderna. È o è stato presidente del Comitato Italiano per la Storia Nordamericana, dell'Associazione Italiana di Studi Canadesi, dell'International Council for Canadian Studies, della Association internationale des études acadiennes. È inoltre attualmente rappresentante del CNR presso lo Standing Committee for the Humanities della European Science Foundation. Il suo curriculum vitae e l'elenco delle sue pubblicazioni sono disponibili al sito .