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Le tasche dei partiti francesi

di Alain de Benoist - 18/07/2007

 

«Mi rivolgo a tutti coloro

che pensano che il

Fronte Nazionale,

difensore dei valori patriottici, debba

conservare il suo posto in Francia, a

rispondere generosamente alla sottoscrizione

nazionale che noi lanciamo».

Sin dalla sera del primo turno delle

elezioni legislative, lo scorso 10 giugno,

Jean Marie Le Pen faceva appello alla

generosità dei francesi. Non solo le

finanze del FN sono state prosciugate

nelle recenti campagne elettorali, che

si sono chiuse con un «disastro», come

ha detto lo stesso Le Pen, ma il debito

del partito è impressionante.

La legge francese prevede il rimborso

da parte dello Stato delle spese della

campagna elettorale dei candidati i cui

conti siano stati approvati dall’apposita

commissione (CCFP), ma a patto

che essi abbiano ottenuto almeno il 5%

dei voti. In realtà, pochissimi candidati

frontisti hanno potuto raggiungere

questa fatidica barriera. Risultato: un

debito per il partito dell’ordine di 8

milioni di euro, di fronte al quale il FN

può contare solo su un aiuto dello Stato

dell’ammontare di 1,8 milioni di

euro e all’incirca di 1,5 milioni di euro

di colletta.

Poiché è poco probabile che la sottoscrizione

che ha lanciato possa colmare

il buco, il Fronte dovrà fare delle

scelte difficili. Jean Marie Le Pen,

sempre propenso ad usare metafore

marittime, ha già parlato di «ridurre

le vele». Sono probabili dei licenziamenti

al “Paquebot”, il seggio centrale

del movimento, di cui qualcuno ha

paventato persino la vendita e dove

lavorano un centinaio di permanenti.

Anche il settimanale del Fronte, National

Hebdo, la cui diffusione è sempre

stata più limitata, potrebbe essere

minacciato.

La situazione non cambia per il Partito

Comunista. Nel 1969, il PC raccoglieva

più del 20% dei voti all’elezione

presidenziale e l’URSS gli forniva un

congruo aiuto che lo metteva al riparo

da ogni problema finanziario.

Quest’anno Marie

George Buffet non ha raccolto

nemmeno il 2% dei voti

all’elezione presidenziale e,

alle legislative, il PC ha

racimolato solo il 4,3% dei

voti. La campagna di Marie

George Buffet è costata 4,6

milioni di euro (5,5 milioni

se si aggiungono le spese delle

federazioni locali), di cui

solo 800.000 euro verranno

rimborsati dallo Stato.

Automaticamente, il declino

politico si trasforma in crisi

finanziaria.

Il budget annuale del PC è

attualmente dell’ordine di

13 milioni di euro (33 se si

tiene in considerazione il

budget delle federazioni

locali). Le finanze del partito

poggiano su quattro pilastri:

le collette, le sottoscrizioni,

il trasferimento delle

indennità degli eletti (tutti

gli eletti comunisti accreditano

le proprie indennità al

loro partito che, in cambio,

fornisce i mezzi per le loro

attività) e il finanziamento

dello Stato. Ma il PC raggiunge

a malapena i 6 milioni

di euro di collette (il cui

ammontare rappresenta

l’1% del reddito mensile

degli aderenti), a fronte dei

15 milioni di dieci anni fa.

L’ultima sottoscrizione

nazionale, nel 2006, gli ha

fruttato 530.000 euro (a

fronte degli 8 milioni nel

1997). Con lo score delle

ultime legislative, può sperare

di raccogliere solo 1,8

milioni di euro di aiuto pubblico,

cui vanno aggiunte le

indennità dei deputati (15 al

posto dei 19 dell’Assemblea

uscente) e le risorse legate

all’esistenza di un gruppo

parlamentare che comunque

dovrà dividere con i Verdi .

Jean Louis Frostin, tesoriere

del partito, ha smentito l’informazione

secondo cui starebbe

per vendere la sede di

piazza del Colonnello

Fabien (nel 19° arrondissement

di Parigi), edificio

costruito nel 1971 secondo i

progetti dell’architetto

comunista brasiliano Oscar

Niemeyer e che è stato classificato

monumento storico

lo scorso marzo. Egli ha

anche smentito la vendita

del patrimonio artistico

(opere di Pablo Picasso,

Marcel Duchamp, Fernand

Léger, etc.) del PC. «La

nostra situazione finanziaria

- ha dichiarato - non è

catastrofica, ma è molto

tesa». Sarà comunque

necessario operare delle economie.

Il PC ha già dovuto

vendere il suo centro di formazione

professionale nel

2004 e, lo scorso gennaio, un

immobile al Boulevard Blanqui,

a Parigi. Oltre alla sottoscrizione

eccezionale che è

in procinto di lanciare, ora

darà in affitto due dei sei

piani della sua sede centrale

e procederà a “compressione

di personale” tra i 55

permanenti che vi lavorano.

Quanto al quotidiano comunista,

L’Umanitè, di cui il

PC è azionista al 40% e che

ha un deficit cronico da

anni, potrebbe essere

costretto a vendere il suo

immobile di Saint-Denis,

anche questo opera di Oscar

Niemeyer.

Fino al 1988, non esisteva in

Francia nessuna legge relativa

al finanziamento dei

partiti politici. Da quella

data, si è messa in atto tutta

una legislazione. Il finanziamento

pubblico dei partiti

politici è ancorato ai risultati

alle legislative e al numero

dei parlamentari. La legge

dispone che i partiti politici

ricevano ogni anno 1,6 euro

per ogni voto ottenuto alle

ultime legislative nel

momento in cui hanno presentato

almeno 50 candidati

che abbiano superato l’1%

dei suffragi in un minimo di

30 circoscrizioni. Le donazioni

delle società industriali

commerciali sono totalmente

proibite dal 1995. Le donazioni

dei privati sono deducibili

al 60% dalle loro

imposte. In caso di non

rispetto della parità uomodonna

per la presentazione

dei candidati alle elezioni,

dal 2000 i partiti sono penalizzati

finanziariamente in

proporzione allo scarto che

separa i candidati dalle

candidate.

Nel 2004, l’ammontare globale

delle somme versate ai

partiti dallo Stato ha raggiunto

i 73,2 milioni di euro

(di cui 33 milioni per l’UMP,

19 per il PS, 4,5 per il Fronte

Nazionale e 3,7 per il

PC). Nel momento in cui le

spese dei partiti continuano

a lievitare a causa dell’esplosione

del “marketing”

politico, l’aiuto dello Stato è

diventato la prima fonte di

finanziamento delle formazioni

politiche.

Almeno in teoria, le sovvenzioni

pubbliche hanno sostituito

i trucchi illeciti e le

bustarelle. Ma con il risultato

che i partiti senza rappresentanza

parlamentare hanno

grosse difficoltà a vivere

in modo autonomo dal punto

di vista finanziario.

François Mitterrand parlava

non molto tempo fa di

«denaro che corrompe tutto

». Non abbiamo ancora

smesso di parlare delle relazioni

incestuose tra la politica

e il denaro.