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Palestina:tutti pazzi per Abu Mazen

di Antonella Vicini - 19/07/2007





Bush offre il suo impegno per risolvere la questione israelo-palestinese e mondo arabo e occidentale, allineato, concorda a gran voce.
Il meccanismo ad orologeria messo a punto tra Washington e Tel Aviv, nel giorno dell’incontro Olmert-Abbas a Gerusalemme, ha ottenuto infatti ieri il suo prevedibile carico di consensi tra i protagonisti della scena internazionale determinati a normalizzare lo scenario palestinese.
Con buona pace di chi si illudeva ancora di poter giungere ad una pace che non fosse solo rinuncia e compromesso per il popolo palestinese.
Con all’orizzonte la prospettiva di rianimare la Road Map, grazie anche al ruolo che svolgerà all’occorrenza Tony Blair, quale inviato del Quartetto nel Vicino Oriente, Unione europea, Giordania, Egitto e Arabia Saudita hanno già plaudito il progetto del capo della Casa Bianca che prevede una conferenza internazionale di pace, il prossimo autunno. Automatica anche la risposta alla richiesta di sostegno (politici ed economico) al presidente di Anp Mahmoud Abbas, rivolta agli stessi Paesi come corollario del progetto made in Usa.
Poco importa se il portavoce del governo israeliano Miri Eisin ha già messo le mani avanti evidenziando che, nonostante le smancerie ostentate tra Abu Mazen e Olmert, “Israele ha pubblicamente fatto sapere di voler discutere su questioni relative all'orizzonte politico e su come arrivare alla visione dei due Stati per due popoli, ma siamo stati molto chiari nel dire che non vogliamo discutere in questa fase delle tre questioni principali: le frontiere, i rifugiati e Gerusalemme”. 
Abbas non è riuscito a ottenere neanche la promessa di non invadere la Cisgiordania e di rimuovere checkpoint e blocchi viari.
Strada bloccata, dunque, ma questo pare non interessare al capo dell’Anp, forse anestetizzato o abbagliato dalla pioggia di fondi che, stando alle parole di Bush, dovrebbero riversarsi sulla Cisgiordania (la Palestina dei buoni, contro quella dei cattivi, secondo lo schema manicheo fatto dal presidente Usa): 190 milioni di dollari, oltre quelli i già stanziati, che dovrebbero provenire dalle nazioni favorevoli al nuovo corso.
Abdullah e Abdullah II e Hosni Mubarak da parte loro hanno ampliamente confermato di appartenere allo schieramento statunitense.
Il sovrano hashemita, in un comunicato ufficiale diramato ieri, ha elogiato la proposta del presidente degli Stati Uniti; nel corso della telefonata del giorno precedente l’aveva definita “un passo decisivo nella direzione giusta”.
Anche il Cairo ha giudicato positivamente l'intervento di Bush senior: in una nota, il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit ha sottolineato che il progetto “contiene elementi positivi sui quali dobbiamo basarci per andare avanti”.
Stesso atteggiamento dalle parti di Bruxelles, dove Javier Solana, alto rappresentante per la politica estera e di difesa comune dell’Ue, prima di partire per una missione diplomatica di tre giorni a Gerusalemme e nei Territori palestinesi, ha salutato “con favore il discorso tramite cui il presidente Bush ha rinnovato l’impegno degli Stati Uniti al raggiungimento di accordo negoziale per il conflitto israelo-palestinese, sulla base della soluzione due popoli-due Stati come unica via percorribile”.
“L’incontro internazionale proposto dal presidente Bush”, si sottolinea in una nota diffusa dall’ufficio di Mr Pesc, “darà un sostegno sostanziale alle parti in causa nei negoziati per un accordo permanente”.
Anche Berlino ha dato il suo pieno appoggio all'iniziativa, mentre il ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema l'ha definita “una proposta interessante”, che possa “effettivamente rappresentare una occasione per cercare di rilanciare il processo di pace che appare tuttora fermo”.
Quel che è chiaro è che se tra Israele e Palestina sarà “pace”, questa sarà decisa dall’Occidente, in linea con le necessità di Tel Aviv, e con una sola parte palestinese.
Da Gaza il movimento islamico Hamas ha infatti respinto la proposta della conferenza internazionale, “perchè serve unicamente agli interessi dei nostri nemici sionisti e per separare la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania, dividendo tutto il popolo palestinese”, e nel frattempo ha proposto ancora una volta di tornare a dialogare con Abu Mazen, dicendosi pronta “a restituire il controllo delle istituzioni di Gaza all'Autorità palestinese”.
A renderlo noto fonti di stampa palestinesi, che hanno citato il leader politico del movimento, Khaled Meshaal, che ha prospettato per quanto riguarda la sicurezza una seria e scrupolosa riforma secondo i criteri nazionali.
Una formula per ripristinare in qualche modo la situazione ante quem (prima che Abbas avesse il sostegno internazionale, dunque) che non conviene certamente al presidente palestinese e non coincide con le sue aspirazioni di potere avallate Oltreoceano.