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Cosa succede in Iraq: intervista al leader politico della resistenza al-Kubaysi

di Willi Langthaler - 06/08/2007

Fonte: iraqiresistance.info

 

 

Abduljabbar al-Kubaysi, influente leader politico della Resistenza irachena e segretario generale dell'Alleanza Patriottica Irachena (API), risponde alle domande di Willi Langthaler sulla situazione che si va delineando in Iraq.

 

 

Parigi, luglio 2007

 

 

Domanda: In quest'ultimo periodo i media europei, nel trattare dell'Iraq, ci hanno parlato esclusivamente di una guerra civile interconfessionale. Che cose succede in realtà?

 

Risposta: In realtà, sono gli occupanti statunitensi e il governo da essi imposto a spingere in direzione di questa guerra civile interconfessionale. Anche gli Iraniani, poi, vi hanno il loro interesse, poiché anch'essi auspicano una federazione nel Sud: stanno tentando di fare in modo che sunniti, cristiani e mandei [piccola comunità religiosa di tipo gnostico-dualista dalle antichissime origini che vive nella provincia di Bassora e nello Shatt el-Arab iraniano, NdT] se ne vadano per ottenere una zona puramente sciita. In condizioni di guerra queste spinte settaristiche hanno un effetto immediato.

 

Gli Stati Uniti lo usano come argomento per rimanere in Iraq, affermando che ci sarebbe bisogno di loro per sedare il conflitto.

 

C'è tuttavia abbondanza di prove che siano i servizi d'intelligence dei governi statunitense, iracheno e iraniano le vere fonti della violenza. Piazzano bombe, oppure le caricano su automobili che poi vengono fatte esplodere, con un controllo a distanza o tramite elicottero, nelle zone sia sunnite sia sciite, uccidendo deliberatamente civili non coinvolti nella politica. In tal modo tentano di innescare il conflitto interconfessionale.

 

Inizialmente, i media usavano fare sopralluoghi nel sito dell'esplosione, e spesso testimoni oculari contraddicevano la versione ufficiale secondo cui una persona si era fatta esplodere. Ora invece le aree colpite vengono cinte da cordoni sanitari, e impedite le domande agli abitanti del posto. Vogliono che si diffonda la notizia che i responsabili del massacro siano dei militanti, quando sono state le forze governative o statunitensi a piazzare cariche esplosive. Nella maggior parte dei casi l'attacco non è portato da combattenti suicidi: allora potete essere sicuri che è coinvolta la coalizione al potere.

 

Ad esempio, hanno cambiato, nottetempo, il nome di un'importante strada nel distretto di al-Adhamiye di Baghdad: da quello di un'importante figura religiosa sunnita a quello di una figura sciita. Fu la stessa comunità sciita di al-Adhamiye a ripristinare il nome originale. Dunque sono tornati, coi loro Hummers...

 

Ma in realtà non sono riusciti davvero a creare una spaccatura tra sunniti e sciiti. Sì, questa spaccatura è presente nella politica ufficiale. Il Partito Islamico Sunnita, che sta con gli Americani, e il blocco sciita, che sta con l'Iran e gli Stati Uniti, si contrappongono secondo linee del genere, ma non sono riusciti a portare le persone comuni sulle loro posizioni. Qui e lì possono esserci alcuni conflitti minori, ma in sostanza le larghe masse, da entrambe le parti, si considerano irachene al di là della loro confessione religiosa.

 

Guardate Najaf e vedrete le posizioni degli Ayatollah arabi sciiti, che continuano a invocare l'unità nazionale e a opporsi all'occupazione. O guardate la provincia di Diala, che è composta da un 50% di sciiti e un 50% di sunniti, ed è al contempo una solida base della Resistenza. E' ampiamente risaputo che due importanti tribù sciite, al-Buhishma e i seguaci dell'Ayatollah Abdul Karim al-Moudheris, stanno con la Resistenza. Il figlio dell'Ayatollah, che era a capo di un importante contingente tribale della Resistenza, è caduto in combattimento. A Baquba, la capitale provinciale, non è possibile portare avanti le operazioni di 'pulizia', come fanno a Basra con i sunniti o ad Amara con i mandei: a Baquba, sia sciiti sia sunniti sostengono la Resistenza. Ci sono, ovviamente, attacchi da parte dei vari gruppi resistenti contro le agenzie governative irachene, l'esercito statunitense, le forze iraniane e partiti e milizie sciite che, come l'esercito Mahdi, fanno parte del regime fantoccio: ma non sentirete parlare di uccisioni a sfondo religioso.

 

C'è un altro esempio: Tal Afar nel Nordovest dell'Iraq, vicino Mosul. Lì, tra il 50% e il 70% della popolazione è sciita. Nondimeno, è una delle capitali della Resistenza.

 

E' nell'interesse dell'Occidente e dell'Iran fare in modo che il conflitto sembri di natura interconfessionale. Non sono soltanto gli Stati Uniti, infatti, bensì anche l'Iran, a voler giustificare la propria presenza con la necessità di impedire una guerra civile religiosa. Non vogliono soltanto appropriarsi del Sud: vogliono anche impadronirsi di Baghdad, e sbarazzarsi dei suoi abitanti sunniti. Insieme all'alleanza coi Curdi a Nord, questo basterebbe loro a controllare il Paese.

 

Tuttavia, noi non crediamo che questi piani funzioneranno. Ci sono tribù molto importanti per il mondo arabo e l'Iraq, che si estendono nell'intero Paese, dal Nord al Sud, come gli al-Jibouri, la cui gente vive da Nassiria a Mosul, o gli al-Shamari o gli al-Azouwi. La maggior parte di esse include sia sunniti sia sciiti. Ci sono alcune tribù più piccole che appartengono a una sola confessione, ma la maggior parte di quelle più grandi sono miste e i matrimoni interconfessionali rimangono all'ordine del giorno.

 

Non sono riusciti a innestare lo scontro interconfessionale nella base della società. Rimane sulla superficie dei partiti che collaborano con l'occupazione statunitense. Nelle grandi città trovano anche persone bisognose e ignoranti che riescono a indottrinare, ma non riusciranno a modellare le principali entità politiche sulla base delle appartenenze religiose, come gli Stati Uniti apertamente auspicano.

 

D: Inizialmente, gli Americani concentrarono tutte le loro speranze sui partiti politici sciiti, ma poi scoprirono che la situazione era sfuggita loro di mano. Così svilupparono la strategia detta 'redirection' ('cambiamento di rotta'), provando a tirare dentro forze sunnite e anche settori della Resistenza. Questi sforzi hanno prodotto qualche risultato?

 

R: Col passare del tempo, gli Stati Uniti si resero conto che la lealtà dei loro alleati andava esclusivamente all'Iran. Molti di essi sono addirittura iraniani! Ad esempio, in questo momento, tredici parlamentari sono ufficiali dell'esercito iraniano. Oppure, nel precedente governo, solo sei membri su venticinque erano arabi, tra sunniti e sciiti. Altri otto erano iracheni appartenenti a minoranze. Dunque la maggioranza era costituita da stranieri. Ad esempio, la famiglia di al-Hakim è di Isfahan: fino a pochi anni fa, al-Hakim veniva ancora chiamato Abdulaziz al-Isfahani.

 

Sono stati i neocon statunitensi ad introdurre il modello della divisione etnica e religiosa, con l'intenzione deliberata di creare un regime sciita per avere una minoranza al potere, una minoranza rispetto all'intero mondo arabo, che pensavano di poter controllare e guidare più facilmente.

 

Originariamente avevano pianificato di continuare la loro campagna fino a Damasco, e stabilire lì il gruppo sunnita dei Fratelli Musulmani. In tal modo Damasco avrebbe sostenuto gli iracheni sunniti mentre Teheran avrebbe fatto lo stesso con gli iracheni sciiti, e la guerra sarebbe andata avanti per decenni - non sulla base dell'antimperialismo ma su un terreno religioso. Ma la Resistenza irachena ha vanificato tali piani.

 

La Resistenza irachena è sorta rapidamente e ha guadagnato forza, così hanno dovuto riconoscere che non poteva essere affrontata solamente sul piano militare. Questo è il motivo principale del loro cambiamento di rotta strategico. Hanno pianificato il processo politico di normalizzazione e stabilizzazione, chiamando il Partito Islamico sunnita a parteciparvi. La loro intenzione era tentare un ripescaggio di settori della Resistenza. Ma presto il consenso del Partito Islamico crollò, e i suoi leader presero a rifugiarsi nella Green Zone o all'estero.

 

Nello stesso tempo, hanno compreso che gli Iraniani erano penetrati in profondità nell'apparato statale, al di là dei limiti concordati. Così si mossero anche per contrastare questo processo.

 

D: Qual è la situazione della Resistenza, dal punto di vista politico e da quello militare?

 

R: La Resistenza sta ancora guadagnando forze. Basti soltanto guardare il numero dei membri, che da alcune migliaia si è alzato fino a superare ampiamente i centomila combattenti. Le loro capacità di combattimento sono pure migliorate. Ma sono anche riusciti a sviluppare strutture d'intelligence capaci di penetrare l'esercito e la polizia irachene, e, a volte, l'ambiente dell'esercito statunitense. In tutto, quindi, il sistema della Resistenza è composto di circa quattrocentomila persone.

 

Le truppe statunitensi e i loro alleati sono molto demoralizzati. Mentre la Resistenza combatte per liberare il Paese, essi combattono solamente per guadagno. E così stanno diventando sempre più feroci. Non solo aumentano gli effettivi delle truppe regolari statunitensi, ma anche quelli delle forze mercenarie, che si comportano ancora più barbaricamente. Tutti insieme, rappresentano forse un milione di persone.

 

Guardate le perdite statunitensi come comunicate dallo stesso Pentagono (e quindi ovviamente edulcorate): mettendo da parte i mesi di operazioni militari speciali come quelle contro Falluja o Tal Afar, vedrete una chiara tendenza: all'inizio c'erano circa cinquanta soldati uccisi al mese; in seguito si è passato a ottanta e ora si è intorno ai cento al mese.

 

La Resistenza è ora un vero movimento popolare, è una cultura tra la gente. Tutti fanno la loro parte. E il fatto che nessun governo ci aiuti ha anche il suo lato positivo: quando ti pagano c'è sempre corruzione. Sarebbe stata costruita la tipica facciata araba. Ora, invece, non ci sono scusanti. Ogni sezione rende conto per se stessa, organizza i propri uomini, li addestra, prepara gli attacchi, si procura il denaro, eccetera.

 

Anche a livello politico sono stati fatti dei passi avanti. All'inizio c'erano centinaia di gruppi, ma è stato compreso come fosse necessaria una maggiore unità. Ora possiamo dire che esistono otto gruppi principali. Ciò che non è stato finora possibile ottenere è un comando politico unificato, che rimane uno degli obiettivi principali.

 

D: Sono stati segnalati scontri armati tra gruppi della Resistenza e forze riferibili ad al-Qaeda. Che rapporti ci sono tra la Resistenza e i gruppi salafiti e takfiri? [NdT: "takfiri" indica i gruppi che negano l'identità islamica di chi non si impegna per lo stato islamico]

 

R: Ricordiamo che l'Occidente cominciò insultando la Resistenza, che veniva bollata come straniera o nostalgica del vecchio regime. Si voleva insinuare che non ci fosse nessun rapporto tra la Resistenza e il popolo iracheno. In realtà, la Resistenza sorse a un livello estremamente popolare, come autodifesa dalle enormi provocazioni del neocolonialismo statunitense. Era composta di ex-soldati, uomini delle tribù, persone che s'ispiravano alla religione o alla nazione per agire nelle proprie immediate vicinanze. Non furono né gli stranieri né i baathisti la forza propulsiva iniziale, sebbene anche i baathisti abbiano partecipato.

 

Il modo come gli Stati Uniti destituirono Saddam fu percepito come un'aggressione da tutti gli iracheni, compresi i suoi oppositori. Ad essere onesti, verso la fine anche Saddam in persona giocò un ruolo importante nello spingere la sua gente alla resistenza. Non provò a nascondersi fuggendo, come fu a volte riferito. Andò invece di città in città, da Tikrit a Samarra, passando per Anbar e Baghdad. Contattò sceicchi, ufficiali e via dicendo. Diceva che avrebbero dovuto resistere, non per lui come presidente, ma per la nazione e per l'islam. Chiese addirittura che la sua immagine non fosse più usata come simbolo di richiamo. Solo nei mesi successivi il Baath poté riorganizzarsi come partito, e come tale entrare a far parte della Resistenza. Dal punto di vista della Resistenza, fu una grande fortuna che non riuscissero ad arrestarlo per lungo tempo.

 

Per quanto riguarda al-Qaeda, nei primi due anni niente del genere esisteva sotto tale nome, tant'è che pure le maldicenze degli Americani erano relative principalmente a penetrazioni di stranieri dall'estero, e specialmente dalla Siria. Tentavano di creare un pretesto per attaccare la Siria, benché Damasco non facesse assolutamente nulla per aiutare la Resistenza, e viceversa si adeguasse in toto agli ordini di Washington, per timore di un'aggressione, quantomeno nei primi mesi.

 

Nei primi due anni essi disponevano di una forza molto modesta, che contava forse tra i mille e i millecinquecento combattenti tra i locali e gli stranieri. Né il livello dell'attività militare era molto alto: in un lasso di tempo di due anni, essi stessi rivendicano circa ottocento attacchi, mentre la Resistenza stava portando avanti ottocento attacchi a settimana.

 

Più tardi hanno guadagnato stabilmente terreno, e continuano tuttora a crescere. Hanno molto denaro, ma non se ne servono per vivere nel lusso, conducendo viceversa un'esistenza molto dignitosa, limitata ai bisogni essenziali, mentre dedicano tutto alla lotta: questo si dimostra un comportamento estremamente serio e convincente. Il denaro lo spendono per la lotta. La maggior parte dei giovani si unisce a loro non per la loro ideologia, ma perché gli viene offerto uno spazio in cui resistere.

 

In Oriente non è necessario scrivere libri per convincere la gente. Se il tuo personale stile di vita è congruente con la tua missione, allora convincerai la gente.

 

Il tentativo degli americani di stabilizzare la situazione affidando ai loro fantocci locali la gestione delle istituzioni da essi messe in piedi ha finito per favorire al-Qaeda. Coloro che si prestarono a questo gioco argomentavano che, se non l'avessero fatto, gli Iraniani avrebbero avuto la meglio: si sarebbe trattato dunque di cooperare solo per un breve periodo, per poi sbarazzarsi anche degli Americani. Ovviamente fu un fallimento. Al-Qaeda invece sostenne, con profondi argomenti morali, che solo una lotta armata prolungata avrebbe fatto avanzare la giusta causa. I fatti gli hanno dato ragione..

 

Hanno anche offerto denaro ad alcune tribù resistenti dalla forte identità musulmana, delle cui risorse avevano bisogno per la loro lotta. Hanno creato così una coalizione di sei gruppi, uno di al-Qaeda e cinque gruppi locali. Ciò ha dato loro una forte spinta. Non erano forze significative come quelle dell'Esercito musulmano, ma avevano comunque radici a Ramadi, Falluja, Haditha eccetera. hanno dato alla loro coalizione il nome di Consiglio della Shura dei Mujahidin. Sotto questo marchio continuano ora, e non sotto quello di al-Qaeda.

 

Oltre alle loro molte risorse essi hanno, diversamente dagli altri gruppi resistenti, costanti rifornimenti anche dall'estero. Oggi è forse possibile dire che al-Qaeda è la prima organizzazione della Resistenza. Si muovono separatamente dagli altri, ma cionondimeno in ogni città c'è una sorta di consiglio per coordinare l'azione militare, per abbozzare un piano di difesa.

 

L'islam è un'arma per far sollevare il popolo. La storia islamica, le figure islamiche, la cultura islamica vengono usati per spingere le persone alla lotta, poiché considerano l'islam la loro identità. Si stanno mischiando i simboli nazionali e religiosi. Il Corano dice che se una terra islamica è attaccata da stranieri, è obbligatoria la resistenza armata. Fino ad oggi ciò è rimasto scontato per il senso comune. Il Jihad diventa un dovere religioso per chi è sotto occupazione da invasori stranieri, come il digiuno o la preghiera.

 

Quindi tutti i gruppi resistenti, islamici o no, usano questo spirito come mezzo per mobilitare e sollevare la popolazione. Prendete ad esempio le dichiarazioni del partito Baath, e quelle personali di Izzar al-Durri. Giudicando dal suo linguaggio, lo si potrebbe dire un estremista islamico. In realtà, non tutti costoro sono davvero estremisti religiosi.

 

E' l'ambiente intero ad essere islamico. Sarebbe impossibile attirare i giovani con proclami marxisti o nazionalisti. Dovunque ci siano giovani, troverete che dominano il sentimento e lo spirito islamici: e ciò favorisce indirettamente al-Qaeda. Le persone che si uniscono a loro non sentono di fare qualcosa di anomalo: al contrario, visto che l'atmosfera generale è islamica, sono convinte di agire in maniera perfettamente coerente.

 

D: Ma cosa ci dici degli attacchi a sfondo religioso? Al-Qaeda non porta almeno parte della responsabilità?

 

R: La responsabilità appartiene al governo nelle sue componenti sia sciite sia sunnite, agli Stati Uniti, a Israele e all'Iran. Per quanto riguarda gli attacchi attribuiti ad al-Qaeda dall'Occidente, c'è sempre da sottrarre un 95%. E per il restante 5%, si sente solo parte della verità. A volte al-Qaeda attacca aree sciite, come rappresaglia per attacchi del governo o delle milizie in aree sunnite. Vogliono mostrare alla popolazione sunnita che sono in grado di difenderli, in modo da convincerli a restare, mandando così a monte il piano di liberare Baghdad dai sunniti facendola diventare parte dell'entità federale sciita a Sud: questo è infatti l'obiettivo condiviso dai partiti sciiti, dall'Iran e inizialmente anche dagli Stati Uniti.

 

Ma questa non è una linea strategica, tant'è che nell'ultimo anno è accaduto solo poche volte, in reazione ad attacchi massicci. E per ogni attacco si assumono la piena responsabilità. Rivolgono un appello ai saggi tra gli sciiti: «fermate i crimini che vengono commessi in vostro nome, altrimenti ne porterete anche voi la responsabilità. Siamo capaci di rispondere agli attacchi con una potenza dieci volte maggiore».

 

Non è mia intenzione difendere un tale approccio, tuttavia è necessario ripristinare l'oggettività dei fatti contro le distorsioni che ne fa l'Occidente.

 

C'è un altro esempio che colpisce. Al-Qaeda cominciò a Falluja, come del resto l'intera Resistenza. Questa era una città esclusivamente sunnita, ma immediatamente dopo l'inizio dell'occupazione, circa dodicimila famiglie sciite originarie del Sud si rifugiarono a Falluja e Ramadi, poiché erano accusate di essere baathiste. Non solo ne fui testimone oculare, ma fui anche coinvolto nell'organizzazione del loro soccorso. Furono aiutati dalle persone comuni, poiché li consideravano sostenitori della Resistenza. Ad oggi rimangono circa ventimila rifugiati sciiti a Falluja e non è stato osservato neanche un singolo atto di ostilità interconfessionale, neanche da parte di al-Qaeda. Ovviamente ci sono scontri per il potere tra i diversi gruppi resistenti, questo è normale, ma non avviene su basi religiose.

 

D: Due anni fa avete fondato il Fronte Nazionale Islamico Patriottico (Patriotic Islamic National Front), comprendente il Partito Baath, il Partito Comunista Iracheno (Comando Centrale) e l'Alleanza Patriottica Irachena. Ci sono diverse figure, sia sunnite sia sciite, che vi sostengono, ma sino ad ora le principali formazioni militari della resistenza non sembrano rappresentate dal vostro fronte. I tempi non sono dunque ancora maturi per una simile coalizione?

 

R: Si tratta di un fronte esclusivamente politico, e non militare. Questo non significa che non ci siano rapporti, ma noi ci atteniamo al livello strettamente politico. Per quanto riguarda le forze militari islamiche, dovete capire che sono state costruite come gruppi militari di resistenza senza alcuna rappresentanza politica. Noi non siamo interessati a reclutare il tale gruppo o il tale leader. Intratteniamo invece un ampio dialogo con tutti loro, con la proposta di formare un comando politico unificato della Resistenza, schierato contro ogni eventuale politica di collaborazione con gli occupanti. Ma forse le cose andranno altrimenti: un coordinamento verrà formato e noi ci uniremo a loro. Il nostro scopo non è di ostentare il nostro ruolo, bensì di creare quest'unificazione politica.

 

Ogni volta che sembriamo a un passo dal traguardo, però, accade qualcosa che ci impedisce di proseguire. Sappiamo anche cosa c'è dietro: è l'influenza e l'ingerenza dei vicini regimi arabi.

 

Per quanto riguarda al-Qaeda, vogliono sempre rimanere separati e non sono inclusi in questo processo.

 

D: Durante tutti questi anni di resistenza, c'è stato il problema del comportamento ambiguo del movimento di Moqtada al-Sadr, che da una parte è diventato il pilastro principale del governo e una delle forze trainanti degli omicidi interconfessionali, mentre dall'altra si scaglia verbalmente contro l'occupazione, contro la costituzione federale imposta dagli Americani e persino contro lo scontro interconfessionale. Poiché è leader della maggioranza della povera gente, come pensate di portare almeno alcune sezioni dei suoi seguaci ad unirsi alla Resistenza?

 

R: Contrariamente alla maggior parte dei nostri amici, sin dall'inizio ho sottolineato che il suo movimento è molto ampio e che molti baathisti, marxisti e nazionalisti vi sono entrati per proteggersi dalle milizie iraniane. Sono forse stimabili intorno alla metà coloro che nel suo movimento provengono da altre aree politiche e non erano seguaci della sua famiglia. Quindi, qualsiasi sbaglio commettesse, pensavo che potessimo contare su questa gente per rettificarlo, o per sanarne almeno alcuni. In secondo luogo, molti dei suoi seguaci sono molto poveri e allo stesso tempo illetterati. Ovviamente questa è un'arma a doppio taglio. Diversamente dagli altri partiti sciiti, la sua base non è costituita da ricchi commercianti, che magari un giorno si pronunciano contro l'occupazione e l'indomani firmano vantaggiosi contratti con gli Stati Uniti. La loro opposizione all'occupazione è sentita realmente.

 

Credo che alla fine sia stato manipolato e ingannato dai suoi alleati in Iran (principalmente l'Ayatollah Kazem Haeri che è il successore di suo zio) e in Libano. Hezbollah gli ha fatto visita tre volte, invitandolo a seguire la linea applicata in Libano, di partecipare cioè alle istituzioni fantoccio messe in piedi dagli americani, candidandosi per il parlamento, guadagnando posti nell'apparato statale e specialmente nell'esercito, e permettendo così la costruzione di un partito forte. Altrimenti, sostenevano, al-Hakim avrebbe avuto il controllo totale, potendo egli contare su tali risorse. E' per questo che si è candidato con la lista del suo arcinemico al-Hakim.

 

Tutti sanno che suo padre fu assassinato su ordini di Hakim, anche se ufficialmente si dà la colpa a Saddam. Inoltre Moqtada inizialmente li attaccò pesantemente, al-Sistani compreso, per aver collaborato con gli Stati Uniti, bollandoli anche come infedeli. Perciò essi cospirarono con il proconsole Bremer per farlo assassinare. La verità è che gli Stati Uniti lo attaccarono davvero pesantemente, ed egli sotto questa pressione indietreggiò, temendo di venire eliminato.

 

E', d'altronde, semplicemente falso che egli si dichiari contrario alla costituzione. E' completamente coinvolto nel processo di normalizzazione e di stabilizzazione delle istituzioni fantoccio. Ha trentadue parlamentari e sei ministri nel governo e questo va a tutto beneficio dell'occupazione.

 

Poi è stato spinto ad attaccare i sunniti nella prospettiva della creazione di uno stato sciita Mahdi. In seguito a ciò, molti dei suoi seguaci l'hanno abbandonato, mentre altre persone si sono unite a lui, causando una trasformazione profonda del suo movimento. Ad oggi poi, l'esercito Mahdi è stato anche infiltrato dagli Iraniani, al punto che metà del suo personale è composto da Guardie Rivoluzionarie.

 

Fino al 2004 Moqtada è stato dalla parte giusta. Ad esempio, è venuto a Falluja. Ma dopo i colpi inflittigli, nel 2005 si è spostato all'altro schieramento. Ora è altamente improbabile che egli rettifichi la sua linea. A volte si pronuncia contro gli omicidi a sfondo religioso, anche se ammette che la sua gente vi è coinvolta, e ha persino allontanato tre dei suoi leader. Tuttavia, continuano. Ha anche perso in parte il controllo delle milizie. Se date armi e denaro a gente povera e ignorante, rendendoli forti, spesso questi pensano di poter prendere le redini nelle loro mani. Diventano capi mafiosi e lavorano per i propri interessi.

 

Tutto ciò è stato reso possibile anche dal fatto che è giovane, immaturo e manca d'esperienza, così che può essere facilmente influenzato dai suoi consiglieri e dal suo ambiente, incluso l'Iran.

 

D: Ci sono sempre più segnalazioni che tribù sciite si stanno battendo contro le forze governative. Puoi spiegarci questo fenomeno?

 

R: Con l'occupazione, le milizie iraniane nel Sud e nell'Est uccisero ufficiali dell'ex esercito iracheno, accusando tutti i propri nemici di essere baathisti. In questo modo furono uccise molte persone.

 

Anche se appartenevano tutti a qualche tribù, queste avevano paura di difenderli. Ma con il disfacimento delle strutture statali le tribù stanno diventando sempre più importanti e potenti. Ora non possono più accettare che altri dei loro uomini siano uccisi da stranieri, che siano iraniani o iracheni estranei alla tribù. Ora, quando vengono ad arrestare o uccidere qualcuno, le tribù organizzano una resistenza crescente. Ci sono molti esempi, che testimoniano di un ambiente nuovo, di un sentimento diretto contro le milizie filoiraniane e le forze governative. Recentemente c'è stata una battaglia di due giorni presso Shuk ash-Shuyuk, nel Sud, dove hanno tentato di catturare un ex ufficiale. In centinaia hanno preso le armi per difenderlo. E' caduto, ma non senza cambiare l'atmosfera. Apparteneva a una tribù molto combattiva, conosciuta per il suo coraggio. In seguito a ciò si è formato una sorta di patto di mutua assistenza con altre tribù contro le milizie filoiraniane, compreso l'esercito Mahdi, l'esercito iracheno e la polizia, il che indica una tendenza che, tuttavia, rimane locale e non ha ancora raggiunto il livello politico generale.

 

C'è un altro fattore culturale importante. Le milizie hanno portato abitudini aliene che non possono essere accettate dalle tribù. Sotto la copertura del matrimonio Mut’a, importano la prostituzione; e diffondono l'uso di hashish.

 

D: Cosa ci dici del sostegno dall'estero alla vostra causa?

 

R: Veniamo usati dai politici arabi per autoperpetuarsi, senza che ci offrano alcun sostegno reale. Parlano della Resistenza irachena e dei crimini degli Americani in alberghi a cinque stelle e sui canali satellitari, e questo è tutto. Invece potrebbero fare molto, per esempio raccogliere denaro oppure scendere in piazza contro i loro governi per far chiudere le ambasciate irachene. Ma capiscono che ciò significherebbe passare la linea rossa del 'sostegno al terrorismo', come dicono gli statunitensi. Il passato ci insegna l'importanza del sostegno materiale alla Rivoluzione algerina o alla lotta palestinese. Enormi somme furono raccolte, e la gente comune è tuttora pronta ad offrire denaro. Ma nessuno osa raccogliere questi soldi per la Resistenza irachena. Questi leader in realtà stanno ingannando i loro seguaci, poiché suggeriscono che starebbero offrendo aiuto in segreto. Ma vi assicuro che non abbiamo ricevuto nessun aiuto serio dall'estero.

 

Parigi, luglio 2007

Intervista di Willi Langthaler