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Ri-osserviamo Napoli

di Alessandro - 11/10/2007

 E' passato oltre un anno, da quando ne parlai la prima volta (anche qui su Pressante). Un anno dopo, cosa è cambiato?
Apparentemente nulla. Se si scava "dietro le quinte", invece qualcosa è cambiato.
Il 27 settembre, un giovane di 30 anni è stato freddato con tre colpi di pistola in Via Calamandrei a Calvizzano poco dopo le 19. Era l'ottava esecuzione di settembre, il 79° omicidio dall'inizio dell'anno.
E se qualcuno crede che "si ammazzano tra di loro", si sbaglia di grosso.
A dimostrarlo, ancora una volta, è un caso pratico. Lunedì 24 settembre, a Mugnano, un commando armato ha ucciso, con cinque colpi al torace, Mario Iavarone, di 61 anni. Nell'agguato è stato colpito alle spalle e alla schiena un tale Vincenzo Iacolare, 35 anni, un conoscente, abitante a Marano, che si era accostato alla vittima qualche minuto prima, per farci due chiacchiere, ed anche Stefano Palermo, 34 anni, napoletano.
Quindi, è bene ricordare ancora una volta che quando si spara... si colpisce anche chi non c'entra nulla, e fa l'errore di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
In pratica, per far fuori un uomo, ne hanno colpiti tre. Oltre questo, c'è sempre un certo numero di omicidi per sbaglio di persona.
 
Andiamo avanti nei giorni.
28 settembre. Villaricca. Viene trovato un uomo carbonizzato in auto. Passano pochi minuti, ed un altro viene ritrovato per terra, morto, con un proiettile in testa e un altro in petto, probabilmente gettato sull'asfalto da un'auto in corsa. Due omicidi nel giro di poche ore. Il primo dei due omicidi è il più misterioso.
L'auto è ancora in fiamme quando, allertati da una telefonata anonima, arrivano i vigili del fuoco, alle 12.45, in un luogo che su questo blog conosciamo bene: a via Bologna, stradina di periferia in aperta campagna, la via dove inizia la storia raccontata in "Le vie infinite dei rifiuti", la via dove Mario Tamburrino si fece male. C'è una Y10 avvolta dal fuoco, tanto che i pompieri solo dopo più di un'ora riescono ad avvicinarsi alla vettura e notano che dentro c'è un corpo. Viene avvisata la polizia, che non riesce a risalire all'identità dell'uomo: è completamente carbonizzato e gli mancano quasi del tutto le gambe. Sarà necessaria l'autopsia per capire se lo sconosciuto abbia trovato la morte tra le fiamme della Y10 o se sia stato ucciso prima. La scena del delitto fa propendere per quest'ultima ipotesi. L'auto è stata trovata con il cofano contro un muro, come se si fosse schiantata. A una ventina di metri schegge di vetro, probabilmente di qualche finestrino. Segni, forse, di un agguato. I killer avrebbero sparato e poi dato fuoco alla macchina. Non c'è nessuna testimonianza.
 
Così, in pochi giorni l'area a nord di Napoli è diventata teatro di una guerra che lascia sul campo una scia di morti ammazzati. Una scia di sangue che da Secondigliano e Arzano, è arrivata fino a Mugnano per toccare Villaricca e Calvizzano, e poi addentrarsi in piena città, nella zona di Soccavo, nell'area Flegrea.
 
Passano i giorni, anzi... passano 4 giorni. Quattro giorni con ben 5 omicidi. Arriva il mese di ottobre, ed i morti dall'inizio dell'anno salgono rapidamente a 89. Già, ce ne sta qualcuno in più perchè nel frattempo c'è anche un'altra guerra in corso nella zona sud della provincia.
Cerchiamo di capire cosa sta succedendo, facendo i nomi e i cognomi.
Sotto i riflettori dei media, c'è sempre e solo (oh, chissà perchè...) la faida di Scampia, ma la guerra tra i clan non è più circoscritta alla sola faida tra i Di Lauro e gli scissionisti. Questa è roba del 2004 e per tutta una serie di motivi (anche ben noti) viene presentata come attualità. Tre anni dopo.
L'anno scorso, qui abbiamo provato a parlare di un'altra guerra sanguinosa, la guerra di Ponticelli, che ha visto contrapposti i clan Sarno (di Ponticelli) e Panico (di Sant'Anastasia). Ma ce ne sono altre. Scoppiate dopo.
A sud della provincia, nella zona costiera vesuviana, c'è lo scontro tra i clan Ascione e Birra, mentre nell'area occidentale di Napoli si combattono i clan Grimaldi e Puccinelli. Queste sono le prime indicazioni su quella che si profila come una nuova guerra di camorra che, su più fronti, sta insanguinando Napoli e la sua provincia. E non è, come qualche mezzo di informazione tenta di farci credere, una guerra a bassa intensità: anche se non ci sono bombardamenti aerei nè missili, non si può considerare a bassa intensità uno scontro armato di tipo militare che avviene nelle strade, tra i negozi, nei mercati. Come a Kabul, come a Baghdad.
 
Partiamo dal fronte sud, dalla zona costiera. Gli Ascione, il cui nucleo è composto dalle famiglie Ascione, Marzigno e Vitagliano, hanno sempre dominato nella zona di Ercolano. Dall'inizio degli anni novanta, gestiscono lo spaccio di droga ad Ercolano e lo fanno dividendo il territorio in piccoli quartieri ognuno dei quali cade sotto la sfera di influenza di una precisa famiglia. Hanno un bunker in Corso Resina a Ercolano.
Il clan Birra (capeggiato da Giovanni 'a mazza e da Costantino "Capaianca" e spalleggiato dalle famiglie Savino e Battaglia di Ercolano) da anni si contrappone a quello degli Ascione per il controllo delle attività illecite presenti sul territorio ercolanese. Un'organizzazione che fino a poco tempo fa era dedita soprattutto al traffico di droga lungo la rotta Grosseto-Ercolano. Rotta abbandonata. Il clan sta cercando di "riconvertire" la propria... ehm... mission aziendale e passare dal traffico al commercio al dettaglio. Ma ci sono gli Ascione di mezzo. E si spara. Si spara per controllare la piazza (e i pusher)
 
Entriamo in città, andiamo nell'area flegrea, dove i clan controllano non solo i quartieri occidentali, ma anche tante fette di provincia fino al giuglianese.
Il clan predominante è quello dei Grimaldi, che si occupano di tutto: droga, racket, cimiteri, ecc. La loro tana è nella zona di Soccavo, al rione Traiano. Cercano di espandersi a nord, oltre i camaldoli, ma anche verso Agnano-Bagnoli e verso Pozzuoli.
Poi ci sono i vecchi predominanti, quelli decaduti nel tempo: i Puccinelli.
Il clan Puccinelli del rione Traiano era capeggiato negli anni 80 da Salvatore Puccinelli, ex gregario di Umberto Ammaturo e poi in seguito dai fratelli Carmine e Ciro, agli inizi degli anni '80, è confluito in un'unica organizzazione che faceva capo a Mario Perrella. Sì, proprio lui, il fratello di Nunzio Perrella, quello de la monnezza è oro. Nel tempo, il clan si è impoverito, ha preso il predominio, si è scisso dai Perrella, o meglio: i Perrella sono finiti quasi tutti dietro le sbarre ed hanno finito con il diventare collaboratori di giustizia. I Grimaldi li hanno scavalcati nel controllo del territorio. E quindi dei pusher.
Oggi i fratelli Puccinelli, non più influenti come una volta, rappresentano comunque il potere camorristico nel Rione Traiano, dove gli è rimasta quella che si chiama "una nicchia di mercato", che è l'import-export di stupefacenti. Il resto è tutto dei Grimaldi. Il tentativo di riguadagnare spazio da parte dei Puccinelli, ha generato la guerra in corso.
 
Intanto a via Bologna ce n'è voluta, per identificare il cadavere carbonizzato nella Y10, ma alla fine è risultato essere Giuseppe Carputo, di 39 anni, pluripregiudicato di Marano, legato proprio ai Grimaldi. L'omicidio di Carputo potrebbe rappresentare la risposta del clan Puccinelli all'omicidio di Mario Iavarone, avvenuto pochi giorni fa a Mugnano. Già, Iavarone lavorava con i Puccinelli.
Questi due scontri portano a fare alcune considerazioni, ed alcune analisi.
 
Non ci piace come a livello istituzionale si parla della guerra in corso, perchè si sbaglia mira completamente.
All'inizio di questo mese, una delegazione della Commissione Antimafia è tornata a Napoli, proprio per analizzare la situazione. Le analisi sono sempre le stesse. Quelle già sentite e risentite negli ultimi dieci anni.
Invece dal punto di vista analitico sarebbe tempo di fare alcune considerazioni importanti, che disegnano come il panorama sta cambiando.
Senza tornare indietro nella storia, fino agli anni '60, ci basti ricordare che proprio in quel periodo le mafie italiane fecero di tutto per entrare nel giro dei grandi traffici transfrontalieri di stupefacenti, sconfiggendo (proprio in senso militare) le organizzazioni francesi. Allo stesso modo, negli anni '70 la stessa mafia siciliana aveva fatto di tutto (anche investendo grossi capitali) per ottenere il controllo dei traffici internazionali con gli Stati Uniti.
Bene. E' questo che oggi è cambiato.
Tutti gli scontri attuali, sia quello Ascione-Birra che quello Grimaldi-Puccinelli, nascono da un'inversione di tendenza: chi prima trafficava, ora cerca di cambiare specializzazione, e passare alla vendita al dettaglio.
 
Prima considerazione: una volta i grandi traffici internazionali rendevano di più. Oggi, soprattutto a causa della politica dei "prezzi stracciati" inventata dai Di Lauro di Secondigliano, fare traffico non rende più come prima.
Seconda considerazione: paradossalmente, rende di più la vendita al dettaglio. Meglio controllare i pusher nelle piazze, piuttosto che distribuire i grossi carichi.
Distribuire i grossi carichi fa guadagnare milioni di euro a botta. Se i Birra e i Puccinelli vogliono passare a fare i dettaglianti, è perchè evidentemente rende ancora di più.
Aumento del numero di clienti? (In barba alla Bossi-Fini) Miglioramento della differenza ricavo-spesa?
Ecco. A mio parere, sono queste le cose sulle quali dovremmo riflettere. Cominciare a riflettere. Almeno su quanto i comportamenti della società aiutino quelli criminali, creando domanda alla quale "loro" sanno rispondere con un'adeguata offerta.
Nel frattempo, si spara per strada, senza fare attenzione ai passanti.
Ultima considerazione: gli altri settori, come estorsioni, lotto e scommesse clandestine, usura, traffico d'armi, ecc. non registrano nè scontri nè guerre, segno che la spartizione del territorio è arrivata ad un equilibrio (per ora) stabile.
Torneremo sull'argomento, perchè ci sono altre cose da dire assolutamente.