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Energia rinnovabile: la Germania fa sul serio, e noi?

di Paolo De Gregorio - 28/11/2007



…”Sono dati al cospetto dei quali non c’è rimedio eolico o solare che possa rimediare (checché ne dica il ministro Pecoraio Scanio)”…
Giovanni Sartori
(Crisi energetica, editoriale Corriere della Sera 17 novembre scorso)

L’illustre politologo, considerato addirittura di sinistra, non sa fare altro che seminare scetticismo e rassegnazione e irride a chi cerca di invertire la corsa verso il riscaldamento del pianeta.
La politica governativa italiana, quella che non decide e si limita a galleggiare sull’esistente, riceve uno schiaffo morale dalla Germania della Merkel che ha deciso di fare della lotta contro il riscaldamento globale la priorità più alta del proprio programma,stilando un programma articolato che prevede i seguenti punti:
- entro il 2020 le emissioni tedesche di anidride carbonica devono essere ridotte del 40% e le energie rinnovabili entro quella data devono coprire il 20% di tutte le fonti
- viene stanziato un miliardo di euro per la ricerca nel campo delle energie rinnovabili
- si interverrà con regolamenti edilizi nuovi che impongono costruzioni con materiali che le rendano a basso consumo di energia, nelle quali i pannelli fotovoltaici diventano parte integrante dell’architettura
- si offrirà ai condomini che producono energia solare in eccesso la possibilità di venderla a prezzi vantaggiosi ai gestori elettrici
- sono previsti incentivi statali per la costruzione di automobili a bassa emissione di inquinanti o elettriche o a idrogeno.
A questo piano organico, presto operativo, si aggiunge il fatto che il governo tedesco considera le energie rinnovabili un settore di affari con potenzialità di mercato mondiale, in cui il gruppo Thyssen ha già una società che è la numero uno al mondo in tecnologia per l’energia eolica, e la Bosch spende il 40% dei suoi fondi destinati alla ricerca per sviluppare prodotti per tecnologie che non usano combustibili fossili. La Solar di Berlino la settimana scorsa ha avuto un contratto per costruire 6 impianti di produzione di energia solare in Puglia (praticamente i tedeschi vendono sole ai pugliesi, che è come dire vendere ghiaccio agli esquimesi).
La riflessione che propongo è questa: la trasformazione del modo di produrre, da inquinante e distruttivo per la terra e la nostra salute, a processo sostenibile e salubre passa attraverso decisioni politiche e non per il “libero mercato” che continuerebbe allegramente nelle sue devastazioni.
Ciò richiede che la politica sia autorevole e le priorità ambientali non siano messe in coda, ma al primo posto programmatico.
Malgrado la Germania produca un cospicuo 27% del suo fabbisogno energetico dal nucleare, non è in programma nessun ampliamento del settore, avendo i pragmatici tedeschi capito che, se ai costi del kilovattore nucleare si aggiungono lo smantellamento delle centrali obsolete e la messa in sicurezza delle scorie, oltre i pericoli in agguato, l’energia del nucleare risulta la più pericolosa e costosa al mondo.
La immediata diffusione sul territorio di tecnologie rinnovabili, dai piccoli rotori eolici da balcone, ai tetti condominiali con pannelli fotovoltaici, se appoggiata da una politica governativa coerente e illuminata, nell’arco di pochissimi anni, porterebbe un paese come l’Italia, che per gli usi domestici consuma il 20% di tutta la energia prodotta (il 30% è per i trasporti, il 50% è assorbito dal sistema industriale), a rientrare nei parametri di Kyoto.
Se a questo aggiungessimo un piano per la costruzione di centrali a specchi (il solare termodinamico di Rubbia), che la Spagna sta già costruendo in venti esemplari, molte produzioni industriali che vanno a gasolio si potrebbero riconvertire a energia elettrica e la pace con l’ambiente sarebbe quasi fatta.
Tutta la responsabilità è della politica. Le forze economiche conoscono solo la legge del profitto e solo una buona politica può guidare e regolare uno sviluppo industriale sostenibile.