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Afghanistan: la cieca ubbidienza miete altre vittime

di Tatiana Genovese - 28/11/2007

 

Afghanistan: la cieca ubbidienza miete altre vittime


Mentre la guerra d’occupazione in Afghanistan, celata sotto le mentite spoglie di missione di pace, continua a mietere vittime anche tra i militari italiani, il presidente del Consiglio Romano Prodi, tra un messaggio di cordoglio ai parenti del maresciallo Daniele Paladini morto in seguito all’attentato di sabato scorso e uno di solidarietà agli altri tre soldati feriti, annuncia che la missione italiana a Kabul non si mette in discussione, e che quindi le truppe restano, ma va ripensata la strategia politica. Ancora in visita negli Emirati Arabi, il capo del governo italiano ieri non ha utilizzato tuttavia un tono perentorio per evitare possibili e ulteriori fratture con la sinistra radicale che in seguito all’accaduto di questo fine settimana ha chiesto il ritiro delle truppe italiane dalla guerra. Il presidente del Cdm ha ribadito dunque che per ora di ritiro non se ne parla, spiegando che la strategia italiana non può cambiare a causa di “un tragico incidente”, ma già il fatto che il Professore abbia precisato che la questione potrebbe essere ripensata in un’ottica internazionale e “impostare la futura presenza in Afghanistan con un forte contenuto politico”, fa ben sperare i fintopacifisti più intransigenti, che da sempre contrari pubblicamente alle guerre, poi in sede di rifinanziamento hanno dato il loro beneplacet al proseguimento dell’appoggio italiano alle volontà guerrafondaie di Washington .
E dopo l’annuncio di Prodi gran parte del centrosinistra ha mostrato un atteggiamento vicino a quello del leader, ovvero insistere maggiormente sulla strategia da rivedere piuttosto che sul ritiro immediato.
Anche il capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli è parso d’accordo, chiosando che “è necessario avviare una seria riflessione sulla strategia che fino ad oggi si è rivelata poco efficace”. Dello stesso parere il presidente dei deputati del Prc Gennari Migliore che ha chiesto “un passo verso la soluzione politica” e la volontà da parte del nostro Paese di farsi promotore della conferenza di pace sull’Afghanistan. Duro, invece, è ancora il tono dell’ex Prc Marco Ferrando che invita a “sfiduciare” l’’esecutivo in caso di rifinanziamento della missione, e d’accordo con i Comunisti Italiani di Diliberto chiede il ritiro delle nostre truppe; a lui replicano stizziti Udeur e Idv che invitano la sinistra a non insistere più sulla questione ritiro, perché come avverte il capogruppo dipietrista alla Camera Massimo Donadi, “si mina la credibilità dell’Italia”. Ed anche il vicepresidente dei deputati di Italia dei Valori, Fabio Evangelisti, dicendosi d’accordo con le parole del fondatore dell’Ulivo ribadisce la necessità di sottoporre all’attenzione del Parlamento e del governo “una questione strategica non in termini militari o tattici, ma in termini principalmente politici”.
Per tale motivo dunque, se la questione resta politica, e tale anche la sua soluzione, l’Italia dei Valori chiede che venga a riferire in Aula “il Ministro degli Esteri, piuttosto che quello della Difesa, in merito alle condizioni complessive della nostra presenza e su quelle che hanno portato alla morte del maresciallo Paladini”. Ma, soprattutto l’Idv pretende che D’Alema “illustri quali siano gli scenari e le prospettive di risoluzione che oggi, in seguito a questa tragica vicenda, il nostro Paese è chiamato a considerare e ad affrontare per l’incolumità dei nostri uomini e per il rispetto degli impegni internazio-nali”. E sulla questione è tornato anche il presidente della Camera, Fausto Bertinotti che, chiedendo un minuto di silenzio a Montecitorio nel giorno in cui la salma di Paladini giungeva in Italia e veniva trasportata nella città di residenza del soldato, Novi Ligure, ha espresso “sgomento per questo nuovo, drammatico evento”, ribadendo che si è trattato di “una tragedia che ha colpito un nostro concittadino, impegnato in una missione decisa dal governo e dal Parlamento della Repubblica”.
In questo tempo, in cui secondo l’ex segretario del Prc, “ le ragioni dell’uomo sono così duramente esposte alle offese del terrorismo, della guerra e della violenza”, Bertinotti dice di avvertire il bisogno “di costruire, per la comunità umana, le condizioni di una pace stabile e duratura”. Dalle “sensazioni” dell’ex sindacalista alla pura retorica del Guardasigilli Clemente Mastella che persevera ancora nel finto slogan che bisogna restare in Afghanistan “perché è una mia missione di pace”, ma ritiene necessario determinare le condizioni perché “non accadano più ulteriori attentati, dove non si ammazzano soltanto cittadini stranieri ma anche numerosi civili afgani, tra cui molti bambini”.
Purtroppo in questi giorni si è dovuto assistere alla sfilata dell’oratoria ampollosa ridonadante e demagogica dei vertici istituzionali che nei banali discorsi di cordoglio non hanno fatto altro che ribadire che l’Italia continuerà a servire con cieca ubbidienza i diktat belligeranti degli Usa, poco importa poi che in Afghanistan c’è una vera e propria guerra in atto per cui ieri altri 4 civili sono morti in un attentato, ciò che conta per il governo del BelPease è non tradire i patti con gli alleati e quindi continuare a inviare “carne fresca”- come definì il ministro della Difesa Parisi i soldati italiani - a morire, in nome della causa a stelle e strisce.