Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / E Churchill disse: «Gandhi? Muoia di fame»

E Churchill disse: «Gandhi? Muoia di fame»

di Luigi Ippolito - 02/01/2006

Fonte: corriere.it

 
 

Resi pubblici i resoconti del Gabinetto di Guerra britannico. «Hitler merita una punizione da gangster: una sedia elettrica fatta arrivare dall’America»

Gli appunti segreti di 60 anni fa: «Se De Gaulle sgarra, arrestiamolo»

Gandhi? Che muoia di fame, se ci tiene a digiunare. Hitler? Alla sedia elettrica e senza processo. De Gaulle? Agli arresti, se solo sgarra. Le opinabili opinioni sono rimaste un segreto per sessant’anni. Ma con l’apertura degli archivi nazionali a Londra sono diventate non solo di dominio pubblico, ma attribuibili a nome e cognome: Winston Churchill, allora primo ministro di Gran Bretagna.


Le minute delle discussioni tenute nel Gabinetto di Guerra mostrano che il premier dalla faccia di bulldog e il sigaro perenne pensava che il leader indiano, internato durante il conflitto, dovesse essere trattato come ogni altro prigioniero se avesse smesso di mangiare: quindi, se cominciava uno dei suoi scioperi della fame, era meglio lasciarlo crepare.
I documenti mostrano tutto il dilemma britannico nel dover affrontare l’opposizione pacifica di Gandhi. I ministri temevano che farne un martire avrebbe provocato un’insurrezione di massa, ma allo stesso tempo non intendevano concedergli la libertà di far campagna contro la guerra e il dominio britannico nel momento in cui l’India si trovava sotto la minaccia di un’invasione giapponese.

Gandhi venne rinchiuso nel palazzo dell’Aga Khan nell’agosto del 1942 dopo aver condannato l’entrata in guerra dell’India contro la Germania nazista e aver fatto appello alla disobbedienza civile.
Le autorità britanniche inizialmente considerarono una linea dura di fronte alla prospettiva di uno sciopero della fame. Il vicerè dell’India, Lord Linlithgow, spedì un telegramma al governo di questo tenore: «Fortemente favorevole a lasciarlo morire di fame».
Ma alla fine i ministri decisero nel gennaio del 1943 che, sebbene non potevano piegarsi pubblicamente a uno sciopero della fame, avrebbero liberato Gandhi se fosse stato sul punto di morire. Churchill tuttavia rimase infuriato: «Io lo terrei dentro e lo lascerei fare come vuole. Ma, se volete liberarlo perchè sciopera, allora liberatelo subito». Gandhi venne rilasciato nel 1944 perchè la autorità britanniche temevano che morisse in loro custodia, sebbene non avesse lanciato uno sciopero della fame.

Quanto a Hitler, era opinione di Churchill che dovesse fare la fine di un gangster: messo direttamente a morte, se catturato, ma non tramite impiccagione, bensì sedia elettrica. Facendo una netta distinzione tra il Führer nazista e il Kaiser tedesco della Prima guerra mondiale, Churchill aggiunse: «Quest’uomo è un prodotto del male».
Gli appunti di una discussione del Gabinetto di Guerra del dicembre 1942 non mancano di humour nero riguardo alla sorte di Hitler: «Strumento - sedia elettrica, per gangster - senza dubbio ottenibile per Lease Lend», il programma con cui Londra si era indebitata per ottenere armamenti dall’America.

La questione del trattamento da riservare ai criminali di guerra nazisti è un tema costante nei documenti che coprono il periodo tra il 1942 e il 1945. Churchill era dell’opinione che un processo per Hitler sarebbe stata «una farsa» e commentava: «Ogni sorta di complicazioni viene fuori non appena si ammette un processo equo». Ma presto apparve chiaro che gli americani era assolutamente a favore di una soluzione «giudiziaria» del problema dei crimini di guerra.

Le minute delle discussioni mostrano come i collaboratori di Churchill dovessero spesso darsi da fare per moderare le sue vedute più estreme. Nel giugno del 1942 il primo ministro inglese propose di radere al suolo tre villaggi tedeschi per ogni villaggio ceco distrutto dai nazisti. Il futuro primo ministro laburista Clement Attlee e il ministro degli Interni Herbert Morrison piegarono a più miti consigli Churchill, che grugnì: «Mi sottometto malvolentieri».

I documenti declassificati provano anche la profonda sfiducia nutrita da Churchill nei confronti di De Gaulle. Il premier britannico condannava «l’insensata ambizione» del generale francese e lo descriveva come un ostacolo alle relazioni fra i due Paesi. Addirittura, minacciò di arrestarlo se avesse tentato di lasciare la Gran Bretagna per visitare le truppe francesi che combattevano a fianco degli Alleati. De Gaulle si era rifugiato a Londra dopo l’occupazione nazista della Francia nel 1940, ma era rimasto immensamente popolare nelle file della resistenza. Nel marzo del 1943 il generale chiese il permesso di visitare le truppe libere francesi. «Arrestatelo se prova a partire - fu la risposta di Churchill -. Misure di sicurezza devono essere prese per prevenirlo». De Gaulle non la prese bene: chiese se dovesse per caso considerarsi un prigioniero di guerra degli inglesi.