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Armi razziali degli USA contro i giapponesi

di David Price - 12/01/2006

Fonte: Comedonchisciotte

    
Come gli antropologi americani studiarono armi “race-specific” da usare contro i giapponesi

Durante la Seconda guerra mondiale, oltre due dozzine di antropologi lavorarono all’Ufficio dei Servizi Strategici (OSS), il predecessore istituzionale della CIA, occupandosi di vari progetti, dalle operazioni sotto copertura allo studio delle tecniche di propaganda. Per la prima volta, posso ora rendere pubblico un documento dell’OSS risalente al 1943 che dimostra come gli antropologi dell’epoca stavano proponendo l’uso di mezzi “culture and race specific” per uccidere soldati e civili giapponesi, ovvero di armi e più genericamente tecniche (si pensi appunto alla propaganda), specificatamente progettati in base alle peculiarità della cultura e della razza che devono colpire. Questa relazione cercava di stabilire se ci fossero delle caratteristiche fisiche che rendessero i giapponesi differenti dagli altri al punto di rendere tali caratteristiche significative nelle dinamiche di conduzione di una guerra. L’identità della persona che scrisse questa relazione rimane strettamente confidenziale ma una lista di studiosi redatta dall’OSS include antropologi come Clyde Kluckhohn, Fred Hulse, Duncan Strong, Ernest Hooton, C. M. Davenport, Wesley Dupertuis, e Morris Steggerda.


 

Ernest Hooton

L’indagine prese in considerazione tutta una serie di caratteristiche fisiche e culturali dei giapponesi, al fine di determinare se potessero essere progettate delle armi per sfruttare una qualsiasi peculiarità specifica della razza. Lo studio esaminò le qualità strutturali ed anatomiche giapponesi, i tratti somatici, la predisposizione alle malattie nonché le possibili debolezze nella costituzione e nella nutrizione dei nipponici. L’OSS ordinò agli antropologi ed ai loro collaboratori di tentare di immaginare fino a che punto ogni differenza percepibile potesse essere usata per lo sviluppo di armi, tuttavia essi furono avvertiti di considerare la questione “in termini a-morali e non-etici” con l’intendimento “di valutare attentamente tutte le implicazioni etico e morali, nel caso in cui una qualsiasi delle proposte degli scienziati fosse stata implementata”. Presagendo le successive scoperte scioccanti di Stanley Milgram con gli esperimenti sull’obbedienza, la maggior parte degli antropologi rinunciarono alla propria moralità acconsentendo alle richieste dell’OSS.

Due antropologi, Ralph Linton e Harry Shapiro, rifiutarono di prendere in considerazione le richieste dell’OSS, ma furono le eccezioni. Un antropologo di Harvard, Ernest A. Hooton, suggerì che l’OSS intraprendesse “uno studio dei prigionieri giapponesi e dei maschi nativi in età di leva nei centri di trasferimento, al fine di fornire informazioni sui punti deboli del fisico giapponese”. Un altro antropologo di Harvard, Carl Seltzer, suggerì a tutti i fisiologi, gli igienisti, gli antropologi, gli psicologi ed i sociologi di esaminare gli “esemplari giapponesi” per trovare le debolezze desiderate.

Il punto di vista di Hooton e Seltzer si allineava perfettamente con l’antropologia razziale in voga ad Harvard in quel periodo. Alcuni mesi prima di questa relazione, l’antropologa Melville Jacobs scrisse a Margaret Mead lamentandosi, a proposito delle sue difficoltà nell’unirsi allo sforzo bellico (probabilmente per il suo passato comunista) perché “il solo pensiero che i membri del gruppo di Hooton di Harvard, con le loro tendenze razziste, debbano prendere parte a una qualsiasi missione dell’esercito o dei servizi segreti governativi, che possano già o che potrebbero nel futuro essere prescelti per svolgere lavori attinenti alle relazioni razziali, mi manda in bestia” (lett: mi dà il prurito NdT).


 


Le informazioni mediche sulle principali differenze fisiche nella “razza” giapponese furono riviste e, le differenze morfologiche dell’orecchio interno, lo spessore delle papille gustative, la muscolatura laringea, la lunghezza dell’intestino nonché il sistema delle arterie furono tutti aspetti riesaminati. Tuttavia nessuna differenza morfologica fu utile al punto di essere isolata ed i consigli presentati non andarono oltre l’ordinaria varietà di stermini indiscriminati, sostenendo l’utilizzo del “ bacillo dell’antrace che attacca le vie respiratorie, il più noto punto debole del corpo dei giapponesi, come il metodo più efficace”.

 Un professore della facoltà di medicina di Harvard fu assunto dall’OSS al fine di “pensare seriamente alla possibilità di introdurre nelle truppe nemiche alcune malattie che avrebbero potuto coglierli di sorpresa, ma nei confronti delle quali le proprie truppe fossero ben protette. La maggior parte dei disturbi causati da parassiti trematodi (vermi) o da protozoi furono messi da parte perché improduttivi; egli pensò di introdurrre il virus della peste lanciando topi o ratti infetti probabilmente con il paracadute, mentre il tifo avrebbe potuto essere introdotto con lo stratagemma di pidocchi su volontari immuni che si sarebbero fatti catturare, invece acari infettati con la febbre delle “Montagne rocciose” (che provoca pustole) avrebbero potuto essere messi in circolazione fra i nostri nemici tuttavia ciò non avrebbe avuto alcun effetto finchè la malattia non fosse stata trasmessa da un uomo ad un altro tramite contagio. Il professore poi intavolò una discussione appassionata sull’antrace, la cui introduzione egli reputava funzionale ed altamente efficace nonostante il virus dell’antrace non fosse contagioso. Inoltre è possibile causare epidemie fortemente virulente col bacillo dell’antrace (Bacillus anthracis) e diffonderle estesamente attraverso le linee nemiche giacchè le spore del “Bacillus” sono virtualmente indistruttibili e possono persino essere sparse con le bombe. Infatti gli effetti dell’antrace sono molto rapidi quando i bacilli penetrano nei tagli o nelle abrasioni impedendo alle ferite di guarire e causando la polmonite”.

La relazione riconobbe che un lato negativo nello spargere l’antrace sulla popolazione giapponese è costituito dal fatto che il virus potrebbe diffondersi facilmente attraverso il bestiame ed in questo modo intere regioni “rimarrebbero pericolose per molti anni”. La minaccia di una diffusione così incontrollabile dell’antrace condusse l’OSS ad una certa cautela nell’utilizzo di tali armi biologiche. (Dovrei aggiungere che queste preoccupazioni non impedirono all’Unità giapponese 731 Manchuckup di aver già sviluppato ed utilizzato l’antrace ed altre armi biologiche contro i cinesi ed i russi al confine fra la Mongolia e la Manciuria e nella Cina centrale).


 


Nell’esaminare le potenzialità di un crollo nella stabilità igienica ed alimentare sul fronte giapponese l’OSS dichiarò che “la maggior parte della popolazione giapponese vive al limite della carenza alimentare”. Viene quindi suggerito che “la suscettibilità degli uomini giapponesi in età di leva specialmente durante i tremendi sforzi richiesti dalle attività belliche, deve essere sfruttata al massimo”. Si può persino innalzare il tasso di mortalità causato dalla malnutrizione attraverso il continuo ed incessante tentativo di affondare ogni peschereccio nemico che sia avvistato”.

Nella parte finale il progetto dell’OSS prevedeva di distruggere tutte le scorte di riso giapponese riservandosi poi di impedire l’accesso al pesce ad alla fauna ittica in generale:
“ugualmente importante sarebbe un attacco pianificato alle scorte di riso dei nostri nemici. Da quando si è scoperto che il riso conservato tende a perdere gran parte della sua vitamina B i giapponesi non possono più approntare grosse riserve cosicchè le nostre energie dovrebbero essere dirette verso l’obiettivo di distruggere le coltivazioni che stanno per maturare. Inoltre sarebbe più fruttuoso che i campi di riso giapponesi fossero attaccati ogni qual volta possibile al fine di costringere il nemico a dipendere sempre più dal riso importato, aggiungendo così altri guai ai suoi già crescenti problemi di navigazione.

Numerose sono le tecniche che si prospettano per interferire nella produzione di riso. Le zone coltivate a riso potrebbero essere sottoposte a bombardamento, in particolare con missili che si propagano lateralmente e che annientino una larga parte di terreno; i sistemi di irrigazione dovrebbero essere sistematicamente distrutti; la concentrazione di acidità perfettamente adattata alla coltivazione del riso dovrebbe essere chimicamente alterata ogni qual volta sia possibile nonché dovrebbe essere presa seriamente in considerazione l’idea di introdurre morbi nelle coltivazioni di cereali”.

La relazione si premurava di consigliare una specie di fungo, lo Sclerotium oryzae, che aveva aggredito le varietà di riso giapponese durante gli anni 20, in quanto “l’utilità (la convenienza) di distruggere sistematicamente le piantagioni di riso nemiche, come pure le sue riserve ittiche, non può assolutamente essere messa in discussione”.

Le conclusioni dello studio non identificarono “nessun significativo cambiamento strutturale o psicologico nelle caratteristiche dei giapponesi paragonati ad altre razze. I tentativi di sfruttare le più piccole differenze che esistono si dimostrerebbero quasi certamente vani”.

I posteri si chiedono quali consigli sarebbero stati “impartiti” se fossero state isolate caratteristiche significative. Nel caso l’OSS avesse avuto accesso al database del Human Genome Project, avrebbero certamente analizzato la possibilità di sfruttare a proprio favore una qualsiasi anomalia genetica della popolazione giapponese.

Quelli americani non furono gli unici antropologi ad essere coinvolti in decisioni del genere durante la guerra. Gli studi universitari di Gretchen Schafft documentano come gli antropologi tedeschi influenzavano le visioni distorte di Hitler sulla razza e sostenevano le atrocità naziste e Nakao Katsumi ed altri studenti giapponesi stanno dimostrando come l’antropologia giapponese sia stata in prima linea nelle brutali campagne militari durante la guerra del Pacifico. Secondo alcuni, i progetti non realizzati di armi “race-specific” da parte degli antropologi dell’OSS sono insignificanti se paragonati alle applicazioni dell’”addestramento antropologico” di Joseph Mengele mentre altri ancora trovano inopportuno prestare eccessiva attenzione a meri progetti non implementati di armi biologiche da usare contro una popolazione civile nemica già sottoposta ai bombardamenti atomici. Ciò nonostante, la volontà da parte degli antropologi di conformarsi ai torbidi desideri dell’OSS portò l’antropologia americana a situarsi appena a fianco della complicità in genocidio.

David Price
insegna antropologia alla St. Martin University, Olympia, Washington. E’ autore di “Threatening Anthropology: McCarthyism and the FBI's Surveillance of Activist Anthropologists”. Il suo prossimo libro è intitolato “Weaponizing Anthropology: American Anthropology and the Second World War”. Può essere contattato all’indirizzo e-mail
dprice@stmartin.edu.
Fonte:
http://www.counterpunch.org/
Link: http://www.counterpunch.org/price11252005.html
25.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FRANCESCO SCURCI