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Quelle strane assunzioni a Palazzo San Giacomo

di Mariano Maugeri - 19/06/2008

 

 

Jervolino e Bassolino. Su queste assonanze un gruppo musicale partenopeo ci ha costruito un rap. Il rap della monnezza. Di assonanze, a Napoli, ce ne sono molte altre. Di metaforici rap della monnezza, insomma, si potrebbe riempire un’enciclopedia. Magari si tratta di vicende meno note, trascurate dai giornali, rimosse da un’opinione pubblica giustamente distratta dall’eterna emergenza dei rifiuti. Ficcare il naso nel palazzo del potere napoletano, Palazzo San Giacomo, si rivela però tutt’altro che una perdita di tempo.

 

I 60 consiglieri comunali lavorano intensamente. Commissione tutti i santi giorni (con relativo obolo di presenza). E poi defatiganti consigli comunali. C’è un magistrato napoletano che sta scavando su curiose coincidenze, come l’assunzione di un numero significativo di neoconsiglieri o consiglieri in pectore a ridosso dell’elezione. Dicono che così faccian (o facevan) tutti. A Taranto come a Forlimpopoli. Finte assunzioni per poi spartirsi (il consigliere e il datore di lavoro compiacente) il rimborso dello stipendio a carico della comunità.

 

Qui raccontano con il solito disincanto che il giudice di turno farà un buco nell’acqua: «Difficile da dimostrare: tranne che l’assunzione fasulla non avvenga qualche giorno dopo l’elezione». Fino alla Finanziaria 2007 i consiglieri beccavano due stipendi. Poi, finalmente, il legislatore ha previsto che gli oneri previdenziali e assistenziali fossero a carico del consigliere.

 

Le multe, altro esempio, le pagano solo il 25% dei napoletani. Non che la Jervolino si dia pena per questo mancato incasso. E dal 2004 che il Comune cerca di esternalizzare la riscossione. Prima gara annullata. Seconda gara: dopo la solita ammuina di ricorsi e controricorsi, nel gennaio 2008 se l’aggiudica la Romeo gestioni in associazione temporanea d’impresa con le Poste italiane (la Romeo è una società privata che a Napoli vince tutte le gare comunali e per conto dell’amministrazione gestisce il patrimonio immobiliare, 2,2 miliardi di valore, e gli affitti, che per la cronaca sono a redditività zero). Risultato: da sei mesi si aspetta che il sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, firmi il contratto che renda operativo l’affidamento. Sembra che non si tratti di una faticaccia: tutte le clausole sono già state previste e approvate nel bando di gara. Ma non c’è verso. Rosetta non firma. E i napoletani continueranno a non pagare le multe.

 

Affissione e pubblicità  Un piccolo capolavoro di favoritismi e complicità in salsa napoletana. Da anni e anni il Comune si avvale di un socio privato al 49%, la Aip. Rapporti burrascosi, tra palazzo San Giacomo e il socio privato, con un litigio infinito sull’entità di un credito che il municipio dovrebbe incassare da Aip. Dopo anni di conflitti a colpi di carte bollate, si giunge a una transazione: Aip accetta di versare 4 milioni al Comune di Napoli per sanare la questione. Nel 2006 la gara per l’affissione la vince la solita Aip, che nel frattempo è diventata socia del Comune di Napoli. La società mista si chiama Elpis. Malgrado il nuovo assetto, i 4 milioni al Comune Aip non li ha ancora versati. Giustamente si provvede al sequestro della quota del privato per indurlo a pagare. Solo che un funzionario comunale, evidentemente molto sensibile alle ragioni economiche del socio privato, prepara una delibera nella quale si prevede lo sblocco delle quote sequestrate. È un provvedimento che contraddice palesemente l’ente pubblico. Ma il Consiglio comunale 1p approva (i bene informati giurano che i consiglieri non l’abbiano neppure letto).

 

Di più: nel perdurare della vertenza, non si è provveduto a stipulare la convenzione tra il Comune e Elpis per l’espletamento del servizio, non esiste cioè il tariffario in base al quale si stabilisca il compenso per singoli servizi prestati. A Palazzo San Giacomo non si scompongono. E al socio privato con il quale sono in conflitto fanno un altro regalino milionario: non c’è la convenzione? E che problema c’è! Pagheremo a pie’ di lista. Tu dici quanto costa e noi liquidiamo il corrispettivo. Non si tratta di bruscolini. Il giro d’affari per l’affissione e la pubblicità comunale vale 3,5 milioni.

 

Ma non è finita. Perché in mancanza di tariffario, i ricorsi dei cittadini sono tutti vinti "a prescindere", come diceva Totò. Elpis paga i ricorsi senza fiatare: dal Comune ottiene cifre così generose che un ricorso in più o in meno non sposta nulla. Chissà cosa aspettano i magistrati a intervenire.

 

Vigili urbani

Dovrebbero essere la coscienza civica dei napoletani: 3.500 tra uomini e donne, ma in strada ce ne sono solo 325 per ogni turno. La polizia municipale è l’unica voce del bilancio che insieme alla viabilità e i trasporti ottiene risorse aggiuntive per un importo di 10 milioni. Ma i vigili in strada continuano a non vedersi. I revisori dei conti nella loro relazione ipercritica di accompagnamento al bilancio hanno messo le mani avanti. E suggeriscono caldamente un «attento monitoraggio». Poi aggiungono che la Polizia municipale è una delle funzioni «dove più spesso si manifestano disfunzioni e difficoltà di gestione e di controllo».

 

Parole inequivocabili

Che fanno il paio con le storie boccaccesche che come fondale hanno i comandi di Polizia municipale. Molte vigilesse neoassunte sarebbero le amanti di consiglieri comunali o alti funzionari di Palazzo San Giacomo. Una soap opera in divisa, un intreccio di amori clandestini. Pure questo, a suo modo, un rap a spese del contribuente. Inevitabile chiedersi quali criteri abbiano ispirato nella selezione le commissioni di concorso. E altrettanto inevitabile chiedersi perché anche lo status di amante comprenda l’esenzione perpetua da incarichi operativi per le strade (e la monnezza) di Napoli.