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Una casa per tutti

di Nicola Piro - 21/06/2008

 

Almeno  così avviene altrove. Ed è un fatto normale. O non  deve essere così anche nel  pianeta Italia? Lo chiederemo sino alla nausea ai “signori” pianificatori e architetti che rispettivamente dovrebbero redigere Piani Particolareggiati e progettare case alla scala di famiglia ma che, lor malgrado non possono per carenza di preparazione, prima, e di senso di responsabilità, poi; lo si pretende senza se e senza ma dai “lorsignori” della politica che di case ne hanno a iosa, generosamente arredate e dotate di tutti i conforti che oggi il progresso tecnico mette loro a disposizione: video-citofono, aria condizionata, vetrate isolanti e non di rado di sicurezza, avvisatori di fumo nelle camerette dei bambini,  cucine di lusso, mobili e accessori “firmati” dai soliti sdolcinati apostoli del design Made in Italy, etc.

   Governo reale e governo virtuale sono latitanti, accomunati in un “noli me tangere” al limite dell’ incoscienza o di quella “docta ignorantia”  sapientemente, sia pure per ben altre ragioni, trattata dal filosofo e teologo Niccolò Cusano (Nikolaus Chrypffs o Krebs) nella omonima opera principale. Soltanto che il cardinale di Bressanone (Brixen), partendo da preliminari gneseologici, cioè dalle  premesse definite dalla conoscenza (gnosis) e dalla logoca (donde la nascita della Teoria della Conoscenza), giunse alla formulazione del principio della “coincidentia oppositorum”, cioè che nella consapevolezza dei suoi limiti la conoscenza umana è valida. Si tratta, insomma, dell’ assunto precipuo della dotta ignoranza, secondo il quale l’ unico modo per avvicinarsi alla Verità è, infine, riconosere l’ impossibilità di raggiungerla.

   Ma mentre per il Cusano Dio è “coincidenza degli opposti”, il massimo assoluto e, dunque, anche il minimo (assoluto), finendo per diventare “ogni cosa” e, essenzialmente,  il “tutto” ed il “contrario di tutto”, per i politici italiani la “politica”  è l’ essenza della loro magra e miserevole esistenza, condannata a porsi in un rapporto di equidistanza tra i cittadini e le “loro” istituzioni; tra l’ individuo che è nulla e lo stato (che ancora non abbiamo) che è tutto (G. Gentile).

   La casa, dunque ! Ed una casa per tutti. Ma come ? E cosa si deve intendere per “casa”: un appartamento o un manufatto edilizio nelle sue forme tipologiche di casa unifamiliare isolata, di casa “doppia”, di casa “a schiera” urbana, di casa “ad atrio”, dotata di un fazzoletto di verde privato e costruita sulla base di sani principi della sostenibilità (economica, formale, ambientale, etc.) ? E, ancora: un appartamento anonimo come uno dei tanti offerti dalla mafie di palazzinari d’ avventura (siano essi i soliti Francesco Gaetano Caltagirone, Scalpellini, Pulcini, Toti, etc. della “cloaca” di Roma, che i loro emeriti colleghi della “fogna” meneghina e di tutte le altre città italiane) negli alveari di sedicenti “centralità urbane” e dei  “tessuti” nati dalle menti malate dei Rutelli, Veltroni,  Morassut, Modigliani, Giuseppe Campos-Venuti, che hanno dato la stura a sporche forme di speculazione fondiaria ed edilizia a danno di ignari cittadini oberati da mutui trentennali in cambio di malsane (malsanità come concetto “cosmico”) topaie pseudo-moderniste (appartamenti), affogate nei miasmi di un insostenibile traffico urbano disordinato o da terzo o quarto Mondo, che gìa dal momento della consegna in poi  richiedono investimenti supplementari in termini di costi di manutenzione?

   Sino a quando le politiche urbane resteranno appannaggio di una politica degenerata e di architetti ed urbanisti prodotti da università senza orizzonti, spogli di un minimo senso di responsabilità, saranno le giovani coppie, le famiglie italiane, gli anziani e le madri-sole a pagare il prezzo di una edilizia dissacrata al limite della criminalità organizzata, istituzionalizzata e , pertanto, legittimata dalla parvenza di una evanescente entità che si vuol somministrare come Stato.

   Il problema è, pertanto, di rigore e di cultura. Il primo non da sostituire con il protagonismo narcisista del premier o di qualche suo ministro come, p.e., il Prof. Renato Brunetta, e con l’ ignoranza oceanica dei vari Rutelli e Veltroni di turno e dei satelliti che hanno ruotato (e continuano a ruotare) attorno a loro  bensì da corroborare con la presenza di efficaci strumenti urbanistici ed edilizi (Legge urbanistica nazionale, Ordinamento sull’ uso dei suoli, Regolamenti edilizi regionali, Ordinamenti comunali, prescrizioni di standards qualitativi, etc.); la seconda da fondare su  didattica, ricerca ed analisi fondate sullo studio e la conoscenza dei caratteri della città europea, in generale, e della tradizione urbana italiana, in particolare.

   Una casa per tutti – e siamo così all’ aspetto “culturale” del problema - significa in primo luogo ripercorrere l’ iter creativo delle esperienze legate alla nascita della polis greca e della città medievale italiana, individuando nella tipologia della casa a schiera il nucleo costitutivo dei nostri tessuti urbani dal quale, poi, sono emersi quei caratteri e quelle precipuità  come la strada, la piazza, il monumento e il quartiere, quest’ ultimo nella sua definizione dettata (o imposta) dall’ esperienza urbanistica della Roma classica  nata dall’ impianto del “castrum”  con i suoi assi (cardo e decumano) definitori dell’ organizzazione spaziale della città.

   Dalla tipologie urbanistiche alle tipologie residenziali; dalla macroscala (il piano) alla microscala (il progetto di architettura); dall’ analisi differenziata di una comunità (piccola, media o grande che sia) ai bisogni essenziali della famiglia media (genitori e figli) e della famiglia “tri-generazionale” (nonni, genitori e figli), quest’ ultima vista nelle sue finalità di recupero “sociale” della famiglia, è nella peculiarità della casa vista come manufatto edilizio autonomo che dobbiamo vedere quella che è la grande aspirazione di una società inquieta: una volumetria con fondamenta e un tetto propri e non l’ altra con un tetto rappresentato dall’ appartamento sovrastante e le fondamenta rappresentate dall’ appartamento sottostante e, lì, come elementi intermedi, dei solai in laterizio e travetti di calcestruzzo armato ripetitivamente banali, lontani anni-luce dai principi elementari di fisica tecnica come la difesa dai rumori di calpestio e di diffusione aerea o il rispetto di semplici canoni energetici come l’ accumulo e la ridistribuzione del calore immagazzinato nella massa e ridistribuito a seconda del variare delle temperature interne.

   Volendo escludere a priori la casa unifamiliare isolata considerata dispersiva in termini di risorse economiche ed energetiche (i muri esterni, se non sufficientemente coibentati, si comportano come vere e proprie alette di raffreddamento del motore di una motocicletta!), non resta che la scelta giudiziosa della casa unifamiliare urbana  “a schiera” con due dei suoi muri incastonati nella serialità dispositiva e, pertanto, con dispersione di calore quasi nulla, e gli altri due muri di facciata costruiti con elementi edilizi ad elevato peso specifico (difesa dai rumori esterni, accumulo energetico, finestrature dotate di vetrate termo-isolanti, etc.). L’ uno, quello preferibilmente rivolto sulla strada - con orientamento solare a nord, nord-est o nord-ovest e, pertanto, dotato di finestre di modeste dimensioni); l’ altro rivolto a sud e, pertanto, dotato di grandi vetrate con bassi parapetti e minime altezze di architravi di finestre, in guisa da consentire la penetrazione in profondità dei raggi solari, l’ accumulo nei pavimenti e, per convezione, nel solaio superiore dell’ energia eliotermica (specialmente se i pavimenti sono dotati di materiale di calpestio ceramico o pietre naturali).

   Una casa urbana a schiera deve rispondere a sani criteri di sostenibilità economica (bilancio familiare) ed ambientale (risparmio dei suoli a vantaggio della densità edilizia urbana con conseguente risparmio in termini di costi di urbanizzazione primaria), riducendo in primo luogo il fabbisogno di superficie a quel più di “existenzminimun” di conforto abitativo in grado di garantire serenità, individualità, identificazione, etc., ai suoi abitanti. Già lotti di terreno della larghezza media di  5, 50 m e della lunghezza di 37,00 m (203,50 mq. !), con la disposizione di un “giardinetto”  antistante di m. 3, 50, del blocco volumetrico di m. 13, 50 e di un “giardinetto” retrostante di m. 20, 00, sono i primi passi in direzione di una sanae responsabile economia “globale”.

   La dotazione di un cantinato con l’ innalzamento della quota di calpestio del piano-terra a + m. 1, 20 dall quota stradale - nel caso di una casa “doppia” - consentirebbe, pel tramite di una rampa, l’ accesso  al garage seminterrato; mentre nel caso precedentemente descritto, aree con quota di parcheggio a – 1,40 m. (sottratte, pertanto, alla vista diretta dei passanti), dotate di alberature e siepi sempreverdi, e pavimentazioni con grigliati di cemento dotati di interstizi seminati a verde permanente) ubicate nelle vicinanze immediate dei lotti edificabili, creerebbero le premesse indispensabili ad una città vivibile ed a scala umana.

   Ci vuole tanto per capire la elementarità di questi presupposti  di una vita urbana sana e socialmente edificante offerte da semplici case a schiera e ad atrio, dotate di piano-terra, 1° e 2° piano,  con tetto a  giardino pensile, superficie utile abitabile di ca. 130 mq., e tale da poter soddisfare le esigenze di una famiglia media “normale” o “tri-generazionale” con costi inferiori del 30 % riferiti rispetto alle topaie “imposte” dalla mafioserie immobiliari e sostenute da una politica disonesta?

   Una provocazione! Chiediamoci, allora, come vivono i lorsignori Berlusconi, Fini, Veltroni, Napoletano, Tremonti, Iervolino, Gelmini, Mastella, Bassolino, Moratti, D’ Alema, Casini, Rutelli, Brunetta, etc.. Chiediamoci una buona volta per sempre (per mandarli poi a casa) cosa hanno lasciato ai romani le politiche urbane dei “signorini” Rutelli, Veltroni e Morassut; quali sono le vergogne offerte nascoste e chi sono stati (sono e continueranno ad essere) i beneficiari delle altre proposte dal nPiano Regolatore di Roma. Uno strumento inutile quanto perverso, questo,  per la semplice ragione che è soltanto con il ricorso ad intelligenti e socialmente qualificati Piani Particolareggiati,  idonei ad individuare tipologie urbanistiche e residenziali umanizzanti, che si possono dare risposte serie e credibili  a cittadini stanchi e nauseati, offesi e mortificati, e pertanto non più disposti a subire una clima di soprusi e di mascalzonate al quale bisogna definitivamente porre fine.

   Il governo-ombra si riunisce nell’ ombra, non esce e non può uscire allo scoperto poiché altro non è che la copia eliografia del governo rele del quale è in definitiva la versione virtuale. E, anche se ombra, un governo che (ri)propone politici cotti e stracotti, fuori della logica della ragione e dei segni del tempo, non riesce a darsi un responsabile per l’ Edilizia, lo Sviluppo e la Pianificazione urbana, è squalificato agli occhi dei cittadini (specialmente romani), disillusi, ingannati, sì, “frodati”, dalla miserabile politica della città e della casa di un Veltroni che ora, all’ ombra dell’ albero senza radici dell’ esecutivo-quater di Berlusconi, scodinzola, si agita per fare soltanto polveroni, piagnucola davanti al presidente Napolitano, alla ricerca perpetua di quella legittimazione che non gli può essere riconosciuta né come leader di un partito senza visioni né come figura carismatica di una Sinistra che non esiste più, men che meno come portatore di speranze in una società stanca e disorientata che per il momento trova soltanto conforto nei rotoloni del calcio internazionale per ripiombare, a festa finita, negli olezzi dell’ immondizia e dei rifiuti di Napoli o chissà  ancora di quali altre città d’ Italia.