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Il papa Catricalà e la teologia del mercato

di Carlo Gambescia - 25/06/2008

Della Relazione annuale al Parlamento di Antonio Catricalà, Presidente dell’Antitrust, va subito sottolineato questo passo:

“I cartelli non sono peccati veniali; sono gravi misfatti contro la società perché corrompono la libera competizione delle forze economiche sul mercato: negli Stati Uniti sono considerati fatti criminosi, puniti con la prigione”.
(http://www.corriere.it/economia/08_giugno_24/catricala_banche_antitrust_345a1a18-41ce-11dd-b0b2-00144f02aabc.shtml)


Per quale ragione? Presto detto. Per il linguaggio di sapore religioso, se non addirittura teologico: Il “reato di leso mercato” come peccato mortale. Siamo di fronte a una concezione sacrale del mercato. Di qui la sanzione, legata alla “colpa” di “corruzione” della “libera competizione delle forze economiche”. Viste dunque queste ultime – altro tratto religioso - come forze del bene.
Ma il meglio deve ancora venire:

“Sarebbe ‘un errore imperdonabile rinunciare a politiche di liberalizzazione e apertura dei mercati’. Per questo, il presidente dell'Antitrust, Antonio Catricalà, esprime ‘l'auspicio di una veloce e definitiva approvazione’ delle misure varate dal Governo in sede parlamentare. Aprire e liberalizzare il mercato diventa fondamentale ‘soprattutto per l'Italia, che non gode di materie prime e di autonome risorse energetiche’, per la quale ‘una politica di chiusura sarebbe disastrosa’. Catricalà, evidenziando come ‘competizione non significhi indifferenza verso i più deboli’, cita il ‘pensiero cristiano’, che conduce al merito e all'impegno personale come passaggi necessari per l'applicazione del principio di sussidiarietà ‘ma anche’ la visione laica della cultura d'occidente ‘per la quale’ il mercato è una forma di garanzia rispetto a ogni integralismo ed estremismo “.
(http://www.corriere.it/economia/08_giugno_24/catricala_banche_antitrust_345a1a18-41ce-11dd-b0b2-00144f02aabc.shtml)


Che dire? Soprattutto tralasciando la “pezza” finale sul pensiero laico, messa lì solo per accontentare "ecumenicamente" tutti… Che siamo davanti all’ennesimo impiego politico della religione. O se si preferisce: Ad Usum Delphini
Nel mare magno del pensiero e della pratica sociale cristiana è possibile rinvenire di tutto: liberali cattolici, socialisti cristiani, comunisti evangelici, corporativisti, eccetera. Perciò ai cattolici liberali, dalla cui parte sembra essere Catricalà, sarà sempre possibile opporre i cattolici comunisti, e così via… La stessa regola vale per l’ economia, dove non esistono leggi assolute, o sistemi economici perfetti: ieri tutti celebravano la pianificazione, oggi tocca al mercato, domani chissà…
Resta però un punto fermo (ovviamente per chi sia credente...). La Chiesa, come mostra qualsiasi raccolta dei suoi documenti sociali, ha sempre evitato di pronunciarsi a favore di questo o quel sistema economico. La Chiesa non ha avuto e non ha alcun sistema economico da privilegiare o imporre. Essa ha cercato, nel più diverse circostanze storiche, di [r]esistere ai prepotenti, testimoniando, oppure di sollecitare l’intervento dei governi, quando era in gioco la dignità morale e materiale dell’uomo. E sovente non ha neppure disdegnato di scendere in campo direttamente come provano i suoi martiri. La Chiesa, se ci si passa l’espressione molto forte, ha sempre e solo “assolutizzato” Dio. Il che può piacere o meno (soprattutto ai non cattolici). E attraverso Lui (Dio), la “persona”: l’essere umano in relazione con gli altri. E mai i sistemi economici, storicamente transeunti.
Pertanto, qui non si nega a nessuno il diritto di cimentarsi nel tentativo di individuare una linea teologica a “difesa” o “contro” il mercato. Me ne disapproviamo il carattere giudiziario e il richiamo a valori come il “peccato”, totalmente fuori luogo. Legati a loro volta a presunte leggi economiche che dividerebbero l’umanità in due: i buoni ( difensori del mercato) di qua, i cattivi ( nemici del mercato) di là. Da una parte gli eroici cattolici liberali difensori della proprietà, del profitto e del mercato. Dall’altra – come lascia intuire Catricalà - i teologi delle liberazione, i socialisti cristiani e gli altri biechi nemici della società aperta. O viceversa…
Si tratta insomma di impostazioni fuorvianti, non confutabili che non favoriscono alcuno studio e confronto, se non nei termini di un vano e deprimente dialogo tra sordi.