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Non furono i musulmani a far conoscere i greci in Occidente. Quel libro vuole lo scontro di civiltà

di Ordine Nuccio - 29/06/2008

Gli arabi non hanno avuto nessun ruolo (o quasi) nella diffusione della cultura greca nell' Occidente medievale. E le stesse scienze da loro coltivate (matematica, astronomia, ottica, medicina) non hanno avuto il peso che finora si era supposto. Così come non c' è mai stata una rottura tra la tradizione classica ellenistica e il cristianesimo. Dobbiamo solo all' Europa cristiana il recupero del sapere greco e non a un islam «illuminato» che non è mai esistito. Anche senza il mondo islamico gli eventi avrebbero avuto un percorso identico. Tra le due religioni, proprio quella islamica è stata, per sua natura, «impermeabile» alla razionalità dei greci. Le tesi di fondo di Sylvain Gouguenheim - sostenute nel suo lavoro Aristote au Mont Saint-Michel. Les racines grecques de l' Europe chrétienne (Aristotele a Mont Saint-Michel. Le radici greche dell' Europa cristiana, Seuil, pp. 280, 26), apparso recentemente in una autorevole collana - hanno dato fuoco in Francia alle polveri della polemica. Da Le Monde a Le Figaro, da Libération a diversi settimanali i media hanno amplificato lo studio dello storico francese presentandolo come un ribaltamento di luoghi comuni che per lungo tempo avrebbero assegnato un ruolo importante alla cultura araba nella «riappropriazione» europea della tradizione greca. L' idea di due civiltà antagoniste e inconciliabili (quella islamica e quella cristiana) ha finito per trasportare il dibattito dalla realtà storica all' oggi, trasformando rapidamente - e, in alcuni casi, indipendentemente dalla volontà dell' autore - un libro per esperti in uno strumento di guerra ideologica. Basta consultare le centinaia di e-mail scambiate nei siti più diversi per rendersene immediatamente conto o soffermarsi su qualche articolo in cui l' analisi di Benedetto XVI sulle radici cristiane dell' Europa troverebbe conferma nel lavoro di Gouguenheim. E, soprattutto, basterebbe rileggere il documento di protesta redatto da 56 studiosi europei di storia e filosofia medievale, pubblicato il 30 aprile su Libération, dove - oltre a segnalare una serie di gravi errori sul piano scientifico - si denunciano anche le affinità metodologiche tra le tesi dello storico francese e alcuni saggi di esponenti dell' estrema destra islamofoba. Capitolo per capitolo, l' autore attacca i fautori della tesi del «debito» verso il mondo musulmano e insiste sulla «riappropriazione» della cultura greca da parte delle élites politiche ed ecclesiastiche europee. A sostegno delle sue tesi, Gouguenheim cita diversi esempi: l' interesse per il greco, considerato come lingua dei Vangeli, non si è mai indebolito; l' «ellenizzazione» si sviluppa in alcune regioni (Italia meridionale, Inghilterra, Irlanda) producendo una serie di «rinascite», da quella carolingia a quella del XII secolo; spetta ai cristiani siriaci, attraverso le loro traduzioni in arabo, la trasmissione della cultura greca ai musulmani; i grandi commentatori di Aristotele (Avicenna e Averroè) non conoscevano la lingua greca. All' interno di questo percorso intellettuale dominato dalla cristianità, un ruolo di primo piano spetterebbe all' abbazia di Mont Saint-Michel e a Giacomo Veneto, il cui «nome non si incontra affatto nei manuali»: grazie alle sue traduzioni in latino e alle sue glosse, i grandi sapienti del mondo occidentale avrebbero avuto direttamente accesso ad Aristotele. Questa ricostruzione fondata sullo choc di due culture contrapposte non ha convinto tantissimi autorevoli specialisti che hanno dato vita a due documenti collettivi, intitolati «Prendere vecchie lune per nuove stelle, o come rifare oggi la storia dei saperi» (redatto soprattutto da docenti, allievi ed ex allievi dell' Ecole Normale Supérieure di Lione) e «Sì, l' Occidente cristiano ha un debito con il mondo islamico» (stilato da esperti appartenenti ai più diversi orientamenti). Tra i 56 firmatari di quest' ultimo testo pubblicato su Libération figurano anche studiosi italiani come Carlo Ginzburg (Scuola Normale Superiore), Luca Bianchi (Piemonte Orientale) e Pasquale Porro (Bari). Le critiche contestano innanzitutto la pretesa originalità delle «scoperte» di Gouguenheim: già molti studi avevano documentato che i cristiani arabi, come Hunayn Ibn Ishaq, avevano svolto un ruolo decisivo nelle traduzioni dal greco nel IX secolo; Giacomo da Venezia è ben conosciuto grazie ai lavori di Lorenzo Minio Paluello; l' autore rimprovera ad Avicenna e ad Averroè di non conoscere il greco, ma tace sul fatto che anche Abelardo e Tommaso d' Aquino non lo conoscevano; vengono citate reazioni antiscientifiche e antifilosofiche dei musulmani, ma non si parla della chiusura della scuola di Atene nel 529 e le proibizione di Aristotele del 1210 e del 1215 sono menzionate solo per affermare, erroneamente, che non ebbero alcun effetto. Altri errori materiali testimonierebbero una conoscenza di seconda mano degli eventi raccontati. Per i firmatari, Gouguenheim avrebbe costruito una falsa vulgata del ruolo fondamentale del mondo islamico, che nessuno studioso serio sottoscriverebbe. Se è giusto dire che l' Europa non deve tutti i suoi saperi all' islam, è però sbagliato sostenere che l' Europa non deve nulla all' islam. La storia medievale non è frutto di uno choc di civiltà contrapposte. Soprattutto perché non è possibile individuare due blocchi monolitici: il mondo bizantino e gli arabi cristiani non possono essere accomunati sotto un' etichetta unificante di Europa cristiana, così come (lo stesso Gouguenheim lo riconosce) bisogna distinguere tra arabi, religione e società islamica. Il libro di Gouguenheim, sottolineano gli esperti, non è frutto di un progetto scientifico ma di un pregiudizio ideologico, ispirato al metodo di René Marchand. E anche se Jacques Le Goff ha detto che il libro è «interessante ma discutibile» deplorando la veemenza delle critiche, il fronte degli oppositori si allarga. «Gouguenheim - commenta Luca Bianchi, esperto della diffusione dell' aristotelismo - non apporta nessun contributo scientifico. Il valore della cultura araba fu riconosciuto da molti già nel XII secolo: Platone da Tivoli scriveva che nel sapere "Roma è di gran lunga inferiore non solo all' Egitto e alla Grecia, ma anche all' Arabia". Il "debito" esiste». * L' opera *** Il pensiero dell' autore *** Professore di storia medievale all' Ecole Normale Supérieure di Lione e autore di un importante studio dedicato ai cavalieri teutonici (2007), Gouguenheim si propone in questo lavoro di rispondere a una domanda: gli arabi hanno avuto un ruolo determinante nella formazione dell' identità culturale europea? Gouguenheim attacca i fautori della tesi del «debito» verso i musulmani.