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L’ambientalismodel fare … per fare quel che gli pare.

di Giancarlo Terzano - 02/07/2008

 


Ambientalismodel fare”.L’espressione è di piena attualità. La invoca ilmondo industriale e finanziario, ma soprattutto i politici, nazionalie locali. E’ nel programma elettorale del PD di Veltroni, ma loinvocano anche tutti gli altri concorrenti. Sembra essere la forma diambientalismo più gradita agli amministratori, di destra,centro e sinistra, che la richiamano per convincere sulla bontàdelle loro scelte. Ed anche qualche associazione ecologista intendeaccreditarsi per un ambientalismo del fare, in virtuosacontrapposizione a “chi sa dire solo No”.


L’espressione,in sé, ci troverebbe concordi. Il farelo abbiamo nelnostro DNA, e siamo da sempre consapevoli che l’ecologismo non puòridursi a sterili enunciazioni teoriche. L’ambiente ha bisogno disoluzioni reali, di scelte spesso coraggiose e tutt’altro cheindolori. Il non fare non aiuta, anzi aggrava la situazione(emergenza rifiuti in Campania docet). E di fronte ad un problema,piuttosto che abbracciare pregiudizialmente la via del NO, cichiediamo realisticamente quale sia la soluzione da adottare, il fareda seguire.


Già,ma fare cosa?E’ qui che le strade si dividono. Gli “ambientalisti del fare”sembra non abbiano dubbi in proposito: per la salute dell’ambiente,servono interventi strutturali e grandi opere: termovalorizzatori,rigassificatori, Alta Velocità, autostrade ed aeroporti, nuovecentrali e, perché no? per qualcuno anche il nucleare, ormaiindispensabile per ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera. Tutto –assicurano - in nome dell’ambiente. Contrapponendosi a chi sa diresolo NO, gli “ambientalisti del fare” sanno dire tanti SI.


Mache tali sì facciano tutti bene all’ambiente ètutt’altro che vero. Fanno bene al modello di sviluppo, agliindicatori del PIL, alla società dei consumi, ma nonall’ambiente. Anzi, spesso sono dannosi per l’ambiente, in quantoperpetuano il consumo e lo spreco di materie prime ed energia, leemissioni inquinanti, l’aumento dei rifiuti, la produzione discorie ingestibili.

Sipensi ai “termovalorizzatori” (a proposito, nel programmaelettorale del PD c’è scritto di chiamare le cose con ilproprio nome. Bene, allora ricordiamoci che solo in Italia si èpensato di renderli più presentabili chiamandolitermovalorizzatori, mentre nell’Unione Europea si chiamanoufficialmente inceneritori!).Bruciare i rifiuti, certo, ripulisce le strade (e ciò puòsoddisfare i più miopi), ma inquina l’aria, distrugge tantamateria prima, produce meno energia di quanta ne è servita perprodurre i materiali inceneriti, scoraggia le politiche di riduzionedei rifiuti, in quanto gli inceneritori, una volta costruiti,vogliono essere alimentati, altrimenti diventano antieconomici ….perché un ambientalista dovrebbe volerli?

Elo stesso vale per tante altre grandi opere, che non sono pensate perridurre globalmente il nostro impatto sull’ambiente, ma solo perassecondare le esigenze di un sistema produttivo che crede di poterdivorare in eterno le limitate risorse del pianeta.


Gratta,gratta, esce fuori che l’ambientalismo del fare, il piùdelle volte, è un ambientalismo del permettere. E’ unambientalismo compiacente, che deve comprendere che “l’ambientesì va protetto, ma…”, e, in nome di questo ma,non disturbare ladirezione di marcia. Che resta, indiscussa, quella dello sviluppoeconomico, dellacrescita materiale, dell’inseguimento del PIL. L’ambientalismo –ci dicono apertamente – deve essere in sintonia con lo sviluppo.Con il radicato sottinteso che, laddove la sintonia non siapossibile, è l’ambiente che deve mettersi da parte.

Allafine, si rivela che il suo obiettivo non è la soluzione deiproblemi ambientali, ma, com’è accaduto per la formula dellosvilupposostenibile,un’impossibile quadratura del cerchio, che dovrebbe garantire lacontinuità del modello di sviluppo (che è la causaprimaria della distruzione ambientale) con pratiche piùrispettose dell’ambiente.


Ilpunto è che ogni faredeve avere chiare le finalitàcui intende giungere. E finché la finalità prioritariaresta quella di perpetuare l’attuale modello di sviluppo, fondatosulla crescita economica e l’aumento incessante della produzione dimerci e consumi, l’ambiente non può trarne giovamento,perché quel modello è la causa delle sua distruzione.

Ciòche serve non è rallentare la folle corsa di questa nave versogli scogli, ma invertire decisamente la rotta. Guardare alladecrescita anziché all’assillo dello sviluppo.


E’il fareche va in questa direzione che ci interessa. Piccoli e grandiinterventi che, anziché ingrassare il PIL, si muovono nelsolco della consapevolezza dei limiti della nostra terra:l’efficienza energetica, le rinnovabili vere, i trasporti pubblici,la raccolta differenziata spinta e politiche di zero-rifiuti, ilcompostaggio, la produzione locale, l’autoproduzione, …

Aipolitici che sbandierano il loro “ambientalismo del fare” per fardigerire i loro insostenibili progetti, preferiamo contrapporre lepratiche sostenibili già avviate da molte amministrazioni:Torraca (SA), che risparmia energia e soldi con la sua illuminazionea led,Dobbiaco e gli oltre 170 comuni italiani interamente alimentati console fonti rinnovabili, i vari comuni “ricicloni”, che raccolgonoin misura differenziata oltre il 70% dei loro rifiuti … tuttiesempi concreti di un fareper l’ambienteche sa andare nella direzione giusta … altro chetermovalorizzatori, rigassificatori o TAV in nome dell’ambiente!


L’alternativavera non è tra un ambientalismo del SI ed uno del NO, ma trachi ha compreso davvero la gravità dei problemi ambientali epunta a risolverli risalendo alla loro radice e chi è dispostosolo a correttivi che non intaccano le cause del disastro. Tra chivuol fare perl’ambiente e chivuol continuare a fare per produrre e consumare di più. Trachi, con il suo fare,ci indica come ridurremo il nostro insostenibile impattosull’ambiente, e chi intende solo tranquillizzarci che il nostroPIL crescerà.

Ma,delle due opzioni, solo la prima può definirsi onestamenteambientalismo.