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L'autolesionismo della civiltà dell'automobile

di Nicola Vergalito - 02/07/2008

 

 

Le nostre città sono un mostruoso ammasso di lamiere!

Ilriferimento non è ai rifiuti urbani di natura metallica, che pure affliggono inostri centri abitati, ma alla più mirabolante delle invenzioni del XX secoloche ha cambiato radicalmente la vita delle persone: l’automobile.

Latrazione animale, che aveva come protagonista millenario il cavallo, è stataprogressivamente sostituita a partire dall’inizio del secolo scorso dal motorea scoppio.

E’in America che nasce la fabbrica fordista e l’organizzazione del lavoro per laproduzione e l’assemblaggio su larga scala di oggetti meccanici altamentecomplessi come l’automobile.

Neglianni Venti e Trenta la motorizzazione di massa negli Stati Uniti è un dato difatto e le città americane e la loro viabilità sono concepite in funzione dellamobilità privata anche a discapito dei servizi di trasporto pubblico.Nonostante gli enormi problemi che questo comporta, sostanzialmente,l’atteggiamento mentale e la politica degli americani riguardo all’auto eall’assoluto predominio di quest’ultima nella mobilità urbana ed interurbana, adistanza di settanta o ottant’anni, è rimasto invariato.

InEuropa è la Germaniadegli anni Trenta a creare per prima una estesa rete autostradale, per ragioniinnanzitutto belliche, che farà poi da modello per tutti i programmi di lavoripubblici del dopoguerra, Italia compresa.

Lamotorizzazione di massa europea avviene a partire dagli anni Cinquanta: neipaesi economicamente più avanzati prima, in quelli meno evoluti dopo.

InItalia è con il cosiddetto “miracolo economico” dei primi anni Sessanta chel’automobile da mezzo di élite divieneun veicolo popolare che sostituisce definitivamente le lambrette del decenniopassato. E’ a partire da allora che le nostre città, periferia e centro,vengono sommerse da una marea di lamiere montate su ruote, in movimento eimmobili.

 

L’automobile,non il motore a scoppio, vogliamo intendere proprio l’auto come mezzo ditrasporto privato (forse si può dire individuale), è stata veramente una grandeinvenzione? Rende migliore la vita della gente? Continuerà a farlo anche infuturo?

Sipuò cominciare a riflettere sul fatto che oggi l’automobile non rappresenta unascelta, un’opportunità per essere liberi di andare dove si vuole, come pure eraagli albori della motorizzazione, ma una necessità indotta. Non avere unamacchina, infatti, soprattutto in una grande città italiana, significa unaridotta capacità di spostamento e dipendere da trasporti comuni di scarsaqualità ed efficienza.

Mase ci si muove in auto non ci sono gli ingorghi, si va molto lentamente el’aria diventa sempre più irrespirabile per i gas di scarico? E’ così! Se nonsi ha l’auto ci si sposta male e se si ha l’auto anche, con il sovrapprezzodell’inquinamento atmosferico!

Aquanto pare l’automobile, una volta preso il sopravvento, non ha mantenuto lepromesse di libertà che aveva fatto ai suoi sprovveduti seguaci.

E’sembrata una grande conquista del progresso la motorizzazione privata: perfavorirla e per favorire la FIAT,dagli anni Cinquanta in poi, i governi italiani hanno costruito un’imponenterete autostradale trascurando le altre infrastrutture utilizzabili per iltrasporto collettivo, come le ferrovie e i mezzi di trasporto urbani. Ancorafino alla fine degli anni Settanta si è continuato a smantellare i binari deitram e le città italiane sono prive di reti di metropolitana paragonabili aquelle delle loro omologhe europee.

Nelnord Europa si è cominciato a capire che, almeno nei centri urbani, bisognaporre un freno alla mobilità privata: vaste aree chiuse al traffico, efficientimezzi pubblici, incoraggiato il trasporto collettivo e scoraggiato quelloprivato con vari mezzi. Com’è noto, uno di questi mezzi consiste semplicementenel diminuire i parcheggi nelle aree che si vogliono salvaguardare dalleautomobili per costringere la gente ad usare i mezzi pubblici. E’ deprimentesentire dalle nostre parti ancora amministratori pubblici e cittadini chechiedono più parcheggi: più parcheggi per far aumentare le auto per poicostruire ancora parcheggi e così  via!

Leautomobili, occupando lo spazio, hanno cambiato il paesaggio di città che eranorimaste immutate nei secoli, hanno intasato strade, piazze e persino vicoli, cacciandovia, con le loro esalazioni, gli esseri umani, uomini, donne, anziani ebambini. Soprattutto bambini, a cui le auto hanno tolto la possibilità digiocare in strada e che quando sono in strada non vedono altro che un desolantepaesaggio di lamiere e di miasmi soffocanti. E pensare che all’inizio lemacchine col motore a scoppio erano considerate vantaggiose perché nonsporcavano come i cavalli!

 

Ilfenomeno dell’auto non è eterno, ha avuto un inizio cento anni fa e può avere –probabilmente l’avrà presto – una fine.

Nonè possibile pensare di continuare ad usare tutti un mezzo di trasporto che ormaiè diventato quasi individuale: semplicemente non c’è spazio. Se anche la Cina, l’India e altri paesiin via di sviluppo, con le loro sterminate popolazioni, raggiungessero ilivelli di motorizzazione dell’Italia, la superficie del pianeta non basterebbeper contenere tutte le auto e l’atmosfera terrestre non sarebbe in grado diassorbire le loro emissioni.   

Alloraè l’ennesima manifestazione dell’umana stupidità che ci spinge sinoall’autolesionismo di girare nelle ore di punta nelle nostre macchine che sitrasformano in autentiche prigioni. Nelle città ma anche nei piccoli centri,comodamente percorribili a piedi, e persino nei villaggi è normale vederestrade e stradine bloccate dal traffico e marciapiedi ostruiti dalle auto chehanno cacciato i passanti.

Unapersona, un’auto: questa è l’equazione che riassume la “civiltà”dell’automobile nella quale l’uomo (e la donna) affidano la propria identità socialeal modello di auto posseduta. Si vedano i tanti SUV che affollano le città:inquinanti, costosi, ingombranti, in definitiva inutili ma sicuro segno dellapropria affermazione personale.

Leconseguenze di tutto questo? Inquinamento e mobilità urbana inferiore a quelladi un secolo addietro, insomma un danno per la salute psico-fisica e nessunvantaggio in termini di efficienza degli spostamenti.

Civorrà ancora molto per capire che l’auto privata non ha dinanzi a sé un grandefuturo? Che ci si può muovere molto più in fretta, molto più comodamente, conmaggior sicurezza e a costi minori sia in termini economici che ambientalipotenziando i trasporti pubblici e privilegiando tutte le soluzioni chepermettano degli spostamenti collettivi?