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Le speculazioni? In pochi le ritengono un problema...

di Marzio Paolo Rotondo' - 04/07/2008

 

Le speculazioni? In pochi le ritengono un problema



C’è addirittura chi le chiama un “capro espiatorio”. Durante questi ultimi giorni, gli ennesimi record del petrolio e l’andamento dell’inflazione mondiale hanno fatto parlare molto del fenomeno delle speculazioni sui mercati finanziari, che ormai non passa più inosservato. Fra le varie opinioni degli esponenti del panorama economico mondiale, le cause dell’iperinflazione mondiale da materie prime viene imputata a fattori del tutto vari, a seconda di chi si pronuncia sull’argomento.
“I Paesi consumatori devono ridurre l’imposizione fiscale sui carburanti se vogliono alleviare il peso che grava sulla gente comune”, ha affermato il sovrano dell’Arabia Saudita Abdullah, in un’intervista al quotidiano del Kuwait Al-Siyassah. Per il sovrano saudita, oramai “ci si deve abituare sia ai prezzi elevati del petrolio e sia ai meccanismi di mercato che li determinano. Noi non possiamo farci niente”.
Adbullah ha poi reiterato la visione di Ryad che attribuisce la corsa del greggio alla speculazione, all’eccesso di domanda e alle tasse che gravano sui prodotti del petrolio. È però da sottolineare che con l’attuale prezzo del petrolio, il flusso di capitali che migra dai Paesi industrializzati all’Arabia Saudita è quantificabile a un miliardo di dollari al giorno. I sauditi, però, sanno bene che questo fenomeno conviene nel breve periodo, ma rischia di rigirarsi contro di loro nel lungo, dato che un prezzo così elevato aumenta la propensione dei Paesi consumatori a utilizzare energie alternative.
L’amministratore delegato dell’Eni la pensa anche lui in modo simile.“La previsione dei 140 dollari è stata raggiunta in anticipo a causa del meccanismo speculativo”, ha affermato Paolo Scaroni in un’intervista a Repubblica. Il prezzo, sottolinea, “continuerà a crescere finché non si vedrà una correzione della domanda in Occidente. Una parte dei Paesi produttori, quelli con meno popolazione, più sale il prezzo e meno sono spinti ad aumentare la produzione, non esiste una relazione tra la crescita dei prezzi e quella dell’offerta”.
La speculazione, rileva l’ad del gruppo petrolifero italiano, “amplifica il fenomeno, lo cavalca, ma tutto nasce da una maggiore domanda. Sono sicuro che ugualmente accadrà l’inverso: non appena il sentimento prevalente sarà quello di una contrazione della richiesta allora la speculazione accelererà la riduzione dei prezzi”.
La tendenza è però proprio questa: l’attuale crisi economico-finanziaria scatenata dal collasso del settore subprime, sta dando notevoli problemi alle maggiori economie mondiali che, aggiunti ad un prezzo del petrolio fuori controllo, rischiano seriamente di annientare la crescita economica mondiale e, di conseguenza, anche la domanda di greggio. Cosa che sta già iniziando ad avvenire. Per il governo italiano, le speculazioni sono addirittura “la peste del XIX secolo”. Secondo Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze nostrano, la causa della crisi finanziaria che ha colpito l’economia mondiale, oltre che dell’impennata delle materie prime, sono proprio le speculazioni finanziarie. È infatti difficile negare, anche se alcuni riescono a fare anche questo, che le recenti crisi finanziarie siano il frutto di immense bolle speculative che, scoppiando, hanno creato notevoli difficoltà all’economia, scaricando le immense perdite sulla collettività. Un fenomeno che sembra rivalersi anche nel settore del petrolio, uno dei pochi dove attualmente gli investitori di professione riescono ancora a guadagnare.
Anche per le autorità europee, la speculazione non è la causa principale dell’aumento dei prezzi del petrolio. A ribadirlo è stato il commissario Ue agli Affari economici e Monetari, Joaquin Almunia. “Non dico che la speculazione non c’è, dico solo che si aggiunge a una situazione contraddistinta dallo squilibrio di domanda e offerta che ha ragioni strutturali: se sbagliamo l’analisi sbagliamo pure la terapia”.
L’opinione di Goldman Sachs sull’argomento è ovvia. Secondo la banca d’affari statunitense, una di quelle impegnate a speculare sui mercati di scambio del petrolio, il balzo dei prezzi petroliferi è determinato dalle leggi dell’offerta e della domanda piuttosto che dalla speculazione. In una nota inviata alla clientela, Goldman Sachs spiega come i timori che dietro l’impennata dei prezzi vi sia la speculazione sono “ingiustificati”. Se i prezzi fossero troppo elevati in relazione all’offerta e alla domanda, le scorte aumenterebbero, spiega la banca d’affari.
Il problema, però, è che molti fondi istituzionali attendono l’abbassamento dei corsi dei prezzi del petrolio per aumentare in modo consistente le proprie scorte. “Non stiamo assistendo ad alcun aumento delle scorte fisiche - dicono gli analisti - i prezzi attuali sono supportati dai fondamentali dell’offerta e della domanda”. Alla fine del rapporto, tuttavia, si ammette l’evidenza: “I mercati delle commodity si stanno comportando in una maniera tipica da bolla speculativa” e, probabilmente, la più grande di tutti i tempi.
Per l’Aie, infine, le speculazioni non sono ritenute un problema. La speculazione rischia anzi di diventare “un capro espiatorio” per spiegare la crescita dei prezzi del petrolio.
L’Agenzia internazionale dell’energia afferma infatti in un recente rapporto che “accusare la speculazione è una soluzione facile che evita di adottare le misure necessarie”.
Spesso, sottolinea ancora l’agenzia, “è un espediente politico trovare un capro espiatorio per i più alti prezzi piuttosto che condurre serie analisi o confrontarsi con decisioni difficili”.
In un mare di opinioni contraddittorie, quello che salta subito all’occhio è che gli interessi in gioco sono tanti e divergenti, al di là di chi possa avere effettivamente ragione. Indubbiamente, le speculazioni non sono l’unica causa di un prezzo del petrolio che vola, alimentando l’inflazione mondiale e mettendo a repentaglio la stabilità degli Stati. Stessa cosa si può dire delle tensioni fra domanda e offerta, che sicuramente esistono ma non tali da provocare una penuria di petrolio sui mercati. Senza dimenticare che un fenomeno simile avviene su tutte le materie prime che, oggi, sembrano diventate un bene rifugio per i grandi capitali.
Cercare di minimizzare questi due problemi alla base di un’iperinflazione mondiale che sta attanagliando il mondo, è indubbiamente un atteggiamento ipocrita e criminale. Non si deve agire su uno tralasciando l’altro. Se si vuole, però, fare un discorso più generale, effettivamente, le speculazioni sono per l’economia mondiale uno dei maggiori flagelli del XIX secolo. Un meccanismo capace di creare sistematicamente delle bolle che, una volta arrivate a saturazione e presi i profitti, scoppiano scaricando i costi sulla collettività. Eliminare questo tipo di prassi finanziaria, o per lo meno limitarla, non farebbe un soldo di danno. Chi afferma il contrario, è succube degli interessi della finanza speculativa.