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Terre, deserto, fame

di Paola Desai - 04/07/2008

 

Fa pensare, l'ultimo studio presentato dalla Fao sul degrado delle terre del pianeta. Dice infatti che desertificazione ed erosione dei terreni sono in aumento: oltre il 20 percento di tutte le superfici coltivabili, un terzo delle foreste e il 10 percento delle praterie sono degradate in modo grave, e questo si traduce in declino a lungo termine della funzione e della produttività degli ecosistemi. La cosa che fa più impressione però è che questo minaccia la sopravvivenza di un miliardo e mezzo di persone: ovvero, circa un quarto della popolazione mondiale dipende direttamente da terre e foreste in stato di grave degrado.
Ecco un altra minaccia alla «sicurezza alimentare», per usare un termine molto in voga in questi mesi di rincari record di quasi tutte le derrate agricole.
I dati diffusi ieri dalla Fao fanno parte di uno studio condotto su un arco di vent'anni («Land degradation assessment in drylands»). Mostrano che l'erosione e il degrado delle terre peggiora, anziche migliorare 8con buona pace dei formali impegni assunti dai 193 paesi che hanno ratificato la Convenzione dell'Onu per la lotta alla desertificazione, approvata nel 1994). Le conseguenze del degrado dei terreni provocano il calo della produzione egricola, e questo è abbastanza ovvio. Questo a sua volta alimenta l'emigrazione di popolazioni rurali e aumenta l'insicurezza alimentare; contribuisce al degrado o scomparsa di risorse naturali e di ecosistemi fondamentali, accelera la perdita di diversità biologica perché il declino degli habitat naturali si ripercuite sulla sopravvivenza delle specie animali e vegetali che lo compongono. Non solo: «Il degrado delle terre coltivabili ha importanti ripercussioni anche sulla capacità di adattarsi al cambiamenti climatico o di mitigarlo, perché la perdita di biomasse e di materia organica nei terreni provoca maggiore rilascio di carbonio nel'atmosfera, oltre a incidere sulla qualità stessa dei terreni e sulla loro capacità di trattenere acqua e nutrienti», ha sottolineato ieri Parviz Koohafkan, direttore della «divisione acqua e terra» della Fao. E' un circolo vizioso.
Lo studio indica poi che oltre un quinto (il 22percento) delle terre degradate sono in aree molto aride e secche, mentre il 78 percento è in regioni umide del pianeta. La causa principale del degrado dunque non è un'avversità naturale ma la cattiva gestione da parte degli umani: sovrasfruttamento agricolo, eccesso di pastorizia, cattive pratiche di irrigazione. Non solo: lo studio dimostra che dopo il 1991 il degrado si è esteso a nuove zone, mentre aree storicamente degradate sono diventate del tutto imporduttive e/o inospitali e sono state abbandonate - e questo però ha permesso loro di stabilizzarsi.
All'opposto, lo studio cita casi positivi. dove la terra è usata in modo «sostenibile» (il 19 percento delle terre agricole del pianeta) si riscontra un miglioramento della qualità complessiva e della produttività (il 10 percento delle foreste e il 19 percento dei pascoli). Dice anche che la maggior parte dei miglioramenti, quando si tratta di terre agricole, sono legati all'irrigazione. altri progressi sono legati all'agricoltura pluviale (dove è possibile immagazzinare e sfruttare l'acqua che cade dal cielo), e poi i pascoli nelle praterie e nelle pianure - in particolare dell'America settentrionale e dell'India occidentale, o le piantagioni forestali e infine qualche caso di bonifica, come nel nord della Cina.