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Gli uccelli si dividono i semi senza litigare solo l'uomo bianco è sempre in guerra

di Silvana Fracasso - 07/07/2008



Quando il giorno comincia in casa Bush, nel New Mexico, frotte di volatili aspettano nei pressi della terrazza. Non appena vedono una figura muoversi attraverso i vetri tentano di avvicinarsi. «Gli uccelli che vedi non sono di qui. Sono migranti, vengono dal Sud America e una tappa del loro viaggio è diventata casa mia». A qualcuno ha dato anche i nomi e lo dice senza sorrisi, parco di tenerezza. E' un uomo alto e parla con autorevolezza, ha il volto abbronzato, dai lineamenti nativi, su cui si cominciano a leggere gli anni.

Mentre prepara una colazione shawnee tradizionale, lo invito a parlare della sua gente, tra un sorso di te e un boccone di frittelle strabilianti fatte con uova di anatra, noci e patate dolci.
«Il mio popolo - racconta Barney Bush - ha vissuto per secoli vicino al fiume Ohio, a Sud dell'Illinois, finché nel 1800 il presidente Jackson stabilì che, per essere riconosciuto come tribù, quel popolo di nativi doveva trasferirsi nell'attuale Oklahoma: io discendo da quelli che si rifiutarono di lasciare le loro terre sul fiume Ohio». Questa popolazione di dissidenti da allora è conosciuta come gli "Shawnee del Vinyard Indian Settlement", a tutt'oggi senza un riconoscimento federale, sebbene sembra siano in procinto di ottenerlo.

Da un passaggio europeo nel suo sangue indigeno - un prigioniero scozzese catturato dagli Shawnee si sposò con una trisavola - ha forse ereditato il colore degli occhi, di un chiaro brillante che richiama i piccoli orecchini di turchese portati su entrambi i lobi. Sembrano illuminati dall'interno, «occhi di coyote», gli dicevano i suoi amici quand'era piccolo.
«Questa casa di legno in mezzo al bosco è un rifugio, per me e i miei studenti. Spesso», dice, mentre mi mostra nella dispensa scorte di barattoli dalle dimensioni inverosimili, «vengono a trovarmi senza preavviso: i primi centri abitati sono lontani, a venti minuti di macchina c'è il deserto, devo essere sempre ben rifornito».
«Ricevo di continuo telefonate per richieste di consigli, le loro vite sono problematiche» dice, abbassando poi gli occhi, in un'ombra commossa e sofferente.

Barney accenna ad alcune questioni scottanti: l'istruzione dei bambini nativi e «il continuo inquinamento della nostra terra da parte degli immigrati europei, convinti forse che non essendo di qua hanno il diritto di trattarla come fosse merda e poi andare altrove». Lo sdegno continua: «E' incredibile poi che un paese coloniale possa governare su tutto, con le imbarazzanti politiche decise da George Bush e dalla combriccola a Washington…non mi piace che i loro nomi siano persino pronunciati in casa mia e di fronte al cibo. Della loro disumanità e ignoranza non voglio discutere stamattina».
Mi incammino con lui, a volte si china e raccoglie foglioline di piante medicinali e me le offre, ma prima si ferma e fa una preghiera silenziosa di ringraziamento per le radici. Su quello stesso sentiero, tempestato di grosse orme di cervi wapiti , ha incontrato tempo fa un raro lupo nero. I suoi tre cani si sono acquattati al passaggio fulmineo dell'animale, che è scomparso subito dopo.
Il New Mexico è uno tra gli Stati a più alta densità di nativi, più del 10% della popolazione. Barney, che ha lavorato nella nazione Navajo, o Diné come loro preferiscono definirla, negli ultimi dieci anni ha avuto modo di sperimentare come le scuole siano una parte importante nell'economia della riserva. «Insieme, naturalmente, alle chiese cristiane».
Attualmente è coinvolto in prima persona in un processo contro il distretto della scuola di Rough Rock, una immersion school : cioè basata sull'insegnamento della tradizione. Tutto è cominciato a causa di alcuni docenti, in parte indiani ma lontani dalla cultura nativa. La preside, arrivata due anni, fa è imparentata con Monty Russell, il direttore della scuola, «loro non parlano navajo, non sanno nemmeno pronunciare ahyahahii , che significa grazie». «La preside si è subito sbarazzata dei corsi d'arte basati sui principi indigeni svolti da me e da un altro docente, costretto a dimettersi, proprio mentre i ragazzi cominciavano a eccellere. Li chiamava "corsi di divertimento" e ben presto li ha sostituiti con corsi di insegnamento del tutto estranei all'estetica, all'arte, alla logica navajo, utili solo a riflettere lo stereotipo degli indiani, con programmi di sottile assimilazione. E poi il denaro ha cominciato a sparire... e pensare che per ogni studente c'è una quota pagata dallo Stato».

Barney si anima: «L'arte per noi nativi è fondamentale, ci aiuta a bilanciare il sistema americano con quello tradizionale. Rough Rock si era conquistata la fama di accogliere i ragazzi bocciati da altre scuole. E quando formammo queste classi di teatro, scrittura, cinema le cose cambiarono, gli studenti chiedevano di venire da tutta la riserva! Hanno cominciato a vincere premi internazionali in Francia e in Inghilterra, hanno avuto modo di vedere l'altro lato dell'oceano e sono stati trattati da tutti come speciali rappresentanti della cultura navajo. Ma il successo dell'istituto non ha coinciso con quello degli studenti. Intanto il direttore si sta costruendo ville nel Sudovest degli Stati Uniti». E Barney, invece, dopo aver perso il lavoro nella scuola, adesso rischia di perdere la sua unica dimora, stritolato dalle banche.
La riserva intanto è nel mirino di tutti i tipi di zeloti fanatici decisi a salvare le anime degli indiani, cercando di convertirli all'ideale cristiano. E la comunità mormona forma una gran parte di insegnanti nella terra dei Diné, dove ormai pullulano i "benefattori".

«Bisogna capire che ciò di cui il governo ha paura e che intende controllare, qui nell'America nativa - spiega Barney - è proprio il nostro intelletto che non è stato mai valorizzato né chiamato a dare un contributo neanche nell'amministrazione pubblica locale. Abbiamo studenti brillanti che però non sono tenuti in considerazione. Anzi vengono abbandonati a se stessi e all'influenza delle gang giovanili».
Continua Barney: «ieri mi ha chiamato un ragazzo, ha perso la borsa di studio perché coinvolto in una rissa: per ogni situazione che non si riesce a fronteggiare la scuola chiama la forza pubblica e fa arrestare i ragazzi, senza che possano spiegarsi. Siamo nella riserva, noi abbiamo modi tradizionali di trattare questi incidenti che non richiedono l'intervento della polizia. Mai visto niente del genere prima dell'arrivo di questa gente arrogante».
Nelle riserve imperversano gang di adolescenti e gli studenti ne sono facile preda: molti provengono da famiglie disagiate e separate e le gang offrono loro un luogo in cui riconoscersi e a cui appartenere. La maggior parte dei membri che li assoldano sono neri e ispanici, per loro molto attraenti perché rappresentano una sorta di modello alternativo a quello dei bianchi. Un'alternativa alla cultura mainstream . Fra i più giovani si spaccia il crystal meth , un derivato sintetico dell'eroina, dagli effetti devastanti. «Il sistema americano non li protegge: bisogna spiegare a questi ragazzini che stanno ricalcando la stessa avidità e l'egocentrismo degli oppressori, lontano dalle tradizioni familiari. Stanno aprendo un varco ad altre assimilazioni molto pericolose».

Burney Bush e Lance Henson, poeta e insegnante cheyenne, fondarono nel 1996 l'Università itinerante di Red Winds, proprio quando l'Istituto delle American Indian Arts stava cadendo a pezzi a Santa Fé. «Ci mosse - racconta animato - la mancanza di una scuola interamente nativa, anche se eravamo consapevoli di andare controtendenza, perché gli indiani all'epoca sembravano soddisfatti dell'educazione coloniale, che separa le discipline. Nelle culture tribali le conoscenze invece sono integrate in modo così stretto che una si riferisce e dipende da un'altra. La sopravvivenza dei sistemi indigeni dipende da questa co-dipendenza».
L'idea fissa di Barney è quella di incoraggiare i giovani riconoscendo e valorizzando la loro intelligenza nativa, unico modo perché riescano a riappropriarsi della loro identità e dei loro destini. Senza paura, sentimento che Barney non rispetta affatto.

La logica nella nazione Navajo si fonda sul mantenimento di un modo di vivere in accordo con i parametri della terra, degli antenati, nel rispetto dei cerimoniali. «Non possiamo permettere che tutto questo vada perso, è l'unica arma contro il sistema culturale del colonialismo, che è profondamente permeato dalla conquista e dalla violenza». E qui ricorda l'invasione e la guerra in Iraq.
«Non si riesce a capire perché questi uccelli che arrivano da lontano riescono a comporre senza danni le liti fra migranti e nativi per la spartizione dei semi di girasole, mentre l'uomo bianco deve fare tanti disastri», osserva, guardando fuori dal terrazzo della sua casa.