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Le sfide dell’integrazione sudamericana

di Samuel Pinheiro Guimarães* - 08/07/2008




Il mondo multipolare e l’integrazione sudamericana. L’integrazione tra Brasile e Argentina e il loro ruolo decisivo nell’America meridionale deve essere l’obiettivo più evidente, più costante e più vigoroso delle strategie politiche ed economiche tanto del Brasile quanto dell’Argentina.
L’analisi dell’ambasciatore Samuel Pinheiro Guimarães, segretario generale degli affari esteri del Brasile.



L’importanza fondamentale dell’America meridionale

L’America meridionale si trova, necessariamente e irrimediabilmente, nel centro della politica estera brasiliana. Per quanto la riguarda, il nucleo della politica brasiliana è nel Mercosur. E il nucleo della politica brasiliana nel Mercosur deve essere, senza ombra di dubbio, l’Argentina. L’integrazione tra Brasile e Argentina e il loro ruolo decisivo nell’America meridionale deve essere l’obiettivo più evidente, più costante e più vigoroso delle strategie politiche ed economiche tanto del Brasile quanto dell’Argentina. Qualsiasi tentativo di stabilire diverse priorità per la politica estera brasiliana e, persino, l’insufficiente interesse verso questi fondamenti, sicuramente provocherà delle gravi conseguenze e affronterà un serio rischio d’insuccesso.

Africa occidentale

L’Africa occidentale con i suoi 23 stati costieri, compresi gli arcipelaghi di Cabo Verde e di Saõ Tomé e Príncipe e la frontiera atlantica del Brasile, è il continente verso il quale siamo uniti da vincoli di storia, di sangue, di cultura, dal colonialismo e dalla somiglianza delle sfide. L’Asia costituisce il nuovo centro dinamico dell’economia mondiale, fonte di profitti inesauribili per le mega corporazioni occidentali e meta di una delle maggiori migrazioni di capitale e di tecnologia all’avanguardia che si conoscono nella Storia. L’Europa e l’America del Nord sono per il Brasile, come lo è per qualsiasi ex colonia, così come per eventuali concorrenti della colonia, le aree tradizionali di vincolo politico, economico e culturale. Tuttavia, nonostante siano così importanti, come senza dubbio lo sono, i vincoli e gli interessi attuali e potenziali brasiliani nei confronti di tutte queste aree e senza curarsi che i nostri rapporti siano i migliori nei riguardi degli Stati che le integrano, la politica estera non potrà avere una sua efficacia se non si lega con quella brasiliana nell’America meridionale. Le caratteristiche che contraddistinguono la situazione geopolitica del Brasile, vale a dire, il suo territorio, la sua localizzazione geografica, la sua popolazione, le sue frontiere, la sua economia, così come la congiuntura e la struttura del sistema mondiale, fanno diventare la priorità sudamericana una realtà essenziale.

Grandi blocchi

Lo scenario economico mondiale si caratterizza da una simultanea globalizzazione e una graduale formazione di grandi blocchi di Stati in Europa, in America del Nord e in Asia; l’accelerato progresso scientifico e tecnologico, particolarmente nei settori dell’informatica e in quello delle biotecnologie con il loro vincolo nelle spese e nelle attività militari; dalla concentrazione del capitale e dall’oligopolizzazione dei mercati, misurata dal numero di fusioni e acquisizioni che sono passate da 9 mila, per un valore di US$ 850 mila milioni, nel 1995, a 33 mila, per un valore di quasi 4 trilioni di dollari, nel 2006, e dalla finanziarizzazione dell’economia, giacché gli attivi (azioni, titoli e depositi) finanziari sono passati dal 109% della produzione mondiale, nel 1980, al 316% nel 2005; dalla trasformazione dei mercati del lavoro e dalla pressione permanente per far regredire i diritti dei lavoratori; dall’accelerato degrado ambientale; dall’insicurezza energetica e dalle migrazioni.
Lo scenario politico mondiale si contraddistingue dalla concentrazione del potere politico, militare, economico tecnologico e ideologico nei paesi molto sviluppati; dall’arbitrio e dalla violenza esercitati dalle Grandi Potenze; dalla minaccia reale, e il suo impiego opportunista, del terrorismo; dalla mancanza di rispetto nei riguardi dei principi di non intervento e d’autodeterminazione da parte delle Grandi Potenze politiche, economiche e militari; dall’individualismo degli Stati ricchi e dall’insufficiente e sempre più decadente cooperazione internazionale; dall’emergenza della Cina, in quanto potenza economica e politica, regionale e mondiale.

Gli Stati e il sistema mondiale

Gli Stati del centro del sistema mondiale sono sempre più ricchi e potenti, poiché la differenza di prodotto tra Stati ricchi e poveri è passata da 1 a 4 nel 1914 a quella di 1 a 7 nel 2000. Nonostante siano vincolati alle economie periferiche, così come alle risorse strategiche e ai mercati con una popolazione decadente, si adoperano, mediante negoziati internazionali, a definire le norme e i regimi che consentano di preservare e persino di allargare la loro situazione privilegiata nel centro del sistema militare, politico, economico e tecnologico che, da una parte, ha avuto come conseguenza lo scatenamento della II Guerra Mondiale e dei regimi coloniali e, dall’altra, alla riuscita degli sforzi nazionali, in particolare, nella sfera scientifica e tecnologica. In questo processo, la loro capacità di articolare ideologie e presentare “soluzioni” come se fossero vantaggiose per tutta la “comunità internazionale” è straordinaria e importantissima, in quanto costituisce la base di una strategia di irreggimento da parte di Stati e d’elite periferiche cooptate per il raggiungimento di obiettivi nazionali, avvolti sotto il manto di obiettivi per l’umanità.

Paesi piccoli

In questo scenario violento e instabile costituito da grandi blocchi, multipolare, esiste una tendenza che spinge i paesi più piccoli e persino quelli intermedi ad essere assorbiti, in parte formalmente, dai grandi Stati e dalle economie verso le quali o si trovano tradizionalmente vincolati da legami di origine coloniale o stanno nella loro sfera d’influenza storica, com’è il caso dell’America Centrale; oppure, abbiano formato parte del loro territorio, come nel caso dei paesi che costituiscono la Comunità degli Stati Indipendenti – CSI -; o invece sono vincolati da legami etnici e culturali, come nel caso della diaspora cinese in Asia.

I paesi intermedi

I paesi intermedi che rappresentano l’America meridionale si trovano davanti al dilemma se unirsi per così formare un gran blocco di 17 milioni di chilometri quadri e di 400 milioni di abitanti per difendere i loro interessi inalienabili di accelerazione e di sviluppo economico, di conservazione dell’autonomia politica e dell’identità culturale, o essere assorbiti come semplici periferie da altri grandi blocchi, senza reclamare alcun diritto alla partecipazione effettiva nella conduzione dei destini economici e politici di questi, i quali sono definiti dai paesi che si trovano nella loro sfera d’influenza. Il fatto sostanziale è che, le caratteristiche, l’evoluzione storica e gli interessi degli Stati più forti che si trovano nel centro degli schemi d’integrazione, sono diversi da quelli dei paesi sottosviluppati che si aggiungono ad essi mediante trattati di libero scambio, o di altro nome, i quali in questo modo rimangono soggetti alle conseguenze delle decisioni strategiche dei paesi centrali che possono o no soddisfare le proprie necessità storiche.

Sudamerica

Le sfide dell’America meridionale di fronte a questo dilemma, il quale è decisivo, sono enormi: superare gli ostacoli che provengono dalle grandi asimmetrie che esistono tra i paesi della regione, siano queste di natura territoriale, demografica, di risorse naturali, energetica, di livelli di sviluppo politico, culturale, agricolo, industriale e dei servizi; affrontare con fermezza le enormi disparità sociali le quali sono simili in tutti questi paesi; tradurre in pratica lo straordinario potenziale economico della regione; dissipare i risentimenti e le sfiducie storiche che rendono difficile la loro integrazione.

Brasile e Sudamerica

Le asimmetrie territoriali sono straordinarie. Nell’America meridionale convivono paesi come il Brasile con 8,5 milioni di chilometri quadri; come l’Argentina con i suoi 3,7 milioni di chilometri quadri e immediatamente altri dieci paesi, ciascuno con un territorio inferiore a 1,2 milioni di chilometri quadri. Tre dei paesi della regione si affacciano esclusivamente verso il Pacifico, tre verso l’oceano Atlantico, quattro sono caraibici e due sono mediterranei. Il Brasile possiede 15,735 chilometri di frontiera con nove Stati vicini, mentre che l’Argentina, la Bolivia e il Perù condividono le frontiere con cinque paesi vicini. Grazie a queste circostanze geografiche, i punti di vista geopolitici di ciascun paese in partenza sono diversi tra loro, essi si aggravano se si considera che fino a poco tempo fa i paesi della regione sono stati – addirittura fino al giorno d’oggi – separati dalla Cordigliera, dalla foresta, dalle distanze e dagli immensi vuoti demografici.

Brasile

Il Brasile possiede 190 milioni di abitanti che corrispondono a circa il 50% della popolazione dell’America meridionale, mentre il secondo maggiore paese in termini di popolazione, la Colombia, possiede 46 milioni di abitanti e il terzo, l’Argentina, possiede 39 milioni. I tassi di crescita demografica variano del 3% in Paraguay e lo 0,7% in Uruguay. Negli ultimi anni l’America meridionale ha vissuto un processo d’urbanizzazione accelerato con la comparsa di megalopoli che concentrano enormi segmenti della popolazione totale del paese e che contengono periferie miserrime di estrema violenza. Si trovano significative popolazioni di
sfollati interni nel Perù, come conseguenza della feroce lotta intrapresa nei confronti di Sendero Luminoso, e anche di rifugiati, come nel caso dei colombiani che si trovano in Venezuela e in Ecuador. In passato le dittature e i regimi militari provocarono l’esilio d’innumerevoli militanti politici, intellettuali, operai e sindacalisti con gravi conseguenze per lo sviluppo politico dei paesi più colpiti.
Inoltre, per alcuni decenni il ridotto ritmo di crescita economica provocò movimenti migratori significativi dei paesi della regione che prendevano la strada degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale. Ci sono un milione di uruguaiani che vivono fuori dell’Uruguay, mentre tre milioni di essi si trovano nel paese. Ci sono 400 mila ecuadoriani in Spagna e 4 milioni di brasiliani all’estero. Allo stesso tempo, nell’America meridionale ci sono enormi spazi spopolati dove la densità demografica è inferiore a 1 abitante per chilometro quadro, mentre nelle megalopoli la densità della popolazione raggiunge oltre i 10.000 abitanti per chilometro quadro.
L’America meridionale ostenta indici di contrazione della rendita e della ricchezza, della povertà e dell’indigenza, dell’opulenza e del lusso, contrasti spaventosi tra ricchissime magioni e miserabili palafitte, tra eccellenti ospedali privati e decadenti ospedali pubblici, tra scuole da Primo Mondo e letamai scolastici. Inoltre, l’America meridionale possiede il vantaggio dell’assenza di conflitti razziali di tipo acuto, nonostante esista la discriminazione razziale; con la presenza dominante di lingue di comune origine iberica, sebbene in alcuni paesi esistano idiomi indigeni che sono riusciti a sopravvivere; con l’assenza di conflitti religiosi e predominio cattolico affianco alla veloce espansione delle chiese protestanti; con una popolazione enorme, ma non eccessiva, come quella di certi paesi asiatici. La sfida rappresentata dall’emergenza delle popolazioni indigene storicamente oppresse e gli effetti nei confronti dei rapporti politici tra i paesi dell’America del Sud richiederanno, ancora una volta, una speciale considerazione e abilità.

America meridionale

L’America meridionale è una regione molto ricca di risorse naturali, le quali si trovano distribuite in modo irregolare tra i diversi paesi. Mentre il Brasile possiede le riserve mondiali più grandi di ferro di eccellente qualità, l’Argentina non lo possiede nel volume sufficiente. L’Argentina dispone di terre coltivabili di straordinaria fertilità a differenza del Cile. Colombia possiede grandi riserve di carbone di buona qualità e Brasile ne ha poche e scadenti. Il Venezuela possiede la sesta riserva più grande di petrolio e la nona maggiore riserva di gas al mondo, invece, in tutti i paesi del Cono Sud, compreso il Brasile, queste sono insufficienti per sostenere il ritmo di sviluppo, forse del 7% a/a, necessario all’assorbimento produttivo degli stock storici di mano d’opera disoccupata e sub occupata e di coloro che arrivano ogni anno sul mercato. Bolivia detiene giacimenti di gas che corrispondono al doppio di quelli brasiliani, ma s’incontrano serie difficoltà per allargare il loro sfruttamento. Cile sfrutta le maggiori riserve di rame fino ad ora conosciute al mondo, le quali rappresentano circa il 40% delle sue esportazioni. Il Paraguay ostenta uno dei maggiori potenziali idroelettrici al mondo, in particolare, quando si fa il calcolo in termini per capita, ma ancora non ha avuto il successo che si sperava nell’utilizzarlo per il suo sviluppo. Suriname possiede la maggiore riserva di bauxite del pianeta, ancora poco sfruttata.

La più grande foresta tropicale

Nell’America del Sud si trova la maggiore foresta tropicale al mondo, argomento che occupa il centro dei dibattiti politici concernenti l’effetto serra e le sue conseguenze nei confronti del clima; costituisce anche la maggiore riserva di biodiversità del pianeta, la quale è di grande importanza per il rinnovamento dell’agricoltura e dell’industria farmaceutica; costituisce anche un frammento importante delle riserve di acqua dolce del pianeta, risorsa che sta diventando sempre più strategica e che è già causa di conflitti in alcune regioni del globo, si caratterizza anche per essere il maggior deposito di acque sotterranee, ad esempio, la falda acquifera Guaraní, che sta sotto i territori del Brasile, del Paraguay, dell’Argentina e dell’Uruguay.

Le politiche economiche

Gli shock petroliferi (1973 e 1979), l’eccessivo indebitamento e il brusco aumento del debito estero hanno arrecato crisi e stagnazione economica che ha contribuito alla scomparsa, a metà della decade degli anni ’80, dei regimi militari nell’America meridionale. La vittoria del neoliberismo finanziario negli Stati Uniti e nel Regno Unito, a cominciare da Ronald Reagan (1981-1989) e Margaret Thatcher (1979-1990), e la rinegoziazione del debito estero (Piano Brady) forzarono ai paesi sottosviluppati a adottare politiche d’apertura commerciale e finanziaria, deregolamentazione e privatizzazione, basate nei principi del cosiddetto Consenso di Washington. Queste politiche hanno condotto ad esiti disastrosi verso quei paesi che sono stati più coinvolti, come nel caso dell’Ecuador, della Bolivia e dell’Argentina, e hanno lasciato notevoli conseguenze in paesi come il Brasile, l’Uruguay e il Venezuela.

Storia economica

Siffatte politiche neoliberali aggravarono l’ormai elevata concentrazione della rendita e della ricchezza, estesero la disoccupazione, contribuirono alla violenza urbana, provocarono l’indebolimento dello Stato e dei servizi pubblici, il che condusse alla graduale emergenza di importanti movimenti politici e sociali che auspicarono (esplicitamente o implicitamente) l'esame del modello economico e sociale neoliberale.

Conseguenza

I paesi dell’America meridionale, come conseguenza delle politiche neoliberali che determinarono la riduzione negoziata e, a volte, persino unilaterale delle loro tariffe doganali, la privatizzazione delle aziende statali e la liberalizzazione dei loro mercati finanziari, incrementarono le importazioni di prodotti industriali dei paesi sviluppati e l’entrata senza controllo dei capitali stranieri. Queste politiche portarono, in maggiore o in minore misura, alla deindustrializzazione, ad una maggiore influenza del capitale multinazionale e alla denazionalizzazione di importanti settori delle loro economie, in particolare, del settore finanziario, con effetti economici e persino politici rilevanti.

Integrazione passiva

Tuttavia, questa maggiore integrazione di natura passiva dei paesi sudamericani nell’economia mondiale è radicalmente diversa a quella dell’integrazione nell’economia globale che si verifica nell’ambito dei paesi molto sviluppati o in certi paesi emergenti come la Corea. In questi ultimi casi, questa maggiore integrazione si verifica mediante l’internazionalizzazione delle funzioni delle loro grandi aziende a proiezione multinazionale, ma con capitale nazionale, così come dalle loro esportazioni ad alto contenuto tecnologico; invece, nel caso dei paesi sudamericani, si verifica mediante una maggiore partecipazione da parte delle mega aziende multinazionali nelle loro economie, poiché questi ultimi paesi non possiedono, se non in rare eccezioni, grandi aziende capaci d’internazionalizzarsi, così come di espandere le loro esportazioni di “commodities”.

Materie prime

Con il trascorrere del tempo i paesi dell’America meridionale hanno ripreso, volontariamente o involontariamente, la loro specializzazione storica, basata sull’esportazione di materie prime, tradizionali o nuove e, qualche volta, maggiormente elaborate, al fine di soddisfare la domanda dei paesi molto sviluppati e della Cina. Così, grosso modo, la loro agricoltura si è sofisticata ed ha preso il nome di agribusiness; l’industria è stata venduta o ha chiuso le porte mediante un processo di deindustrializzazione / denazionalizzazione e molte delle loro aziende di servizi, in particolar modo, le moderne aziende e quelle del settore finanziario, sono state acquistate dalle mega aziende multinazionali.

L’Uruguay Round

La capacità nell’utilizzare strumenti tradizionali di promozione allo sviluppo economico i quali, inoltre, erano stati largamente impiegati dai paesi ora sviluppati agli inizi del loro processo di sviluppo (vale a dire, durante il loro processo d’industrializzazione), fu abbandonata dai paesi dell’America meridionale nell’Uruguay Round, quando accettarono le norme sulla disciplina del capitale straniero, le quali vietano politiche tali come la nazionalizzazione degli investimenti, la fissazione di obiettivi di esportazione e il reinvestimento di parte dei profitti; o che stabiliscono norme sulla proprietà intellettuale che hanno allargato le scadenze delle patenti e concordato brevetti sui farmaci, rendendo difficoltoso, di fatto, lo sviluppo tecnologico e generando enormi rimesse finanziarie. L’abbandono da parte di questi paesi degli strumenti economici tradizionali usati dallo Stato, così come l’aver riposto un’eccessiva fiducia nel libero gioco delle forze del mercato, sono state tra le cause che hanno portato alla riduzione e allo stagnamento del loro ritmo di crescita. Da un’altra parte, la rovina ideologica del Welfare State nei paesi sviluppati ha fatto che anche i paesi sudamericani restringessero o disarticolassero i loro programmi sociali, il che ha contribuito ad aggravare la concentrazione della rendita e della proprietà e la piccola espansione dei loro mercati interni.

Le decadi degli anni ’80 e degli anni ‘90

In questa forma si spiega in gran parte i bassi tassi di crescita nell’America meridionale, quelli delle decadi dei ’80 e dei ’90, se li confrontiamo con quelli di alcuni paesi dell’Asia e l’eventuale crollo dei governi neoliberali in Argentina, in Brasile, in Cile, in Bolivia, in Ecuador e in Venezuela. Negli ultimi anni, nell’America meridionale sono sorti dei governi che si sforzano di mantenere le politiche d’austerità fiscale e di controllo inflazionario mentre cercano di resuscitare lo Stato come fattore supplementare dello sviluppo economico e come agente di contrazione dell’ineguaglianza sociale di fronte alle enormi ingiustizie e alle pressioni dei segmenti storicamente oppressi delle loro società.

Il blocco sudamericano

La recente esperienza d’integrazione sudamericana ha diverse origini, motivazioni e paralleli storici. In primo luogo, il trauma della disintegrazione dei Vicereami dell’impero spagnolo a partire del 1810, lo scioglimento successivo della Gran Colombia nel 1830 e la sopravvivenza dell’utopia dell’unità Latino-americana, sostenuta dal Libertador Simón Bolívar. Secondo il tentativo del notevole economista argentino, Raúl Prebisch, nello spiegare le ragioni dello sviluppo nell’America del Nord in contrapposizione con l’arretramento sudamericano, indusse alla Commissione Economica per l’America Latina – CEPAL alla formulazione della teoria strutturalista.
Prebisch trovò le ragioni di questa teoria nelle caratteristiche delle economie primarie - esportatrici sudamericane e nella natura del loro processo d’incorporazione nel progresso tecnologico; nella ridotta dimensione e nell’isolamento di ciascun mercato nazionale; nel deterioramento secolare dei termini di scambio; nell’importanza dell’industrializzazione come strategia per la trasformazione economica. In terzo luogo, nella percezione di successo dettata dall’esperienza della pianificazione economica e dell’industrializzazione accelerata vissuta dall’Unione Sovietica, dall’esperienza keynesiana e dalla pianificazione di guerra nordamericana e, infine, dalle politiche di economia mista e di pianificazione indicativa dei governi socialisti europei dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quarto, nell’esperienza della costruzione della Comunità Economica Europea, basata sull’integrazione dei mercati, nell’elaborazione di politiche comuni e nel finanziamento da parte dei paesi più ricchi nello sforzo di ridurre le asimmetrie esistenti nelle economie partecipanti.

La Cepal

Questo insieme di esperienze suggerì i programmi di sviluppo economico che avevano come fondamento l’industrializzazione, in particolare nel Brasile durante il governo di Juscelino Kubitschek, le proposte della Cepal riguardanti la costituzione di un mercato comune Latino-americano, le proposte argentine per la creazione di un’area di libero scambio che economicamente rimettesse insieme le parti che conformavano il Vicereame del Plata, stimolando nel 1960 alla costituzione dell’Associazione Latino-americana di Libero Scambio – ALALC.

La rivalità


Naturalmente, il progetto d’integrazione dell’America meridionale e del Cono Sud era soggetto alla rivalità latente che esisteva tra il Brasile e l’Argentina per via dell’influenza politica nella regione del Rio del Plata, i dissapori di un passato di lotte e il ricordo di un iniziale predominio argentino, sommato ad altri rancori provenienti dai confitti e dai quasi conflitti trascorsi, come quello tra il Cile e l’Argentina; tra la Bolivia, il Cile e il Perù; tra il Perù e l’Ecuador; tra la Colombia e il Venezuela; tra la Bolivia e il Paraguay; tra il Brasile e il Paraguay e tra il Brasile e la Bolivia.

L’Aladi

L’Associazione Latino-americana per il Libero Scambio, creata nel 1960, il cui obiettivo era quello di eliminare tutte le barriere nello scambio tra gli Stati membri fino al 1980, trovò degli ostacoli determinati dalle politiche nazionali di sostituzione delle importazioni e d’industrializzazione e, in seguito, dalle politiche di controllo delle importazioni per affrontare le brusche crisi del petrolio che arrecarono inediti deficit commerciali, i quali raggiunsero i paesi importatori d’energia, in particolare il Brasile.

Il CCR


Fin dal 1965, la Convenzione per i Crediti Reciproci (CCR) che si era istituita tra i paesi dell’ALALC, più la Repubblica Dominicana, acconsentì allo scambio senza l’immediato utilizzo delle valute forti, mediante un sistema quadrimestrale d’indennizzo multilaterale di crediti che funzionò con ottimi risultati e senza che si verificasse nessun caso di “default” fino alla decade del 1980, quando fu progressivamente smantellata dai nuovi tecnocrati che occuparono le Banche Centrali dei paesi della regione, durante il periodo dei governi neoliberali.

Il Patto Andino


Nel 1969, i paesi della fascia andina celebrarono il Patto Andino (successivamente CAN) come un progetto ancora più ambizioso d’integrazione e d’impostazione allo sviluppo, prevedendo persino l’ubicazione spaziale delle industrie tra gli Stati membri e l’elaborazione di politiche comuni persino nell’ambito dell’investimento straniero.

Alac per Aladi

Nel 1980, la paralizzazione dei negoziati commerciali portò alla sostituzione dell’ALALC per quella dell’Associazione Latino-americana d’Integrazione (ALADI). Il Trattato di Montevideo (nel 1980) incorporò il “patrimonio” di riduzioni doganali bilaterali, permise la negoziazione di accordi bilaterali di preferenza con la prospettiva di una loro eventuale convergenza e considerò come possibile la concessione di preferenze bilaterali sotto la tutela dell’ ”enabling cause” dell’allora GATT.

Integrazione bilaterale


Nel 1985, Brasile e Argentina decisero avviare un processo d’integrazione bilaterale graduale con l’obiettivo principale di promuovere lo sviluppo economico, al quale si aggiunsero, nel 1991, Paraguay e Uruguay, formandosi in questo modo il Mercosur. Quest’ultimo sorse come un progetto inquadrato nella concezione del Consenso di Washington di libero scambio, come strumento unico e sufficiente per la promozione dello sviluppo, la riduzione delle ineguaglianze sociali e generatore di lavoro, nella migliore tradizione delle Scuole di Manchester e di Chicago.

Il Nafta


Dopo la conclusione del Nafta nel 1994, in pratica, quando il Messico abbandonò l’ALADI, gli Stati Uniti, nel contesto del Summit delle Americhe, lanciarono il progetto ambizioso di negoziazione nell’Area di Libero Scambio delle Americhe (ALCA). Questo progetto, in realtà, più che un’area di libero scambio di beni, avrebbe creato un territorio economico unico nelle Americhe, con la libera circolazione di beni, servizi e capitali (ma non di manodopera o di tecnologia) e avrebbe stabilito delle regole uniformi ancora più restrittive nell’attuazione delle politiche nazionali o regionali di sviluppo economico, poiché le proposte originali erano OMC-Plus e NAFTA-plus (e sembra che continuino ad essere tali, così come lo rivelano i documenti dei trattati bilaterali di libero scambio tanto lodati dagli Stati Uniti).

Un blocco economico

Nonostante le dichiarazioni diplomatiche fatte nell’occasione e reiterate poi, sul fatto che l’ALCA non avrebbe danneggiato i progetti d’integrazione regionale come quello della Comunità Andina e il Mercosur, era evidente che l’eventuale conformazione di questo progetto avrebbe eliminato la possibilità di creazione di un blocco economico e politico sudamericano.

Il 4+1

Dopo l’avvio dei negoziati dell’ALCA e di fronte all’estrema ineguaglianza delle forze politiche ed economiche esistenti tra i paesi partecipanti, le trattative si sono interrotte nel 2004, dopo che gli Stati Uniti ritirarono gli argomenti che riguardavano l’agricoltura e la difesa commerciale (antidumping e sussidi) trasferendoli nell’ambito dell’OMC, sotto il pretesto che si rendeva necessaria una negoziazione più comprensiva, persino nei confronti dell’Unione Europea. Come conseguenza e per equilibrare i negoziati, il Mercosur considerò che le tematiche d’investimento, acquisti governativi e servizi avrebbero dovuto passare anche nell’ambito del Round di Doha nell’OMC e propose agli Stati Uniti la negoziazione di un accordo 4+1 nell’ambito del commercio di beni, proposta che fino ad oggi è rimasta senza una risposta o, anzi, la cui risposta pratica è stata la ferma attività nordamericana di negoziare con accordi bilaterali di libero scambio (in realtà con obiettivi più vasti) con i paesi dell’America centrale, Colombia, Perù e (quasi) con l’Ecuador.

Il Mercosur

Parallelamente, il Mercosur intraprese i negoziati e celebrò accordi di libero scambio con il Cile (1995), con la Bolivia (1996), con il Venezuela, l’Ecuador e la Colombia (2004), e con il Perù (2005), i quali hanno attinenza esclusivamente con il commercio di beni e non includono il commercio di servizi, acquisti governativi, regole sugli investimenti, proprietà intellettuale, ecc.

L’Atpdea


Nel 2002, il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato l’ATPDEA (Andean Trad Promotion and Drug Erradication Act) mediante la quale avrebbero concesso unilateralmente preferenze commerciali, senza alcuna reciprocità da parte dei beneficiari, verso liste di prodotti provenienti dai paesi andini a cambio dell’attuazione di programmi di sradicamento delle piantagioni di coca. Durante i cinque anni di questa legge l’esito della sua applicazione fu, da una parte, l’espansione dell’esportazione di detti prodotti provenienti da quei paesi verso gli Stati Uniti e, dall’altra, prospettare l’opportunità di veder sorgere in questi paesi dei gruppi d’interesse imprenditoriali locali favorevoli alle trattative di accordi di libero scambio con gli Stati Uniti nel momento in cui scadessero i termini in vigore di quell’Atto.

L’Unasur


Successivamente, nel 2004 fu avviato a Cuzco il progetto di formazione di una Comunità Sudamericana delle Nazioni, attualmente denominata UNASUR, organizzazione che ha come pretesa quella di essere simile all’Unione Africana, in Africa; all’Unione Europea, in Europa; all’ASEAN, in Asia e al MCCA, nell’America centrale. I negoziati per conformare l’UNASUR si sono imbattuti con tre diverse resistenze: primo, quella dei paesi che hanno compiuto degli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti; secondo, quella dei paesi che hanno diritto di precedenza al rinvigorimento del Mercosur e che credono che il Brasile stia “cambiando” il Mercosur con l’UNASUR; terzo, quella dei paesi che considerano che sia necessaria un’organizzazione più ambiziosa, fondata nella solidarietà e nella cooperazione e non in quello che considerano che sia l’individualismo “mercantilista” delle preferenze commerciali, dei progetti d’investimento e del libero scambio.

L’Argentina e la strategia d’integrazione brasiliana

Non esiste la minore possibilità di costruzione di uno spazio economico e politico sudamericano (non importa se economicistico o solidaristico) senza un ampio programma di costruzione e d’integrazione dell’infrastruttura dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni dei paesi dell’America meridionale. Il commercio esistente tra i sei paesi fondatori della Comunità Economica Europea nel 1958 corrispondeva a circa il 40% del loro commercio complessivo e oggi supera l’80%. Diversamente, il commercio tra i paesi dell’America meridionale corrispondeva nel 1960, data d’avvio dell’ALALC, a circa il 10% e nel 2006 non superava il 17% del totale del commercio estero della regione. Questo commercio ridotto traeva la sua origine nella piccola diversificazione industriale delle economie sudamericane (che nell’attualità costituiscono anche un ostacolo, poiché quanto più diversificate sono le economie, maggiore è il loro commercio reciproco), ma anche nella bassa densità dei sistemi di trasporto esistenti in quel momento fino ad oggi. C’è un interesse vivace nel voler collegare i sistemi di trasporto nazionali e le due coste del subcontinente, superando gli ostacoli della foresta e della cordigliera, come si sta già facendo a Nord tra il Brasile e il Perù, e che si vuole fare a Sud, tra il Brasile, l’Argentina e il Cile. L’Iniziativa per l’Integrazione della Regionale Sudamericana (IIRSA) nel 2000, fu un passo di gran rilievo verso quest’impegno di pianificazione, il quale necessita per la sua concretizzazione l’approvazione regionale del finanziamento.

L’accesso al credito


Una delle maggiori difficoltà dei paesi dell’America meridionale è quella rappresentata dall’accesso ai crediti per gli investimenti in infrastrutture, in quanto conseguenza dei limiti d’indebitamento estero e della mancanza di accesso agli strumenti di garanzia. L’accesso al mercato internazionale dei capitali è tanto più importante quanto maggiore è la difficoltà di questi paesi nell’elevare il loro risparmio interno, dovuto alla priorità concessa al servizio del debito interno ed esterno. Brasile ha contribuito al consolidamento della Cooperazione Andina per la Promozione – CAF, entità finanziaria classificata come AA nel mercato internazionale e inquadrata nel settore degli investimenti delle infrastrutture, partecipando, in forma passiva e prudente, nel processo di costruzione di una Banca del Sud che si vuole efficiente.
Il Brasile è uno dei pochi, se non l’unico paese della regione, che dispone di una forte banca di sviluppo, i cui attivi sommano gli US$ 87 mila milioni, più alti di quelli della Banca Interamericana per lo Sviluppo – BID (US$ 66 mila milioni), la quale può offrire risorse per la realizzazione di opere d’infrastruttura in condizioni competitive con quelle del mercato internazionale e senza condizionare tali prestami a “compromessi” di politica estera o mediante l’attuazione di “riforme” economiche interne. Una parte fondamentale della strategia brasiliana d’integrazione è rappresentata dalla somministrazione di crediti alle aziende di questi paesi a condizioni ragionevoli, simili a quelle che si richiedono alle aziende brasiliane, tenendo ben presente l’interesse vitale brasiliano nella crescita e nello sviluppo dei paesi vicini, anche per ragioni di proprio tornaconto, per via della grande importanza rappresentata dai loro mercati nei confronti delle esportazioni brasiliane e, di conseguenza, per il suo livello di attività economica generale e aziendale.

L’immaginario sudamericano


Di là dell’integrazione dell’infrastruttura fisica in termini di strade, ponti, ferrovie ed energia, diventa fondamentale l’integrazione delle comunicazioni via etere, grazie all’importanza che rivestono per l’economia e per la politica, così come la stampa, in particolare la tv, decisiva per la formazione dell’immaginario sudamericano, le quali offrono un aiuto alla conoscenza della vita politica, economica e sociale dei paesi della regione, nei giorni nostri sconosciuta dal gran pubblico e, per tanto, fonte d’ogni sorta di preconcetti e manipolazioni che avvelenano l’opinione pubblica e ledono i discorsi, le attività e le decisioni politiche. La TV Brasil – Canal Integración e TELESUR costituiscono esperienze no egemoniche d’integrazione delle comunicazioni, così come l’iniziativa brasiliana di cercare di stabilire un modello regionale di TV digitale, con la partecipazione degli Stati del Mercosur, persino nel processo industriale.

La sicurezza energetica


Attualmente la questione della sicurezza energetica è centrale e, nel futuro, prevedibile. L’integrazione energetica e l’autonomia regionale nel campo dell’energia per garantire la sicurezza e la fornitura energetica rappresenta una priorità assoluta da parte della politica estera brasiliana nell’America meridionale. Non esiste la possibilità di crescere con una media del 7% a/a durante un periodo più o meno lungo senza una fornitura sufficiente, sicura e in aumento. Questa fornitura dipende da investimenti più o meno a lungo termine di maturazione, tali come la prospezione di giacimenti di petrolio, gas e uranio, la costruzione di dighe, di centrali idroelettriche e termoelettriche, così come quelle nucleari – l’America meridionale, in quanto regione, possiede un sopravanzo totale d’energia, nonostante con grandi eccedenze attuali e potenziali in alcuni paesi e con severi deficit in altri. Nel primo caso si trovano il Venezuela, Ecuador e Bolivia per quanto concerne gas e petrolio. Nel caso dell’energia elettrica, ci sono delle eccedenze straordinarie in Brasile, Paraguay e Venezuela. D’altra parte, esistono paesi che presentano un deficit strutturale d’energia come Cile e Uruguay e casi intermedi come Perù, Colombia e Argentina.
In questa forma, l’integrazione energetica della regione consentirà ridurre le importazioni extraregionali e irrobustire l’economia dell’America del Sud. Nello sforzo di consolidare e integrare il sistema energetico della regione, il Brasile ha finanziato la costruzione di gasdotti in Argentina e si è impegnato nell’attuazione del progetto del Grande Gasdotto del Sud che dovrà vincolare i maggiori centri produttori d’energia (Venezuela e Bolivia) verso i maggiori mercati consumatori (Brasile, Argentina e Cile). Il Brasile è disposto a compartire la tecnologia che ha sviluppato nel campo dei biocombustibili, persuaso che la crisi energetica e ambientale potrà solo essere affrontata con efficacia a cominciare da una graduale modificazione della matrice energetica mondiale, da una riduzione dei consumi e degli sprechi nei paesi molto sviluppati, principali responsabili dell’emissione dei gas ad effetto serra.




La riduzione delle asimmetrie


La riduzione delle asimmetrie costituisce il secondo elemento essenziale della strategia brasiliana d’integrazione. In un processo d’integrazione in cui le asimmetrie tra le diverse parti sono rilevanti, diventano indispensabili programmi specifici e ambiziosi per promuovere la loro riduzione. È evidente che qui non si parla delle asimmetrie del territorio e della popolazione, ma sì di quelle di natura economica e sociale. È indispensabile l’esistenza di un processo di trasferimento delle rendite sotto forma d’investimenti tra quegli Stati che partecipano allo schema d’integrazione così com’è accaduto e accade ancora oggi nell’Unione Europea. Questo processo è ancora in stato embrionario nel Mercosur, poiché il Fondo per la Convergenza Strutturale e il Consolidamento Istituzionale del Mercosur – FOCEM, è solo un modesto inizio.

La generosità


La generosità dei paesi più grandi e più sviluppati è stata da sempre ricordata dal presidente Lula come un terzo elemento essenziale per la riuscita del processo d’integrazione del Mercosur e dell’America meridionale. Questa generosità si deve tradurre mediante il trattamento differenziale, senza pretesa di reciprocità, in rapporto a tutti i paesi dell’America del Sud che si trovano compromessi nel processo d’integrazione regionale, nei settori del commercio dei beni, dei servizi, degli acquisti governativi, della proprietà intellettuale, ecc. In altre parole, il Brasile deve essere disposto a concedere un trattamento più vantaggioso, spoglio d’ogni reciprocità verso tutti i suoi vicini, in particolare, verso quelli di minore sviluppo relativo, verso i paesi mediterranei e verso i paesi con un PIL pro capite più basso.

L’espansione

L’integrazione economica dell’America meridionale è passata per un processo accelerato d’espansione, stimolato dalla riduzione dei dazi favorita dagli accordi commerciali preferenziali. Il commercio dei beni all’interno dell’America del Sud che si aggirava intorno ai 10 milioni di dollari nel 1980 è passato a 68 milioni nel 2005. Il commercio dei servizi, che nella decade del 1960 era in pratica inesistente, si è anche espanso, anche se in minor scala. Gli esempi più rilevanti di espansione si potrebbero attingere dal settore finanziario per via dell’istituzione di filiali bancarie, dal settore dei trasporti aerei e persino terrestri e, infine, dal turismo interregionale. Gli investimenti da parte delle aziende della regione in paesi terzi della medesima regione sono diventati significativi, come lo dimostra l’espansione delle aziende cilene e brasiliane, in particolare verso l’Argentina.
Infine, c’è stato un considerevole allargamento delle popolazioni d’immigranti interregionali. Tutti questi fattori contribuiscono alla formazione di un mercato unico sudamericano, giacché una volta avviati gli accordi commerciali bilaterali tra i paesi della regione si prevede che nel 2019 circa il 95% del commercio interregionale si vedrà libero da tariffe. La riattivazione del CCR e l’istituzione di una moneta comune per le transazioni tra il Brasile e l’Argentina contribuiranno enormemente all’espansione del commercio bilaterale e regionale.

Catene produttive


La strategia brasiliana in campo commerciale è stata quella di cercare di consolidare il Mercosur e quella di promuovere nell’America meridionale la formazione di un’area di libero scambio, prestando attenzione alle asimmetrie esistenti tra i paesi della regione. La disponibilità brasiliana verso le necessità di recupero e di consolidamento industriale dei suoi vicini non ha portato a questi ultimi alla negoziazione del Meccanismo di Adattamento Competitivo con l’Argentina, agli sforzi di stabilire catene produttive regionali e all’attuazione di un Programma di Sostituzione Competitiva delle Importazioni, il cui obiettivo è quello di provare a ridurre gli estremi e cronici deficit commerciali bilaterali, quasi tutti favorevoli al Brasile.
Nel campo estero, la strategia brasiliana tende ad ampliare i mercati per le esportazioni del Mercosur, mediante la negoziazione di accordi di libero scambio o di preferenze commerciali con i paesi sviluppati, come nel caso dell’Unione Europea; e, in cerca di nuovi mercati, con i paesi in via di sviluppo come l’India e l’Africa del Sud. La strategia brasiliana punta a rendere attraente e a rafforzare il processo di negoziazione nel suo insieme, il quale non solo favorisce ai suoi soci maggiori, ma anche ai soci minori del Mercosur, nella misura in cui ottengono condizioni di accesso che probabilmente non raggiungerebbero se trattassero singolarmente.

L’articolazione delle alleanze


In un sistema mondiale il cui centro accumula sempre maggiore potere economico, politico, militare, tecnologico e ideologico; nel quale si allarga sempre di più la forbice tra paesi sviluppati e sottosviluppati; dove il rischio ambientale ed energetico si aggrava; e dove questo centro procura tessere una rete d’accordi e di norme internazionali che assicurino il piacere dei privilegi che i paesi centrali hanno acquisito nel processo storico e in cui partecipano grandi blocchi di paesi dove il comportamento individuale, isolato, è poco vantaggioso in questi negoziati, persino per un paese con le dimensioni di territorio, popolazione e PIL come il Brasile. In questo modo, per il Brasile è d’importanza primordiale il poter fare affidamento agli Stati vicini dell’America meridionale nei complessi negoziati internazionali in cui partecipa. Ma, forse, per gli Stati vicini è di maggiore importanza l’articolazione delle alleanze che si stabiliscono tra loro e con il Brasile con il fine di agire con maggiore efficacia nella difesa dei propri interessi durante i negoziati.

La lotta alla fame


Nonostante le asimmetrie d’ogni genere che caratterizzano i paesi della regione, siamo tutti sottosviluppati e le peculiarità essenziali del sottosviluppo sono le disparità sociali, le vulnerabilità esterne e il potenziale non sfruttato delle nostre società. Per quanto concerne le ineguaglianze sociali, l’America meridionale si caratterizza come una delle regioni al mondo dove si trova la maggiore concentrazione di rendita e di ricchezza e dove esistono degli enormi profitti, adoperati per lo più all’estero come conseguenza delle “fughe” storiche di capitale. D’altra parte, il Brasile ha cercato di organizzare dei programmi di lotta alla fame e alla povertà, oltre a quelli di natura sociale in generale, i quali possono essere oggetto di un utile interscambio di esperienze. Una delle caratteristiche che contraddistinguono la regione è quella del crescente numero d’immigranti (legali e illegali) di rifugiati e di sfollati la cui situazione necessita di essere regolarizzata in forma solidale e umanitaria, sulla scorta di quanto hanno fatto l’Argentina e il Venezuela.

La cooperazione


Nell’ambito della politica, i meccanismi d’integrazione devono propiziare e stimolare la cooperazione tra gli Stati sudamericani nei forum, nei dibattiti e nei negoziati internazionali, stimolare la soluzione pacifica delle controversie, escludendo l’interferenza da parte di potenze extraregionali, il rispetto assoluto e rigoroso dei principi di non intervento e di autodeterminazione, ad esempio, nessuno Stato e tanto meno il Brasile deve immischiarsi nei processi interni dei paesi vicini, né cercare di esportare modelli politici per uso interno, nonostante siano da noi apprezzati.
Il Brasile ha come principio il restare imparziale di fronte alle controversie che sorgono periodicamente tra i paesi vicini, come ad esempio è accaduto con la reviviscenza della questione sulla mediterraneità tra Bolivia, Cile e Perù; sulla fumigazione nella frontiera tra Ecuador e Colombia; sulle divergenze occasionali tra Colombia e Venezuela; sulla questione delle cartiere tra Argentina e Uruguay. Il Brasile ha cercato di mediare con generosità e lucidità politica e non con l’intransigenza dell’economicismo miope, nonostante le resistenze interne e i preconcetti da parte dei settori conservatori della società brasiliana, a questi si aggiungono le rivendicazioni economiche che qualche volta intraprendono Bolivia, Uruguay e Paraguay nei confronti del Brasile. Il Parlamento del Mercosur diventerà il forum per la conoscenza più intima dei politici e degli statisti dei paesi dell’America meridionale, contribuendo alla costruzione di un ambiente politico indispensabile ad un processo d’integrazione.

Obiettivi comuni


Nel processo d’integrazione del Mercosur e dell’America meridionale e nei rapporti politici con il mondo multipolare violento e “assorbente” in cui viviamo, Brasile e Argentina sono uniti per quanto concerne gli obiettivi comuni di trasformare il sistema internazionale, nel senso che le norme che reggono i rapporti tra gli Stati e le economie siano in modo tale che i paesi in via di sviluppo come il Brasile e l’Argentina conservino lo spazio necessario per l’elaborazione e l’esecuzione di politiche per lo sviluppo che consentano superare le disparità, superare le vulnerabilità e consentire di sviluppare il potenziale presente nelle loro società.

Scambio militare

Nel mondo arbitrario e violento in cui vivono il Brasile e l’America del Sud, si rende indispensabile avere delle forze armate proporzionali al loro territorio e alla loro popolazione. La strategia brasiliana di difesa vede il continente sudamericano in maniera integrata e tiene presente la cooperazione militare tra le Forze Armate, persino in termini d’industria bellica, come fattore di stabilità e d’equilibrio regionale mediante la costruzione della fiducia. L’inesistenza di basi straniere nel continente sudamericano, eccetto quella di Manta, rappresenta un importante fattore politico e militare per lo sviluppo e l’autonomia regionale. D’altra parte, il Brasile respinge ogni forma d’intervento politico, e ancora più militare, di provenienza extraregionale negli affari dell’America meridionale. I programmi d’interscambio militare esercitano un ruolo importante nel processo di costruzione dell’attendibilità, così come la partecipazione di effettivi militari dei diversi paesi della regione in operazioni di pace delle Nazioni Unite, in particolare nel Minustah .

Prima che il narcotraffico


Infine, come ha ricordato il ministro Celso Amorim, è necessario promuovere l’integrazione e lo sviluppo economico e sociale dei nostri paesi prima che il crimine organizzato lo faccia nelle sue diverse sfaccettature: il narcotraffico, il contrabbando, il traffico d’armi.

I due grandi

L’integrazione tra Brasile e Argentina e il loro ruolo decisivo nell’America meridionale dev’essere l’obiettivo più distinto, più costante, più vigoroso delle strategie politiche ed economiche tanto del Brasile quanto dell’Argentina. Sono stati i nostri due paesi quelli che, nella regione, sono riusciti a raggiungere il più alto livello di sviluppo industriale, agricolo, dei servizi, scientifico e tecnologico; quelli che, considerati come un insieme, detengono le terre più fertili e il sottosuolo più ricco della regione; quelli la cui popolazione consente lo sviluppo dei mercati interni più significativi, base necessaria per agire fermamente nel mercato estero sempre soggetto alle misure arbitrarie del protezionismo agricolo e industriale; siamo quei paesi che, per via del loro gran potenziale e interessi comuni, sono i più capaci di resistere alla voragine assorbente degli interessi commerciali, economici, finanziari e politici, anche con la forza, per contribuire alla costruzione di un ordine economico, ambientale e politico necessario allo sviluppo della comunità internazionale come un tutto e alla conservazione del pianeta.
Il coordinamento politico che avviene nei forum tra Argentina e Brasile per quanto concerne la difesa dei loro interessi, dei negoziati, dei conflitti e delle crisi internazionali, raggiunse una straordinaria intensità ed efficacia, motivo per il quale non gli fu consentito di agire, mediante il G-20, nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, nei negoziati ambientali, nei negoziati emisferici impari e nei negoziati economici multilaterali del Round di Doha per impedire lo squilibrio dei loro effetti e per garantire lo spazio necessario alle nostre politiche di sviluppo economico.

Uniti o dominati

C’è ancora molto da fare, in particolare nei settori di punta dello sviluppo scientifico e tecnologico che plasmerà la società del futuro, tali come le attività spaziali, aeronautiche, nucleari, di difesa, d’informatica e delle biotecnologie. Si rende necessario e indispensabile che tutti gli organismi della struttura burocratica dello Stato brasiliano e argentino, spesso coinvolti in rivalità, risentimenti e sfiducie storiche, comprendano la sfida che la Nazione argentina e la Nazione brasiliana affrontano in questo secolo XXI, comprendano la visione strategica dei presidenti Néstor Kirchner e Luiz Inácio Lula da Silva e contribuiscano, in questo modo, alla realizzazione dell’impresa gloriosa formulata dalla profezia di Juan Domingo Perón: “Il secolo XXI li troverà uniti o dominati”.

(trad. dalla versione spagnola di V. Paglione).

Fonte: http://www.laondadigital.com/laonda/LaOnda/393/A6.htm