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Estate. Il vecchietto dove lo metto? (In morte del legame comunitario)

di Carlo Gambescia - 09/07/2008

Quando si deciderà di prendere le impronte anche agli anziani? Paradossalmente potrebbe anche essere un modo per interessarsi a chi d’estate rimane solo in città. E di cui ci si ricorda solo in campagna elettorale, per strappare qualche voto, promettendo il classico aumento delle pensioni.
Le indagini confermano che il periodo più duro per l’anziano è quello estivo. Quando i già tenui legami familiari diventano ancora più flebili. Le “grandi vacanze” segnano un punto di rottura anche negli affetti. E soprattutto, come nel caso di molti anziani sull’orlo della vecchiaia, con pochi di mezzi, si finisce per restare soli. O in amara “compagnia”, se esistono infrastrutture sociali e culturali, di altri coetanei, a loro volta, vittime sacrificali dell’egoismo vacanziero dei figli. Che cosa resta all’anziano solo in città? La televisione ( che di gran lunga è il “passatempo” preferito). Tenuta accesa, spesso, per più di otto ore giornaliere, in particolare, pare, dagli under settantacinque. Un dato, purtroppo confortato, dalle cosiddette morti domestiche, dove spesso il corpo senza vita di un “nonno” o di una “nonna”, viene ritrovato dopo alcuni giorni dalla morte, davanti a una televisione urlante e indifferente. E con il telecomando “abbandonato” sul vecchio divano, tanto per citare Franco Battiato.
Ora, senza pretendere di volare troppo alto, si può però dire che la “questione anziani” è legata all’uscita “dal ciclo produttivo” dell’uomo-anziano, in genere tra i sessanta e i sessantacinque. A quel punto, se non si hanno mezzi economici congrui, si corre il rischio di uscire dal circuito della socialità. Perché gli impegni degli anziani si rarefanno, a mano a mano che entrano nel ciclo della vecchiaia, dopo settanta. Mentre figli, a loro volta, molto impegnati e soprattutto se privi di prole in età scolare da affidare ai nonni, si allontanano in misura crescente dai padri ormai vecchi…
In genere dopo i settant’anni, la socialità tra padre e figli, si riduce al minimo di una telefonata giornaliera, se non settimanale. Restano le feste del ciclo religioso e familiare, che vengono però festeggiate sempre più di rado in famiglia. I figli, in fuga da un lavoro spesso oppressivo, preferiscono gli amici coetanei, oppure l’isolamento a livello nucleare (marito, mogli e figlio). in qualche località turistica.
E d’estate, come si diceva all’inizio, il quasi isolamento dell’anziano, rischia di risolversi in emarginazione, esistenziale. Alla quale non sempre possono porre riparo i servizi sociali, attraverso forme di assistenza periodica domiciliare (dal latte alle medicine, eccetera). Dal momento che si tratta di forme di socialità, su basi burocratiche. Si dovrebbe invece ricreare intorno all’anziano il circolo virtuoso della comunità familiare e di vicinato.
Ma dove trovare oggi persone disposte a donarsi all’altro? A dare qualcosa all’altro in cambio di nulla? Ecco il vero problema.