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Affittasi valori

di Daniele Pressante - 09/07/2008

Milano da qualche settimana è tappezzata di cartelli strani. Cinquemila annunci nei quali si offrono in affitto non cose o case, ma valori. L'idea è venuta a un giovane artista, Ivan Olita che ha disseminato questi annunci in tutta la città: affittasi carità, solidarietà, tolleranza, lealtà. Sono soltanto alcuni dei nove valori tradizionali offerti ai passanti. Sotto ogni valore offerto, un contatto: Atilo Navi e un numero di telefono 3454004000, ancora attivo, al quale risponde una segreteria telefonica che invita a lasciare un messaggio. Il nome non è altro quello vero dell'ideatore di questa iniziativa, scritto al contrario. Ivan Olita è un ventenne, in passato ha fatto modello e ora è un veejay di All Music. La sua è una vera e propria installazione artistica articolata in 4 fasi. Il messaggio? È giusto tenere in considerazione i valori passati ma anche innovare.

Ivan, affittasi valori, puoi spiegare di cosa si tratta?
Per me questa è una provocazione che ho deciso di lanciare, rispetto alla crisi dei valori. Io non credo alla crisi dei valori così come genericamente intesa dalle persone. Se questa crisi esiste davvero, la vedo come sinonimo di cambiamento. La gente tende invece a rimpiangere i valori di una volta, si limitano a rimpiangere senza però fare nulla.

In giro però ci sono anche cartelli vuoti, un invito a riempirli?
In realtà sono quattro le fasi di questa provocazione: mettere in affitto i valori tradizionali per far sì che concettualmente il fruitore si trovi nella posizione di non dover compiangere questi valori ma di poterne fruire, in modo concettuale. Per movimentare la gente all'azione. Inizialmente il termine valore non esisteva, c'era bene e male. Poi le persone hanno cominciato a viaggiare e si sono creati i valori, la gente ha cominciato a mettersi d'accordo ed è arrivata la parola valore che trae origine da un ambito economico, un accordo tra le varie popolazioni. Dopodiché si è arrivati a un relativismo estremo, il fatto che tutto fosse opinabile ha creato questo relativismo sfrenato al quale i grandi totalitarismi hanno cercato di porre rimedio creando valori che andassero bene alla società.

Puoi fare un esempio concreto?
Nessun valore è in crisi più dell'altro. Ti potrei dire qualsiasi tipo di valore, non è in crisi perché non ha più senso viverlo oggi. Sarebbe carino che si recuperasse il significato di crisi, svolta, cambiamento e si riuscisse a recuperare un valore contemporaneo che aiuti chiunque a gestirsi al meglio.

Quali sono le fasi di questo progetto?
Fase 1: Affittare 9 dei valori tradizionali. Solidarietà, tolleranza, clemenza, carità... perché il fruitore del lavoro possa affittarli liberamente e verificarne la presenza. La gente ha chiamato e molte persone hanno dimostrato l'esigenza di voler definire il valore. Fase 2: Relativismo e anarchia. Ho lasciato il cartello "Affittasi" con uno spazio vuoto. Anche qui hanno scritto qualsiasi cosa, alcuni sono stati fedeli alla traccia, altri meno. Tutto mi ha fatto gioco. C'è gente che ha scritto Sgarbi, Moratti, Bross. C'è un personaggio che distribuisce i miei cartelli ai vernissage, mi chiama ogni giorno in segreteria. Il fatto che abbiano scritto qualsiasi cosa mi ha dato modo di puntare sull'ultimo valore che è la libertà, unico valore residuo: libertà di religione, di sessualità... Fase 3: Offresi libertà e cedesi tempo. La libertà è però un'arma a doppio taglio perché è tensione verso l'infinito, verso l'onnipotenza quando l'uomo è un essere limitato. Servono quindi dei vincoli. Il vincolo a questa nostra libertà diventa l'altro, la sinergia che si crea nel contatto. Al momento i cartelli dicono "Offresi libertà" e quindi tempo. Il tempo ci vincola alla dimensione di esseri umani. Chi cerca la libertà cerca di eliminare il tempo. La mia libertà trova vincolo dove inizia l'interazione. Fase 4: L'unica fase risolutiva: l'interazione come vincolo. Questa sarà la fase conclusiva e penso di condirla con una performance. Mi coinvolgerò io stesso e cercherò quello che secondo me dovrebbe essere il valore da tenere in considerazione. Come se mi calassi nei panni di un fruitore.

Scusa, ma questa è arte?
Sì, è una performance artistica. Ma è molto popolare, il che mi fa piacere da morire, visto chel'arte non è popolare di solito. Va a inserirsi in una terra di mezzo tra l'arte contemporanea e un'operazione di comunicazione. È una performance artistica e la cosa bella è che l'arte di solito è abbastanza snob e invece questa è tutt'altro, vive delle persone che mi chiedono. È una cosa interattiva e sinergica. Se non esistesse la curiosità non avrebbe senso tutto quello che sto facendo.

Pensi che questo tipo di performance possano trovare spazio in rete?
Riguardo ad altri mezzi ci sono progetti futuri, che riguardano altre idee di invasione artistica. Ci saranno due fasi l'una nella città l'altra fuori. Quanto alla mia performance finale, starò in un posto seduto e a contatto con le persone che vorranno venire a darmi quello che cerco. Dopo di che... contatti facebook, myspace e quant'altro.

La tua è un'operazione di marketing in qualche modo?
No, sono stato contattato da un sacco di agenzie di comunicazione riguardo alla guerrilla marketing. Può essere vicina a un'operazione di marketing perché vuole essere popolare. Non nasce con il presupposto di esser marketing, ma di dare un messaggio. Mi irrita terribilmente incontrare persone che si appellano alla crisi di valori per giustificare qualsiasi comportamento. Ma insomma vogliamo fare qualcosa per questa crisi, vogliamo arrivare a un percorso?

Esprimi quindi una posizione politica?
Non ha nessun tipo di attinenza politica. Se io fossi una persona politica, avrebbe dei risvolti politici. Ma io non mi interesso proprio di politica. Una performance di questo tipo non rientra la politica. È un'operazione semplicistica. Ieri mi fermavano delle persone mentre li attaccavo e una ragazza mi ha detto una cosa bellissima: pensavo che questo rapporto tra offresi libertà e cedesi tempo fosse connesso con un qualche tipo di rapporto lavorativo. Aveva creato il sottile nesso tra la cessione del tempo al lavoro per ottenere la libertà per quanto io non avevo pensato a questo tipo di connessione. Niente marketing, niente politica, ma desiderio personale.