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L´iPhone e la dematerializzazione della società

di Diego Barsotti - 10/07/2008

Alle 13,07 di ieri un computer disperso in una giungla di altri server in un magazzino di un provider con sede nel Basso Lazio ha preso fuoco. Non sappiamo se ha preso fuoco letteralmente, o se è scoppiato, o si è deteriorato un cavo, o se è semplicemente scaduta la vita a termine di qualche componente, per via dell’obsolescenza programmata che ci costringe ogni 2 anni a sostituire prodotti (non solo) informatici e a intasare le discariche con rifiuti pericolosi.

Fatto sta che dalle 13,07 di ieri greenreport.it è sparito dalla rete. Silenziosamente quasi come era apparso apparentemente dal nulla il 2 gennaio del 2006, quando uscì il primo numero. Questa volta il buco è stato devastante: buio totale fino a pochi muti prima delle 19, nonostante le disperate imprecazioni di chi lavorava in redazione a Livorno, di chi lavorava da casa sua (telelavoro) e di chi nel sud del Lazio sudava le classiche 7 camice per appoggiare tutti i siti internet coinvolti nel disastro su un server provvisorio, infamati da tutte le parti d’Italia attraverso vecchie reti telefoniche analogiche e nuovi rete satellitari.

Poco prima delle 19 di ieri quindi, greenreport è tornato in linea. Con un piccolo problema. L’edizione che appariva era quella del 9 luglio 2007, senza alcuna spiegazione e senza possibilità di correggere o avvisare del problema, tanto che in molti (diciamo qualcuno, avrà addirittura preso per buoni diversi articoli prima di accorgersi che qualcosa non funzionava).

Il problema è stato risolto intorno alle 10 di stamani: 21 ore di buco nella società dell’informazione, 21 ore di buco virtuale provocato da un (banale?) problema molto materiale fanno venire più di un dubbio sulla reale consistenza della società della dematerializzazione. Anche se domani arriverà l’iPhone, la «macchina di Dio» come la definisce Vittorio Zucconi nel suo editoriale di oggi, «la macchina che non fa nulla di nuovo – aggiunge il giornalista di Repubblica - ma la novità rivoluzionaria è che fa tutto».

Questa tavoletta di 10 centimetri per 6 che consente di tenere il mondo in tasca, tutto lo scibile umano e un po’ di più, da internet al navigatore, dalla musica ai giochi, dai messaggi tvtttb, alle videocamere, ai sistemi di gestione paghe, alla televisione.

Tutto sotto il controllo delle propria dita, ma anche, come sottolinea giustamente Zucconi, tutti sotto il controllo delle dita di tutti gli altri. Invincibili nella propria onniscienza messa in tasca (salvo poi avere la capacità di discernere l’informazione corretta da quella non corretta) e allo stesso tempo aperti alle sevizie di tutti.

Ma anche l’iPhone che materializza - in una scatoletta di plastica e nanotecnologie assemblate in qualche fabbrica zeppa di lavoratori (anche bambini?) in stato di semischiavitù - tutto il suo scibile umano, dipende come tutto il resto del pianeta, dall’energia, che in questo caso si accumula in sottili batterie che saranno sempre più piccole e più efficienti ma comunque indispensabili. E dal materiale che servirà per produrre quell’energia e per produrre ogni sua più piccola parte. «L’America – intuisce ancora Zucconi - sta rinunciando a produrre cose e si sta concentrando sul produrre idee che fanno funzionare le cose». Ma forse le idee, come dimostra il buco virtuale prodotto da un corto circuito molto materiale che ha mandato al buio le idee di greenreport, non bastano.

A proposito di greenreport. Riflettiamo sull’apertura di ieri di un anno fa. http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=8361 . Sfido chiunque ad accorgersi che si trattava di un errore: parlavamo della necessità di una governance mondiale in grado di orientare l’economia verso modelli di sviluppo più sostenibili (e vedi oggi la dura presa di posizione da parte di una imbelle Unep nei confronti del perpetuarsi del suicidio economico da parte del G8), parlavamo di global warming come unica preoccupazione e dei conseguenti annunci mediatici per razionalizzare i flussi di energia ignorando completamente quelli di materia (e oggi addirittura non si trova neppure l’accordo-falsa del 2050 per dimezzare le emissioni di co2), parlavamo della fame di cibo e di materie prime da parte del Sud del mondo (e oggi il G8 sbatte bellamente la porta in faccia ai milioni di profughi ambientali che ogni giorno aumentano).

La fine dell’autostrada sembra sempre più vicina, soprattutto perché la sensazione è quella di viaggiare contromano, in bicicletta e per di più nella corsia di sorpasso.