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In Iraq 65 condanne a morte in un anno, rischia anche Aziz

di Toni Fontana - 11/07/2008

 

 

 

Da domenica scorsa il leader storico dei radicali, Marco Pannella ha iniziato lo sciopero della fame per «la moratoria della pena di morte anche per Tareq Aziz». Tante e qualificate le adesioni raccolte dall’iniziativa che si inserisce nel solco della battaglia italiana contro le esecuzioni capitali coronata dal successo alle Nazioni Unite. L’iniziativa italiana ha contribuito all’affermazione della moratoria in molte parti del mondo, ma l’Iraq, a più di cinque anni dall’inizio del conflitto, appare ancora un paese off limits per qualsiasi diritto. Migliaia di detenuti giacciono nelle carceri amministrate dagli americani, come spiega Amnesty International «decine di persone sono state condannate a morte. Nel 2007 sono state eseguite le condanne a morte di 65 uomini e donne». Nel 2008, aggiunge Amnesty, il comando della forza internazionale a guida Usa ha ammesso di «avere in custodia 25mila detenuti a camp Bucca nel Sud, a camp Victory e camp Cropper nei pressi dell’aeroporto di Baghdad. Tra i detenuti vi sono 840 minorenni e 280 stranieri, in massima parte provenienti dai paesi arabi». Tareq Aziz è appunto uno di questi. Cristiano caldeo, laureato in inglese (era l’unico gerarca a parlare questa lingua) Aziz, noto per apparire sempre con un sigaro in bocca, venne scelto da Saddam agli albori della dittatura per incarnare il volto dialogante del regime. Ministro degli Esteri o vice premier a seconda della stagioni, Aziz ha condiviso tutte le scelte scellerate del raìs, dall’invasione del Kuwait alle purghe che hanno moltiplicato il numero dei desaparecidos. E tuttavia, proprio per essere stato spedito in giro per il mondo, Aziz non è stato il diretto esecutore dei crimini dei regime. La prova è fornita dal fatto che quando gli americani hanno invaso l’Iraq con l’obiettivo di decapitare il regime, Aziz è stato inserito al 43° posto nella famosa lista dei ricercati. Veniva raffigurato con un modestissimo 8 di picche. L’ex braccio destro di Saddam non venne catturato in circostanze drammatiche come altri gerarchi, ma il 24 aprile del 2003, si consegnò agli americani dopo aver patteggiato le condizioni della detenzione. Secondo la moglie e i figli, che vivono tra la Giordania e lo Yemen, il comando Usa non ha però rispettato alcun patto e l’ex vice di Saddam è sparito nel carcere americano di camp Cropper. Le sue condizioni di salute sarebbero gravemente peggiorate. Secondo l’unico tra i suoi legali che sono riusciti a vederlo, Badie Arief Izzat, il detenuto «è recluso in una stanzetta di circa due metri quadrati, è malato di cuore e ha il diabete». La sparizione di Aziz dai vertici del potere ha coinciso con l’aumento delle persecuzioni ai danni della comunità cristiana della cui sicurezza era il garante. Aziz, quando veniva in Italia nelle vesti di capo della diplomazia irachena veniva regolarmente ricevuto in Vaticano, e da esponenti di tutti i partiti dell’epoca (fino al 2003). Poche settimane prima dell’inizio del conflitto venne a Roma e si recò ad Assisi dove pregò con i frati. Ieri Marco Pannella ha detto di «possedere la documentazione» secondo la quale la proposta da lui avanzata prima della guerra (esilio di Saddam, amministrazione Onu dell’Iraq) era percorribile. Secondo documenti «desecretati da Zapatero», Bush, Blair e Aznar parlarono di questa possibilità, ma poi decisero di puntare sull’attacco. Tra le personalità che hanno aderito all’iniziativa di Pannella Oscar Luigi Scalfaro, Giuliano Amato, Emma Bonino.