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"Nessuno ha la verità in tasca", nemmeno la Bce

di Marzio Paolo Rotondo' - 14/07/2008

 


Insieme al consueto bollettino fotocopia della Banca centrale europea, arrivano le critiche del presidente francese Nicolas Sarkozy, nei panni di presidente di turno dell’Unione europea. Mentre Francoforte continua imperterrita a ripetere incessantemente gli stessi concetti e a fare il sordo che non vuole sentire ribadendo ad oltranza la propria indipendenza, il rappresentante di Parigi affonda un nuovo colpo all’istituzione monetaria europea.
Il bollettino mensile della Bce è ormai lo stesso da mesi. Innanzi tutto, Francoforte ribadisce i rischi legati ad un’inflazione sostenuta. Oltre a petrolio e alimenti, la Bce afferma di seguire con attenzione anche le fasi della contrattazione salariale e “chiede che siano evitate forme di indicizzazione” delle retribuzioni nominali ai prezzi al consumo, per evitare “uno choc al rialzo sull’inflazione”, con “ricadute negative sull’occupazione e sulla competitività nei Paesi interessati”. È quanto si legge nel bollettino fornito dalla Bce, in cui si sottolinea che “il Consiglio direttivo segue con particolare attenzione il processo di formazione dei prezzi e le trattative salariali all’interno dell’area dell’euro”. Per Francoforte, infatti, sembra che risolvere le conseguenze dell’inflazione sia quasi più importante che risolverne le cause.
Rischi al rialzo, sottolinea la Bce, “potrebbero inoltre scaturire da aumenti imprevisti delle imposte indirette e dei prezzi amministrati. È quindi indispensabile assicurare che le aspettative di inflazione a medio-lungo termine restino saldamente ancorate su livelli in linea con la stabilità dei prezzi”. Secondo l’istituto di emissione monetaria continentale, inoltre, “bisogna accettare la variazione dei prezzi relativi e il connesso trasferimento di reddito dai Paesi importatori di materie prime ai paesi esportatori, il che richiede un mutamento del comportamento di famiglie e imprese”. Francoforte invita dunque a rassegnarsi per quanto riguarda le cause della crescita esponenziale dei prezzi. Stessa rassegnazione tocca anche sul fronte degli stipendi dove “occorre evitare che il processo di formazione dei salari e dei prezzi risenta di effetti di secondo impatto generalizzati connessi al rincaro dei prodotti energetici e alimentari. Tutte le parti - conclude la Bce - coinvolte, nei settori sia pubblico che privato, devono mostrare senso di responsabilità in merito”. Questo, purtroppo, a costo di non arrivare più alla fine del mese, come capita nel nostro Paese, dove già prima dell’attuale fenomeno di crescita dei prezzi c’erano problemi in tal senso. Senza considerare che è stato accertato che gli stipendi italiani sono circa allo stesso livello da 15 anni ed il potere d’acquisto della popolazione è ai minimi termini. Lo dimostrano anche i dati sui consumi interni del nostro Paese.
Sul fronte dell’espansione economica europea, la Bce conferma le aspettative negative. La crescita dell’area euro rimane “moderata” e “prevalgono rischi al ribasso”. Francoforte afferma che i rischi maggiori sono legati “all’effetto frenante su consumi e investimenti di ulteriori rincari imprevisti dei prodotti energetici e alimentari”, ma anche “dal perdurare della crisi dei mutui e dal manifestarsi di possibili spinte protezionistiche”.
Tendenza, quest’ultima, che è una naturale conseguenza di una crisi economica che, se si aggraverà, farà scaturire un’inevitabile effetto protettivo da parte nei Paesi.
Senza crescita, poi, anche la stabilità delle finanze statali potrebbe risultare compromessa. “Gli obiettivi di risanamento dei conti pubblici rischiano di non essere raggiunti in diversi Paesi dell’area dell’euro. Inoltre - si legge nel rapporto - vi è una maggiore probabilità che i disavanzi si avvicinino o persino superino il valore di riferimento del 3% del pil”. Il Consiglio direttivo, comunque, “ribadisce pertanto il suo forte sostegno a favore di una rigorosa attuazione dei bilanci pubblici dei Paesi dell’area nel 2008 e di programmi di politica fiscale prudenti per il 2009, in linea con l’accordo preso dall’Eurogruppo lo scorso maggio”. Il perdurare della crisi, però, rende difficile tener fede all’intesa, considerando anche che gli investimenti pubblici sono uno dei metodi possibili per uscire fuori da una crisi economica.
Alle pedanti raccomandazioni della banca centrale europea, ha nuovamente risposto il presidente francese Sarkozy, questa volta in veste di presidente di turno Ue. Tornando a criticare la forte opposizione della Bce a qualsiasi tipo di discussione con gli Stati membri dell’Euro, il rappresentante dell’Eliseo ha risposto con fermezza. In Europa “si deve poter discutere di tutto, dalla politica monetaria alla politica di cambio, fino alla politica commerciale, senza pensare che qualcuno abbia la verità in tasca”, ha affermato Sarkozy di fronte all’Europarlamento.
Riferendosi a Francoforte, il presidente transalpino ha inoltre affermato che la discussione “è necessaria” senza per questo voler “mettere in causa la sua indipendenza”.
Sarkozy ha comunque reiterato la sua critica di fondo alla Banca centrale europea, pur senza toni aspri. “Dobbiamo pure interrogarci se è ragionevole portare i tassi al 4,25% quando negli Stati Uniti sono al 2%”. L’amento della differenza fra tassi europei e statunitensi, non farebbe altro che aumentare il divario di valore fra le due monete che contribuisce a indebolire ulteriormente il dollaro, aumentando la propensione verso l’alto dei costi del petrolio e, di conseguenza, anche dell’inflazione. Una dinamica controproducente per il contenimento del rialzo dei prezzi, prima missione della Bce. Il dibattito in Europa su questi argomenti, secondo Sarkozy, deve essere “tranquillo” visto che nessuno ha la verità in tasca, “neppure gli specialisti, che devono dimostrare la giustezza delle loro asserzioni”, invitando dunque a spendere il loro tempo in modo più costruttivo che a ripetere incessantemente raccomandazioni ambigue. Sulle politiche commerciali Sarkozy ha detto di essere contrario al protezionismo, ma ha indicato che una delle priorità della presidenza francese della Ue, per tutto il secondo semestre dell’anno, sarà di assicurare l’equilibrio di condizioni in cui lavorano le imprese.
Indubbiamente, sarebbe impensabile in uno scenario ancora più catastrofico per l’economia mondiale, cosa non così improbabile, non correre ai ripari soltanto per difendere l’ideale del liberismo incondizionato: oggi più che mai, questo tipo di approccio all’economia è messo in discussione, viste le innumerevoli ripercussioni negative di tale sistema economico selvaggio nel mondo.