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Adriano, l’imperatore intellettuale

di Franco Cardini - 17/07/2008

  
In occasione della mostra Hadrian. Empire and Conflit, che aprirà il 24 luglio al British Museum di Londra, Franco Cardini ricostruisce la figura e l’opera dell’imperatore Adriano, che governò dal 117 al 138 d.C.
Per Cardini, Adriano è una figura capitale nella storia imperiale di Roma, a cui si deve la lungimirante scelta di interrompere le guerre di espansione, abbandonare le ultime conquiste di Traiano, il suo predecessore, e volgersi al consolidamento militare e amministrativo dell’amplissimo impero.
Adriano viaggiò moltissimo lungo tutte le terre controllate da Roma per soddisfare i suoi interessi culturali e scientifici: fu infatti un grande amante della cultura ellenica e in particolare della filosofia stoica.


Siamo abituati forse un po’ troppo a considerare l’imperatore Adriano attraverso il capolavoro di Marguerite Yourcenar, che tuttavia ha se non altro contribuito a modificare un’immagine troppo strettamente legata alla ‘leggenda nera’ di colui ch’era ricordato anzitutto come un feroce persecutore dei cristiani e come il tiranno che aveva ordinato la distruzione totale di Gerusalemme, profanandone il santo suolo con l’edificazione blasfema, al di sopra delle sue rovine, della pagana Aelia Capitolina. Certo, nella tradizione sia ebraica sia cristiana egli è restato nei secoli come l’immagine d’un nemico di Dio o d’un Anticristo. Ma la storia impone di continuo la revisione dei giudizi acquisiti. Specie di quelli fondati su una totalizzante damnatio memoriae. Certo, molte sono le ombre che si addensano su Cesare Traiano Adriano Augusto, imperatore di Roma dal 117 al 138 d. C., anno della sua morte. Se ne ricordano l’amore sfrenato per il lusso e le dissolutezze: simbolo di tutto ciò è Antinoo, il suo giovane e bellissimo amante tragicamente scomparso e in onore del quale l’imperatore fondò la città di Antinoe. [...] Publio Alio Adriano era nato in Spagna nel 76 da una famiglia dell’aristocrazia provinciale imparentata con il suo conterraneo Traiano, che fu anche il suo protettore e maestro. Egli difatti gli succedette, nominato da lui stesso durante la spedizione in Oriente che ne vide la scomparsa. Ma il quarantenne neoimperatore impresse alla storia di Roma un deciso rovesciamento d’indirizzo. Se Traiano era stato protagonista della massima dilatazione dell’impero, le sue continue campagne militari avevano dimostrato che era ormai impossibile continuare su quella linea. Adriano fu l’intelligente e spregiudicato interprete d’un irreversibile e ormai necessario mutamento di rotta. Con lui, l’età delle conquiste si chiuse e si avviò quella del consolidamento delle conquiste. Ciò dette ad alcuni studiosi occasione per presentare il ‘corrotto’ Adriano come l’iniziatore della decadenza dell’impero, contrapponendolo al virtuoso Traiano, «deliciae humanis generis». Nulla di più falso e ingiusto.
Proprio perché allievo del suo predecessore, alla memoria del quale fu sempre devotissimo, Adriano si rese conto che era ormai giunta l’ora di voltar pagina: abbandonò la Mesopotamia, conquista recente e prestigiosa ma indifendibile, e preferì far dell’Armenia uno Stato vassallo anziché assoggettarla direttamente a Roma, col rischio di nuovi turbolenti confini da difendere. Non esitò a stroncare brutalmente la seconda rivolta giudaica e a distruggere Gerusalemme, nel 135, ma comprese che il dominio di Roma contrapposto all’impero partico degli Arsacidi non poteva estendersi al di là del Giordano; al tempo stesso, si preoccupò anche dei lontani confini nordoccidentali dell’impero, costruendo tra 122 e 128 un vallum lungo 120 chilometri nel nord della Britannia, l’attuale Inghilterra. [...]
Adriano fu un grande viaggiatore, ben più di altri cesari ch’erano pur stati a loro volta tali. Dal 121 al 134 si mosse instancabilmente dall’Europa occidentale all’area danubiana, alla Grecia, alla Mauritania, all’Egitto, al Vicino Oriente. Scalò l’Etna, navigò il Nilo, conobbe e praticò ogni forma di curiosità geografica e scientifica. Fu uno degli imperatori romani più sensibili all’antica cultura ellenica: restaurò molti monumenti greci, tributò un culto commosso alle memorie di Pericle e di Alcibiade. Ma al tempo stesso si dimostrò molto attento alle culture passate e presenti nel mondo orientale, dall’antico Egitto all’esperienza imperiale persiano- partica: e, pur non abbandonando la tradizione traianea di profondo rispetto per il Senato romano, impresse al culto sacro del sovrano una spinta che si sarebbe rivelata fondamentale nel secolo successivo, con il ‘monoteismo solare’ della dinastia dei Severi. [...]
I primi segni d’una malattia allora incurabile si manifestarono nel 134. Allora l’imperatore pose fine ai suoi viaggi, edificò a Tivoli la splendida Villa Adriana che concepì come una specie di ‘copia in scala’ dell’impero con i suoi principali movimenti e cominciò ad erigere a Roma il suo immenso monumento funebre, ispirato al Mausoleo edificato nel IV secolo a. C. ad Alicarnasso. Nella ‘Mole Adriana’, oggi Castel Sant’Angelo, si fece seppellire alla sua morte, avvenuta nel 138 nella dolce Baia, dove si era ritirato per le estreme cure mediche. La sua camera funebre circolare, con la commovente iscrizione dedicata all’«animula vagula blandula», testimonia la sua fede neoplatonico-stoica. Aveva scelto come successore un senatore, Giulio Aurelio Antonino, raccomandandogli il giovanissimo nipote Marco Aurelio, per il quale nutriva molto affetto. Una prova di più della sua intelligente lungimiranza.

La mostra Hadrian. Empire and Conflit sarà allestita presso la Round Reading Room del British Museum di Londra dal 24 luglio al 26 ottobre.