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Quando l’Italia diceva: largo ai giovani

di Angelo d'Orsi - 17/07/2008

Fu davvero la cultura fascista a generare, involontariamente, la coscienza antifascista? Prendendo spunto dalle nuove ricerche e, in particolare, dal libro di Simone Duranti Lo spirito gregario, Angelo d’Orsi rigetta questa tesi e ribadisce il carattere totalitario del regime fascista.
Secondo Duranti i Gruppi Universitari Fascisti, a lungo visti dalla storiografia come luoghi di contestazione al regime da cui nacque l’antifascismo, furono invece solo uno «sfogatoio delle velleità di contestazione dall’interno». Per d’Orsi, l’illusione di libertà presente nei Guf generava un conformismo di fondo che rendeva quelle associazioni un perfetto mezzo di costruzione del consenso al regime fascista.


Che la cultura fascista sia un tema da prendere sul serio, oggi forse non lo negherebbe più nemmeno Norberto Bobbio, se ancora fosse con noi. Che quella cultura sia stata costruita con l’attiva complicità di centinaia di intellettuali militanti e funzionari, ai fini dell’edificazione del consenso al regime e al suo duce, in primo luogo, è pure un dato acquisito. Ma la storiografia procede per approssimazioni, revisioni (tutt’altra faccenda dal revisionismo, che è una pratica ideologica), aggiunte, correzioni: è l’accesso a nuove fonti, o la capacità di porre domande nuove a fonti già conosciute che consente questo incessante lavorio.
A proposito di cultura, a lungo abbiamo sentito e letto dai testimoni, ma anche da studiosi che in fondo ne riproponevano le interpretazioni autogiustificazioniste, che fu il fascismo stesso a creare l’antifascismo, involontariamente, per così dire, attraverso alcune istituzioni che mettevano a contatto i giovani, e inevitabilmente, favorivano lo scambio di idee, suggerivano domande, eccitavano inquietudini. I Guf, i Gruppi Universitari Fascisti, furono il più importante di questi «semenzai» di antifascismo, il centro per antonomasia della «fronda» interna, e il protagonista di questa vicenda fu Giuseppe Bottai, il «fascista critico», l’uomo «che avrebbe voluto portare l’intelligenza nel fascismo e il fascismo all’intelligenza», per citare un chilometrico sottotitolo di una biografia di Giordano Bruno Guerri che avviò trent’anni or sono la rivalutazione del gerarca. [...]
Ora Guerri cura una riedizione delle memorie di Bottai, Vent’anni e un giorno, dotandola di un nuovo saggio introduttivo, in cui insiste nella presentazione di un uomo coerente e onesto, sconfitto dalle circostanze, ma che ci avrebbe fornito una testimonianza preziosa, con la sua vita, di un «impegno civile, politico, culturale e umano». Mah! Tutt’altro è il quadro che emerge dalle ricerche storiche più recenti sull’azione bottaiana, sulla politica culturale del regime e in specie sui Guf. Dopo l’innovativa Storia dei Guf di Luca La Rovere - ora in uscita sempre per Bollati Boringhieri con L’eredità del fascismo. Gli intellettuali, i giovani e la transizione al postfascismo (1943-1948) - un altro giovane ricercatore, Simone Duranti, ci ha offerto sul tema un saggio, anch’esso assai pregevole e innovativo [...]. Se La Rovere si è dedicato alle strutture istituzionali, Duranti studia le parole d’ordine, i messaggi, gli individui che li creavano e i media che quei messaggi veicolavano. Ne emerge un panorama di grande ricchezza e interesse, che copre tutta la Penisola: dalla Sicilia alla Lombardia, da Roma a Bari, da Napoli a Bologna. Contrastando l’interpretazione a lungo prevalsa [...] il fascismo colto dei «gufini» non appare meno rude e spesso rozzo e volgare, meno grave nelle sue conseguenze, meno pesante, insomma, del fascismo «muscolare» espresso dallo squadrismo vecchio e nuovo. Pur nelle aporie e incertezze inevitabili in un insieme assai ampio e variegato, emerge una complessiva unidirezionalità e chiarezza del progetto che orientava queste strutture. Non fucina di antifascismo (naturalmente accadde, ma del tutto episodicamente), ma camera di compensazione e sfogatoio delle velleità di contestazione dall’interno e di razionalizzazione dello «ius murmurandi» che ogni tirannia concede ai sudditi; non luogo di libertà, ma veicolo di creazione e di convincimento di una falsa libertà, quella dell’obbedienza assoluta al Capo e al Partito; non centro di produzione di una cultura liberata, dunque,ma macchina di propaganda che indottrinava e piallava le intelligenze, inducendole a un sostanziale conformismo, in cambio dell’ottenimento di spazi: era l’esito del tanto conclamato«largo ai giovani» . Alcuni, a dispetto di tutto ciò, seppero resistere, ma nel rapporto tra i Guf e il Pnf, non una «contraddizione», vede l’autore, ma piuttosto una continua «contrattazione» per ottenere il maggiore spazio possibile per le ambizioni di quei giovani, con la conseguente richiesta di accesso alle leve del potere, e le resistenze di questo, che mai abbandonò la forza e la volontà di un ferreo controllo. In definitiva, questo importante lavoro conferma che i Guf furono null’altro che un potente mezzo di costruzione del consenso, volto a formare (ossia conformare) «l’italiano di Mussolini», che tanto il duce, quanto i gerarchi, dall’intelligente Bottai al becero Starace,avevano in mente. Una manifestazione, se ve ne fosse ancora bisogno, della natura non casualmente, né secondariamente totalitaria del regime mussoliniano: e su questo, opportuna giunge la riedizione del libro di Emilio Gentile, che spiega in modo convincente la natura del fascismo, i tratti che possono eventualmente accomunarlo ad altri analoghi regimi politici,ma anche la sua irriducibile specificità, all’insegna di un «disordine» dall’alto, una sorta di laboratorio permanente di mobilitazione di massa, con un costante e via via crescente controllo della società, in ogni suo aspetto, dalla politica interna a quella estera, dall’economia alla cultura, ivi compresa l’antropologia degli italiani. Che i risultati non corrisposero alle aspettative è un altro fatto, ma le intenzioni e lo sforzo costante fu precisamente volto a costruire un ossessivo esperimento di «rivoluzione» integrale e permanente, con una incessante espansione del potere supremo, quello politico, sulla vita degli individui.

Simone Duranti, Lo spirito gregario. I gruppi universitari fascisti tra politica e propaganda (1930-1940), Donzelli 2008, pp. 403, € 27.
Giuseppe Bottai, Vent’anni e un giorno, Rizzoli Bur 2008, pp. 302, € 10,20.
Emilio Gentile, La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime Fascista, Carocci 2008, pp. 421, € 26,50.