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Meno crescita? Meglio

di Alessandro Marmiroli - 18/07/2008

     

 

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“C’è un problema di domanda interna molto forte e questo fa sì che l’Italia cresca poco”. Così commenta Mrs Confindustria, Emma Marcegaglia, i dati in discesa sui consumi degli italiani, e la soluzione proposta è la solita: stimolare i consumi per favorire la ripresa industriale.
Dobbiamo spendere i nostri soldi per far marciare le loro fabbriche, non per soddisfare i nostri bisogni (che sarebbe il  motivo che la teoria economica dominante attribuisce ai consumi).
E’ il mito della crescita, più importante di ogni altra cosa, della competitività da mantenere ad ogni costo che richiede continui sacrifici da parte dei  lavoratori, e pazienza se di fronte a un calo quasi generalizzato dei salari reali, dal Sole 24 Ore apprendiamo che vi è stata negli ultimi anni un’impennata dei redditi dei top manager che ha sfiorato il 50%. Ma sacrificarsi un po’ anche loro no?
I giornali lamentano cifre in discesa nei consumi di quasi tutti i beni, dall’abbigliamento alle riviste, dagli alimenti alle vacanze. Queste cifre negative rappresentano la fine del nostro (illusorio secondo noi) benessere? E se rappresentassero l’inizio di qualcosa di nuovo, della decrescita felice magari?
Smettendo di credere al mito indottoci “più consumi più sei felice”, non pensando alla congiuntura economica strappandoci i capelli ma valutandola con razionalità, troviamo dei vantaggi.
Meno spese per abbigliamento e gioielli, bene: il distacco dagli status symbol, abiti griffati e accessori costosi, un primo passo per allontanarsi dal consumismo rimbecillente - rinunciandovi per forza si capirà che non servono a un tubo.
La minor spesa per alimenti al supermarket è uno stimolo all’autoproduzione casalinga di frutta e ortaggi (per chi ha il giardino ovviamente...), è un incentivo a smettere di importare alimenti prodotti a centinaia di chilometri il cui trasporto fa lievitare il prezzo, uno stimolo a riscoprire le produzioni gastronomiche locali tramite i gruppi di acquisto solidale, Farmers Market e ssistemi di approvvigionamento alimentare a filiera zero (dal produttore al consumatore).
Il periodo di vacche magre porterà la massaia che va a far la spesa a lasciar sullo scaffale il cibo spazzatura (junk food) dando la necessaria precedenza ad alimenti di base, spendendo meno e mangiando meglio.
Meno soldi per entertainment e divertimenti insulsi faranno sì che più persone trascorrano il loro tempo libero all’aperto, piuttosto che chiusi in casa davanti al televisore, guadagnando in salute e in relazioni sociali.
Benzina costosa: meno viaggi e meno inquinamento con riscoperta del territorio d’appartenenza e delle bellezze locali, con minore spesa e in più un utile supporto all’economia locale.
Non ci vuole molto perché ognuno, ragionando su ciò di cui ha davvero bisogno e ciò che non può più permettersi, trovi al fine che la situazione non è cosi tragica. E cominci a immaginare e costruire, ognuno nel suo piccolo, una propria “way of life” più equilibrata e più umana.