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Le Porte del Mediterraneo alle… porte di Torino

di Sara Rossino* - 18/07/2008




Le porte del Mediterraneo si sono aperte alla città di Rivoli.
La mostra che porta questo nome è e sarà fino al 29 settembre un’imperdibile occasione offerta ai rivolesi e a tutti coloro che la visiteranno per varcare una soglia che sarebbe davvero un peccato non varcare.
Stiamo parlando della soglia che ci conduce, o almeno ci avvicina alla conoscenza di mondi, culture, storie, paesi, persone che fanno parte di quel “mondo Mediterraneo” a cui spesso dimentichiamo di appartenere.
Da qualche anno a questa parte sentiamo parlare continuamente in modo spesso errato, superficiale e non pertinente di popoli, paesi e culture che, proprio per questo motivo, ci sembrano inevitabilmente lontani dal nostro comune “europeo” modo di considerare il mondo. Troppo spesso paesi come quelli del Medio Oriente e del Nord Africa svolgono nel nostro immaginario la funzione di sfondo a fatti di cronaca, sono i luoghi di provenienza di persone di cui abbiamo spesso paura e di cui sappiamo molto poco, ma quanto basta per richiamare alla mente parole come terrorismo, integralismo, arretratezza, disagio, guerra, fame, morte. Come se questi paesi fossero caratterizzati soltanto da tali realtà e la loro esistenza si riducesse agli eventi che noi europei conosciamo.
Senza contare che troppo spesso dimentichiamo che è esistita ed ancora esiste una cultura mediterranea che, sebbene ricca, variegata e multiforme, presenta tratti comuni e percorsi intrecciati che basterebbero a farci sentire meno spaesati ed impauriti di fronte a realtà che ci appaiono lontane, ma non lo sono.
Non è questo il luogo per tentare un abbozzo della storia e delle culture dei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, per altro estremamente eterogenee e complesse. Troppi sarebbero gli elementi da valutare, pesare, conoscere, esaminare per riscire a delineare un’immagine realistica e veritiera dei nostri “vicini di mare”.
Ci basti qui dire che spesso sarebbe sufficiente riconoscere la nostra ignoranza riguardo ad una materia davvero molto complessa e non riducibile a pochi stereotipi comodi e facilmente riconoscibili. Sarebbe sufficiente ammettere di saperne davvero troppo poco per poter capire e giudicare realtà contemporanee così variegate e eterogenee e quindi sospendere il giudizio e attendere di avere l’occasione di sperimentarne personalmente anche solo una piccola parte.
La mostra ospitata a Rivoli offre tale occasione.

Nella sezione storica dal titolo Viaggiatori e artisti piemontesi alla scoperta del mare Nostrum, ospitata alla Casa del Conte Verde, oltre ai lavori di importanti artisti del XVIII e XIX secolo come Giacomo Pregliasco, Luigi Canina, Massimo D’Azeglio, Alberto Pasini, Alberto Rossi e molti altri che dedicarono al Mediterraneo la propria attenzione di pittori e disegnatori, testimoniando un interesse antico, questa parte della mostra offre altri due importanti spunti di riflessione.
Si incontra l’originale esperienza di un aristocratico monferrino, Carlo Vidua, che per primo in Piemonte visitò i paesi del Medio Oriente con l’occhio curioso ed attento del viaggiatore e con l’unico scopo di fare esperienza di mondi che non conosceva. L’itinerario del conte casalese fu estremamente complesso, tanto da essere ardito anche per un viaggiatore contemporaneo.
Benché appartenente ad una cultura e ad una società estremamente legate alle proprie credenze e tradizioni, benché profondamente consapevole e fiero della propira condizione di aristocraico cattolico piemontese, il conte di Conzano non esitò a partire per esplorare luoghi che pochi prima di lui avevano esplorato. Spinto da una profonda e vivace curiosità e da un’irrequietezza d’animo sintomatica di un’epoca in profondo cambiamento, egli lasciò la monotona e chiusa vita di provincia e visitò paesi come la Turchia, l’Egitto, spingendosi fino in Nubia, la Siria, il Libano adattandosi in modo estremamente moderno alle difficili condizioni di viaggio e agli incontri, a volte anche spiacevoli, con la gente del luogo. Nonostante la scarsa considerazione dei “barbari” Musulmani, il conte Vidua è un esempio di intelligenza e curiosità che spingono l’uomo a superare i propri limiti personali, per entrare in contatto con l’”altro”, il “diverso da sé”, fosse anche solo per averne conoscenza.

Altro itinerario interessante è quello porposto nella parte fotografica dedicata ai minatori canavesani emigrati in Egitto nei primi decenni del Novecento, per lavorare come manodopera qualificata nelle miniere della Società Egiziana dei Fosfati.
Si tratta di un esempio di emigrazione fortunata e di integrazione ben riuscita, perché le fotografie e i documenti ci mostrano una piccola società di dirigenti e coordinatori dei lavori con le loro famiglie, in condizioni di benessere, perfettamente ambientati ed inseriti nei luoghi di arrivo.
Un caso di emigrazione al contrario rispetto a quella della nostra epoca, con caratteristiche molto diverse, che può però ricordarci come gli italiani siano stati tra i primi a lasciare la propria terra d’origine per recarsi in paesi lontani e poco conosciuti, nel momento in cui la necessità lo richiedeva.

Seguendo le Rotte dell’arte contemporanea si giunge a Palazzo Piozzo, sede della seconda parte della mostra. Entrando dal grande portone di legno dell’antico palazzo rivolese e esplorando le 17 sale che compongono il percorso espositivo, si ha davvero la possibilità di compiere un viaggio nel Mediterraneo contemporaneo, in un modo davvero insolito e che non può lasciare indifferenti.
I 17 artisti internazionali chiamati a riflettere sul concetto di “porta, confine, limite, soglia” hanno prodotto, alcuni appositamente per la sede di Palazzo Piozzo, opere dall’alto livello qualitativo e dal profondo impatto emotivo ed intellettuale.
Chi non è abituato ad entrare in contatto con l’arte contemporanea potrebbe in un primo momento ritrovarsi spaesato, smarrito nel complesso ed eterogeneo percorso di video, dipinti, fotografie, istallazioni. Ma sono la pazienza e l’osservazione attenta, accompagnate da una certa libertà percettiva ed emotiva, che permettono di cogliere i molteplici significati che le varie opere in mostra possono e vogliono comunicare. E’ soltanto lasciando l’ochio, la mente ed il cuore liberi di farsi colpire dalle multiformi espressioni che si succedono nel percorso della mostra che si può cogliere quel messaggio nascosto ma penetrante, sottile ma intenso che i 17 artisti hanno voluto regalarci.
Nel nostro cammino verso la modernità spesso dimentichiamo che le nazioni, le culture, le religioni, oltre ad essere sovrastrutture che ci accompagnano dalla nascita per tutto il corso della nostra vita, sono contenitori di persone. Essi hanno senso e ragion d’esistere solo in quanto sono costituite da individui.
In un’epoca in cui “globalizzazione” è il concetto più abusato e che sentiamo citare maggiormente senza comprenderne veramente il significato, non siamo più abituati a pensare in termini di individuo, essere umano, unico e distinto da coloro che gli stanno attorno. La società di massa ci porta a ragionare in termini di utilità globale, uniformazione degli interessi e degli obbiettivi, ci allontana dall’abitudine di considerare l’individuo per il valore che ha.
Quale strumento migliore dell’arte, dunque, per ricondurci ad una dimensione più “umana”?
L’artista in quanto tale ha valore individuale, è considerato dalla società per il valore che ha come individuo dotato della capacità di comunicare concetti, emozioni, valori attraverso le opere tangibili che produce.
E’ quindi attraverso le porte aperte sulle storie e le esperienze di questi 17 artisti “mediterranei” che possiamo incontrare, sulla soglia, degli individui provenienti da mondi e culture estremamente complessi, spesso problematici, lontani dal nostro mondo e che spesso conosciamo solo per le notizie di cronaca che ci bombardano da telegiornali e quotidiani.
Abbandonando stereotipi e convenzioni sia velatamente razzisti che ostentatamente buonisti, rinunciando a preconcetti che tutti, in qualche modo, possediamo, l’incontro con questi 17 artisti-individui, ci permette di assumere uno dei tanti possibili punti di osservazione sul Mediterraneo contemporaneo, le sue problematiche, le sue contraddizioni, le sue diverse realtà.
Ogni individuo percepisce e vive il mondo che lo circonda in modo personale e “interno”, in quanto la visione che possiede è quella di chi fa parte di quel contesto, di quella realà, e non è in grado di analizzarla e giudicarla dall’esterno, a meno che non vi si allontani. Inoltre le vicende storiche e gli scenari che costituiscono il contesto in cui un individuo vive, si intrecciano con il suo vissuto personale, fatto di azioni, sentimenti, scelte, errori, vittorie e delusioni, sofferenza e soddisfazioni.
Questo accade a noi, italiani, pimontesi, torinesi, rivolesi, ma anche a chi vive in città come Gerusalemme, Beirut, Il Cairo, Belgrado.
Il punto di osservazione è lo stesso, quello interno di chi è cresciuto in quella realtà e si è abituato a viverla in un determinato modo, adottando meccanismi e strategie di sopravvivenza adatte a quel contesto.
La maggiore complessità di alcune realtà aumenta la quantità di elementi che l’individuo deve valutare e di cui deve tenere conto nel proprio cammino personale. La guerra, l’esilio, l’isolamento così come la sofferenza, il lutto, la perdita costringono l’essere umano ad affinare e perfezionare la propria sensibilità e la propria percezione, portandolo ad attivare strategie di sopravvivenza più articolate e duttili.
Quello che cambia è il risultato prodotto da chi osserva la propria realtà con una sensibilità “artistica”, creativa. Un artista ha la possiblitià di cogliere elementi della propria esperienza e di interpretarli o semplicemente esprimerli in un modo diverso, più efficace, poiché possiede gli strumenti dell’arte.
Tale risultato artistico sarà quindi un importante squarcio su una realtà geografica e storica, su una condizione precisa e vissuta in modo diretto, ma tutto ciò non potrà essere separato dalla componente profondamente individuale, soggettiva dell’esperienza personale. L’opera d’arte sarà testimonianza di un contesto attraverso il filtro del vissuto, che porta inevitabilmente con sé i sentimenti, gli stati d’animo, le paure, i dubbi, le perplessità dell’individuo che sta dietro ad ogni artista.
Gli artisti che fanno parte della mostra “Le porte del Mediterraneo” sono stati invitati dalla curatrice Martina Corgnati a riflettere attraverso un’opera sul concetto di “porta”, inteso in tutte le sue possibili accezioni. Ovviamente a tale concetto si è affiancata l’idea del Mediterraneo, esso stesso porta, tramite, confine, limite, veicolo per persone, storie e culture. Proveniendo da differenti realtà europee, mediorientali e nordafricane, i diversi artisti hanno interpretato questa doppia proposta in modo personale, portando con sé il proprio bagaglio di esperienze nazionali ed individuali.
Ogni opera offre quindi la possibilità di affacciarsi per un attimo su un mondo unico, allo stesso tempo pubblico e privato, contingente e universale, perché consiste nella realizzazione concreta di tutto quello che caratterizza la vita di un essere umano.
Le storie che stanno dietro le diverse opere sono molte. Alcune più manifeste, altre meno, alcune intense, struggenti, altre più lievi e divertenti. Alcune si percepiscono, emanano dall’opera come un profumo, altre restano nascoste. Tutte sono storie di individui che hanno scelto questa forma espressiva per comunicare con noi, che oggi abbiamo il privilegio di osservare le opere in mostra.
Uscendo dal portone al termine del percorso ci si potrà chiedere cosa abbia voluto comunicare quell’artista, quale fosse il significato di quell’opera. Probabilmente alcuni messaggi resteranno indecifrati e per altri ci vorranno visioni ulteriori.
Quello che può e deve rimanere al termine della visita, al di là delle interpretazioni e delle spiegazioni, è che l’arte contemporanea, questa forma di comunicazione spesso criptica e di difficile interpretazione, può essere il territorio di incontro e di scambio di esperienze, può essere il momento in cui esseri umani che apparentemente non hanno nulla in comune si riconoscono simili in quanto individui, uomini e donne che tentano in qualche modo, con gli strumenti che possiedono, di dare un significato a ciò che vivono.
L’arte è un terreno di incontro in cui la comunicazione avviene attraverso un linguaggio comune, che tutti sono in grado di comprendere.
Allora, dopo questo incontro, sarà più facile aprire le porte che separano e allontanano, sarà più naturale varcare la soglia, per scoprirsi marinai in viaggio sulle onde di uno stesso mare.


"Le Porte del Mediterraneo"
Rivoli (TO), Palazzo Piozzo - Casa del Conte Verde
23 aprile - 28 settembre 2008
orari:
da mar a ven: 15-19
sab e dom: 10-13 15-19


* Sara Rossino è laureanda in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Torino (indirizzo arabo) ed ha lavorato nell’ambito della mostra “le Porte del Mediterraneo”.