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Ah, la cattedra

di Mattia Feltri - 21/07/2008

 

 
Cuore di babbo sa tutto: se il suo ragazzo crolla, la colpa è della storia. Non tanto della materia - magari anche - ma specialmente della povera storia nostra, dell’Unità d’Italia imposta e vessatrice. La Padania versa uova d’oro a Roma ladrona, e ne riceve insegnanti meridionali.

Insegnanti che tutto conoscono di Luigi Pirandello e nulla di Carlo Cattaneo; chi si ribella, muore. I nostri giovani, per esempio, dice Umberto Bossi. Uno osò, giustappunto, presentare all’esame di maturità una tesina sul gran federalista, e ne guadagnò una bocciatura. Quell’uno è Renzo, figlio di Bossi, al secondo fallimento consecutivo. Per quest’anno ha redatto uno studio titolato su «La valorizzazione romantica dell’appartenenza e delle identità». Non era un somaro, sostiene Bossi, ma una vittima del centralismo.

Renzo non si affligga. Ha un ottimo avvocato, e non sempre la scuola sa misurare la gente d’ingegno. L’esempio più illustre, il giovanotto l’ha in casa. La carriera da studente del padre è qualcosa di spettacolare. Frequentò le medie e si iscrisse allo “Stanislao Cannizzaro” di Rho, istituto tecnico per periti chimici. Sono gli anni in cui - come scrisse Gianantonio Stella in «Tribù» - Bossi si allontanò dall’etica severa dei genitori e dalla weltanschauung del mondo agricolo. Anni da scapestrato e donnaiolo. Tanto è vero che non si diplomò. Ma siccome i ciuchi finiscono in catene, Bossi non abbandonò l’idea di scalare le vette del sapere: «La prima tappa della mia marcia d’avvicinamento alla cultura fu la scuola Radio Elettra di Torino».

La tappa determinante fu la successiva: venticinquenne, si iscrisse a una scuola privata, e quasi trentenne intascò il diploma scientifico. Non soddisfatto, Bossi provò a diventar dottore, e si cimentò nei corsi di Medicina. Nell’aprile del 1975, l’attempato studente potè infine calzare l’alloro: «Decidemmo di sposarci in agosto. In aprile Umberto diede a tutti la grande notizia: mi sono laureato, presto avrò un impiego come medico. Non facemmo nessuna festa, ma corsi a comprargli un regalo, la classica valigetta in pelle marrone», ricordò intervistata da «Oggi» la prima moglie, Gigliola Guidali. La qual Gigliola, tempo dopo, fiutò la balla. E Umberto, che tutte le mattine usciva di casa destinato allo stetoscopio, confessò: «E’ vero, ma è questione di sei mesi. Poi sarò dottore».

I mesi diventarono anni, e sette per la precisione. Trascorsi i quali, perduta la moglie causa divorzio, Bossi condusse la madre a Pavia per la trionfale discussione della tesi; la genitrice, però, attese in auto e le parve sufficiente. Insomma, il babbo di Renzo fece prima a guadagnarsi il titolo di senatore, nel 1987, quando risultava ancora iscritto all’Università. Ma siccome non sono i pezzi di carta a fare la caratura, non è in ragione della tormentata avventura scolastica se a Bossi capita di sostenere, per esempio, che Giulio Cesare fu il primo padano. Le responsabilità risiedono nello slancio politico del gran capo nordista, che qualche volta evolve in orgasmo oratorio. Gli capitò, infatti, di addebitare a Giuseppe Garibaldi la tragica annessione del Lombardo-veneto al Regno d’Italia. Ernesto Galli della Loggia (ma sarebbe bastato un maestrino qualsiasi, e di qualsiasi provenienza) gli fece notare che la faccenda era dipesa dalla Prussia, alleata dei Savoia e vincitrice sull’Austria.

Fa niente. Un inciampo capita a chiunque. Il punto è che la famiglia Bossi certe questioni le ha nel sangue. E infatti la seconda sposa di Umberto, la calabrese Manuele Marrone, ha fondato a Calcinate del Pesce, in provincia di Varese, la scuola lombarda «Bosina», che significa «varesina». E’ una elementare e media con tutti i crismi, e i programmi seguiti sono quelli ministeriali. Ma con un deciso scrupolo nell’insegnamento del dialetto e delle tradizioni locali. La matematica si chiama etnomatematica, e la pedagogia si chiama etnopedagogia. Gli scolari vanno nei boschi a conoscere le specie di alberi del varesotto. E quando sono sui banchi, studiano la Seconda guerra d’indipendenza, la Prussia e Garibaldi.