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Argentina: le oligarchie mercatiste fermano Cristina Fernández Kirchner

di Siro Asinelli - 21/07/2008

 



Il Senato argentino ha sorprendentemente rigettato la “Resolución 125” con cui il governo aveva rimesso nelle mani del Congresso la decisione sull’introduzione di aumenti sui dazi doganali relativi alle esportazioni di prodotti alimentari chiave dell’agricoltura. Una sconfitta pesante che segna una battuta di arresto per il piano anti inflazione messo a punto dall’esecutivo e dalla presidenza e che da quattro mesi è causa di un duro confronto con le principali sigle che raggruppano produttori ed esportatori agricoli.
Il voto dei senatori è stato segnato da una defezione eccellente, quella del vice presidente argentino Julio Cobos il cui voto negativo è stato decisivo per la sconfitta del governo e del Frente para la Victoria. Una sconfitta che in molti traducono come più che un campanello di allarme per il cosiddetto “kirchnerismo”, corrente politica peronista incarnata dalla coppia presidenziale. Il voto di Cobos, oltre che sorprendente, è stato anche decisivo, perché ultimo senatore chiamato ad esprimersi quando contrari e favorevoli erano in piena parità, 36 voti a 36, dopo diciotto ore di seduta protrattesi fino alle 4 e trenta del mattino. “Credo che non serva una legge per mettere fine a questo conflitto. Che sia la storia a giudicarmi, chiederò scusa se mi sono sbagliato. Il mio voto non è positivo, il mio voto è contrario”, ha dichiarato in aula il vice di Cristina Fernández al termine di un lungo e sofferto discorso in cui ha anche chiesto ai colleghi senatori di valutare l’opportunità di ricorrere ad un nuovo dibattito parlamentare; di cercare la via per sedersi nuovamente al tavolo dei negoziati con i rappresentanti dei produttori, quegli stessi rappresentanti che per tre lunghi mesi hanno rifiutato qualsiasi dialogo con governo e Casa Rosada finendo per fare gli interessi dell’opposizione conservatrice. Con il suo voto, che non trova giustificazioni tra le fila dei suoi compagni di schieramento, Cobos ha ridato linfa a quella classe politica spazzata via dal rinnovamento del 2003, con la salita alla Casa Rosada di Néstor Kirchner, e che appena nove mesi fa, con la vittoria presidenziale di Cristina al primo turno, aveva subito un’altra sonora sconfitta. Nella sua dichiarazione di voto, Cobos ha lanciato un appello a riprendere il dialogo “senza meschinità da parte di ciascuna delle fazioni, perché il Paese ci sta guardando”. Ma di quale Argentina abbia parlato il numero due della Casa Rosada è difficile capirlo, dato che nelle ultime settimane le strade dei principali centri del Paese sono state teatro di imponenti manifestazioni popolari in favore della “Resolución 125” e contro il tentativo di destabilizzare le istituzioni da parte delle lobby conservatrici e dei loro alleati interni alla Federación Agraria, alla Sociedad Rural, alla Confederaciones Rurales Argentinas ed alla Coninagro. E la parte del meschino, a urne chiuse, sembra averla fatta proprio Cobos con il suo voltafaccia dal sapore di vero e proprio tradimento. Altri kirchneristi provati, come Teresita Quintela, o comunque vicini alle misure della Casa Rosada, come José Martínez, hanno espresso voto contrario, ma la loro posizione era risaputa e archiviata da settimane.
“La storia lo giudicherà male, ciò che ha fatto è incomprensibile”. Le prime critiche, ferme e dovute, al tradimento del vice presidente sono arrivate dal capogruppo al senato del Frente para la Victoria, Miguel Angel Pichetto. In un’intervista a Radio 10 ha sottolineato come “ognuno sia libero di esprimere le proprie opinioni”, ma al contempo ha parlato condannato senza riserve un gesto che “che non può verificarsi in nessuna democrazia”, perché, ha spiegato, “era un progetto del suo governo cui (Cobos) ha procurato un danno gravissimo”. Picchetto ha poi riferito che Cristina Fernández ha chiesto alla sua maggioranza di “rispettare la decisione del Congresso”. Da parte del suo vice nessun ripensamento: Cobos ha escluso di rimettere il suo mandato nelle mani del presidente.
Presentata dal ministero dell’Economia, la “Resolución 125” non si limitava a ratificare gli aumenti sull’esportazione di mais, grano, girasole e soia, ma prevedeva la creazione di un sistema di compensazione e reintegri per i piccoli e medi produttori già a partire dal biennio in corso 2007/2008. Ma soprattutto, come sottolineato nel corso della sua dichiarazione di voto dalla presidentessa della Commissione agricoltura del Senato, Silvia Giusti, “il progetto ha tra gli obiettivi principali quello di sganciare il mercato alimentare interno da quello estero”. Un obiettivo fondamentale per sconfiggere le speculazioni sui generi alimentari che negli ultimi anni hanno generato un’inflazione paradossale per un Paese che si attesta tra i primi produttori agricoli al mondo.