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La società «liquida» prigioniera della crisi

di Francesco Alberoni - 21/07/2008

 

Una grave crisi economica produce profonde trasformazioni nella struttura e nei valori della società. La crisi del 1929 ha messo fine ai cosiddetti «anni ruggenti». Un periodo di sviluppo economico, ma anche di liberalismo sfrenato, di disordine, di spensieratezza e di eccessi. Con la crisi sono ricomparsi lo spettro della disoccupazione, della miseria, il timore del futuro, poi le dittature e la Seconda guerra mondiale. L'attuale crisi economica non avrà un seguito così nefasto, però produrrà un profondo cambiamento del modo di vivere e di pensare degli ultimi trent'anni in cui abbiamo avuto prosperità, sviluppo del terziario, continuo aumento del tempo libero e della scolarizzazione. Perché la nostra società è molto fragile, disunita, al punto che il sociologo Bauman la chiama società liquida. Egli sottolinea che non ci sono più regole forti, si sono indebolite le Chiese, i partiti, tutti i rapporti e non solo quelli di lavoro sono diventati precari, anche nella famiglia, anche nella coppia, mentre l'educazione svanisce e prevale l'impulso immediato.

Ebbene la crisi economica, insieme alla concorrenza delle nuove potenze economiche come la Cina e l'India, potrebbe costringerci a cambiare. Perché esercitano una concorrenza terribile sulle nostre imprese, sul mercato del lavoro, e non potremo più reggere a questa pressione conservando le nostre abitudini liquide, la nostra assuefazione al pressappoco, a rinviare, a complicare, i nostri ritmi di lavoro, la nostra burocrazia pachidermica, la nostra scuola bonacciona. Le società che ci sfidano non sono liquide, sono solide, solidissime hanno smisurate ambizioni, ferrea disciplina. Resisteremo e conserveremo la nostra prosperità solo se sapremo diventare anche noi solidi. E come? Non certo rinunciando alla nostra libertà, ma con una razionalizzazione su cui tutti sono d'accordo, che consideriamo ovvia ma non facciamo. Ci servono amministrazioni pubbliche snelle, un sistema giudiziario rapido, un sistema fiscale equo, una informazione seria, una educazione rigorosa, una scuola e una università che producano altissime competenze. Occorre dare opportunità ai capaci, incominciando dalle donne oggi ancora discriminate. Dobbiamo creare una mobilitazione come se fossimo in guerra, per cui tutti fanno meglio, lavorano di più, studiano di più, inventano di più. Non ci sono più margini per i chiacchieroni, i fannulloni, i ritardatari, i cinici.