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SpyChips. Le multinazionali e i governi progettano di sorvegliare ogni nostra mossa. Ecco come

di Katherine Albrecht, Liz Maclntyre - 22/07/2008


 

Katherine Albrecht, Liz Maclntyre
SpyChips
Le multinazionali e i governi progettano di sorvegliare ogni nostra mossa. Ecco come

Arianna Editrice, Luglio 2008

Quanto è fitta la rete che controlla le nostre vite?

Secondo l’inquietante scenario descritto dalle due autrici, il Grande Fratello è ovunque: carte di credito, tessere di fedeltà, telepass, confezioni dei prodotti e simili, altro non sono che minuscole spie tecnologiche che hanno il compito di tracciare e registrare i nostri spostamenti, i nostri acquisti, le nostre tendenze sociali, alimentari e culturali. Quest’occhio indiscreto agisce per conto dell’insaziabile società di mercato, che per sopravvivere ha bisogno di sempre più dettagliate informazioni sulle nostre abitudini di consumatori. Il risultato è che siamo continuamente osservati attraverso particolari microchip chiamati RFID (Radio Frequency IDentification), una tecnologia semplice e di basso costo, della quale però non sono stati ancora sufficientemente indagati i pericoli per la salute umana.
Come salvarsi dal perverso intreccio tra marketing e tecnologia?
Il marketing si fa politica e la politica marketing, in un cortocircuito tecnocratico che insinua nelle nostre scelte individuali uno strumento sofisticatissimo di coercizione e controllo, ponendo un inquietante domanda sulla reale sostanza della libertà nelle società di mercato.

Un libro indispensabile per la tua consapevolezza!
Un’informazione completa, aggiornata e oggettiva come quella offerta dalle due autrici di questo saggio rappresenta uno strumento necessario a tua disposizione. Il volume è arricchito da un’esauriente appendice che inquadra il problema nel contesto della società italiana ed europea e delle relative legislazioni in materia.

KATHERINE ALBRECHT è fondatrice e direttrice dell’associazione CASPIAN (Consumers Against Supermarket Privacy Invasion and Numbering), va vanta numerosissimi membri in molti paesi del monfo. Imbattutasi nella questione nel corso del suo dottorato ad Harvard, la Albrecht ha finito per trasformarsi una delle più accanite sostenitrici della tutela della privacy, suscitando grazie a migliaia di conferenze e interviste l’attenzione dell’opinione pubblica circa il rischio impliciti nella tecnologia RFID e la necessità di una legislazione adeguata in materia.

LIZ MACINTYRE è la responsabile delle relazioni pubbliche della suddetta CASPIAN e si occupa inoltre delle strategie con cui vengono approntate le campagne attuate dall’associazione, alcune delle quali hanno già avuto un notevole riscontro anche sugli organi di stampa e a livello internazionale. Avendo precedentemente lavorato nel campo dell’attività bancaria, settore prestiti, la MacIntyre si è trovata perfettamente a suo agio nel corso del meticoloso lavoro di investigazione e ricerca che ha portato alla realizzazione di quest’opera, e che viene continuamente approfondito al fine di allestire nuove campagne di informazione e tutela dei consuma tori.
 
INDICE
Introduzione
Capitolo 1 - Tracciare tutto e dappertutto
Capitolo 2 - Spychips 101
Capitolo 3 – Le direttive di massima
Capitolo 4 - Una spia nelle tue scarpe
Capitolo 5 - Ehi, ti hanno appiccicato un tag sulla schiena…
Capitolo 6 - Lo zoo RFID del commercio al dettaglio
Capitolo 7 – Un nemico in casa
Capitolo 8 – Spazzatura parlante
Capitolo 9 - Sì, quello che ti parla è l’armadietto delle medicine!
Capitolo 10 - Questa è una rapina!
Capitolo 11 - Attivare la modalità sorveglianza, prego!
Capitolo 12 - Il chip che non voleva morire
Capitolo 13 - Adattarsi o morire
Capitolo 14 - Chi sarà il prossimo?
Capitolo 15 - Dove finiscono i soldi dei contribuenti?
Capitolo 16 - Uno scenario da incubo
Capitolo 17 - E adesso diciamo basta!
Epilogo
Appendice all’edizione italiana
 
ESTRATTO
A spasso nel ‘Negozio del Futuro’
I cittadini di Rheinberg, in Germania, si ritroveranno a fare da cavie in quello che la Metro e i suoi partner … speriamo possa diventare lo standard planetario nei prossimo cinque o dieci anni.
Se c’è un posto in cui l’industria degli RFID avrebbe dovuto dimostrare il tenore dei suoi standard, questo era proprio il ‘METRO Extra Future Store’ di Rheinberg, in Germania (soprattutto se si considera che qualcuso della CASPIAN, o di analoghe organizzazioni tedesche a tutela della privacy, come la FoeBuD, sarebbe infine venuto a darci un’occhiata).
Il Future Store è un po’ il palcoscenico mondiale della tecnologia RFID, con ogni genere di tag accoppiato a ogni genere di oggetto. È qui che società come l’IBM, Procter & Gamble, Gillette, NCR e Kraft, conducono i loro esperimenti su consumatori in carne e ossa, e in un negozio al cento per cento vero e funzionale. Ci sono chip spia nelle confezioni di shampo Pantene, di lamette da barba Gillette e di formaggini Philadelphia che fanno bella mostra di sé su scaffali a loro volta imbottiti di tag RFID, e non si aspetta altro che i consumatori se ne portino un po’ a casa.
La Future Store aveva acconsentito a mostrarci il loro laboratorio vivente. Sebbene l’atteggiamento fosse generalmente cordiale, la tensione che si respirava nell’aria era palpabile. Ovviamente la METRO avrebbe gradito ricevere una sorta di approvazione o riconoscimento ufficiale da parte nostra, ma alla fine le cose non sono andate per il verso giusto.
I dirigenti hanno subito voluto precisare che i tag RFID sui prodotti non rappresentavano alcun rischio per la privacy dei consumatori, giacché sarebbero stati disattivati presso un apposito chiosco dopo il loro acquisto. Ma sebbene ci avessero appena detto che il passaggio a quel chiosco avrebbe cancellato qualsiasi informazione contenuta nei tag RFID, abbiamo scoperto che dopo aver subito il cosiddetto ‘processo di disattivazione’, il numero di serie del prodotto poteva ancora essere letto fino a una distanza di un paio di metri.
Ciò di per sé rappresentava già una scoperta sufficientemente negativa, ma successivamente Katherine ha chiesto una carta di fedeltà ‘Metro Payback’ per la sua collezione, ed è lì che sono saltate fuori le magagne. Katherine studia questi aggeggi e lotta da diversianni contro i progetti che si servono di queste carte di fedeltà, e ne ha fatto l’argomento della sua tesi di dottorato ad Harvard. Ebbene, avere quella carta non è stato facile. Gli impiegati del negozio non erano autorizzati a consegnarne una, giacché c’era bisogno dell’approvazione dei loro superiori. Tutto ciò all’inizio ci è sembrato bizzarro, e non abbiamo capito per quale motivo fossero così restii a fornircene una, almeno fino alla sua conferenza sulle questioni delle privacy, tenutasi il giorno seguente a Bielefeld, in Germani a.
Non appena terminata la proiezione di diapositive che accompagnava la sua conferenza sui pericoli della tecnologia RFID, il co-responsabile della FoeBuD ha collegato un lettore RFID a 13,56 MHz al computer di cui si stava servendo, e ha proiettato l’immagine alle sue spalle. A una a una, Katherine e le sue collaboratrici hanno portato nel campo d’azione del lettore gli oggetti dotati di chip spia che avevano acquistato presso il Future Store, di modo che il pubblico potesse rendersi conto dei dati codificati in quei microchip.
Il momento critico è stato raggiunto allorché qualcuno ha voluto testare la sua carta di fedeltà ‘METRO Payback’: in teoria non avrebbe dovuto accadere nulla, e invece sono apparse sullo schermo stringhe e stringhe di cifre! Siamo rimasti tutti a bocca aperta. C’era un chip spia anche nella carta! Ci avevano fregato!

Carte di fedeltà e chip spia
Col senno di poi, non c’era poi da stupirsi che anche la carta di fedeltà della METRO contenesse un tag RFID nascosto, visto e considerato chi erano gli artefici del Future Store.
L’IBM, la multinazionale che ha elaborato ampi progetti per monitorare i clienti attraverso gli RFID, è infatti uno dei principali ideatori di quel supermercato “e fornisce il sistema integrato generale e l’attrezzatura RFID”.[ii] Avremmo dovuto immaginarci qualcosa del genere allorché la stessa IBM aveva fatto riferimento alla popolazione di Rheinberg, in Germania, come alle sue ‘cavie’ per l’esperimento del negozio del futuro. E poi non bisognava dimenticare il co involgimento della Procter & Gamble e della Gillette, i santi patroni dei chip spia, entrambi con alle spalle una nutrita storia di spionaggio di consumatori inconsapevoli attraverso lo stesso sistema dei tag RFID nascosti. Da un’alleanza del genere poteva venire qualcosa di buono?
Ma la vera e propria scoperta è stata il ruolo di primo piano assunto dagli spioni del commercio al dettaglio, i nostri amici della NCR. Soltanto qualche mese prima, avevamo ottenuto una copia di una pubblicità della NCR, intitolata: “50 idee per Rivoluzionare il Commercio con la tecnologia RFID”, un opuscolo di ben 46 pagine, riccamente illustrato, e pieno di idee e progetti tutti volti a violare la privacy dei consumatori: come identificarli, seguirne i movimenti, intervenire sui prezzi, e altro ancora. Molti di questi progetti includevano l’inserimento di chip spia nelle carte di fedeltà.
Alcuni dei 50 proposito della NCR erano di carattere tecnico, come per esempio la n. 7: “Livellazione del merchandising nei diversi punti vendita” (sì, sbadigliate liberamente!), mentre altri erano rivolti a rendere lo shopping più efficiente, come per esempio il n. 23: “La tecnologia RFID permette il passaggio in cassa senza che sia necessario togliere la merce dal carrello o dal cestino” (è questo l’asso nella manica, il vantaggio irrinunciabile in virtù del quale sperano di convincere i consumatori ad abbracciare la nuova tecnologia). Ma oltre a questi ingegnosi risvolti pratici e alle ipotetiche magie della tecnologia RFID, c’erano anche altre ideuzze, talmente preoccupanti da far accapponare la pelle.


Segnalazioni librarie:


Katherine Albrecht, Liz Maclntyre,
SpyChips
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