Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Crisi economica: e se ci sbilanciassimo per la sostenibilità invece che per la crescita?

Crisi economica: e se ci sbilanciassimo per la sostenibilità invece che per la crescita?

di Lucia Venturi - 28/07/2008

 Leggere sulle pagine di greenreport che sarebbe necessario dare all’economia le coordinate della sostenibilità sia per uscire dall’empasse economico attuale, ma soprattutto per avere possibilità di futuro economico, sociale e ambientale, è cosa di tutti i giorni. Non lo è altrettanto leggere sulla prima pagina del principale quotidiano economico nazionale, il Sole24Ore, un articolo di fondo scritto da Innocenzo Cipolletta, che praticamente di questo parla.

«Per un paese ormai ricco ed evoluto, la crescita della domanda interna non è più funzione dei consumi individuali, ma di quelli indotti da una vita sociale di migliore qualità» scrive infatti l’ex direttore di Confindustria, attualmente presidente di Trenitalia, riassumendo in poche righe un ragionamento complesso. Sarebbe un errore – sostiene Cipolletta - pensare di rilanciare l’economia pensando al sostegno ai redditi per far aumentare la domanda interna di consumi. Se questi consumi sono quelli cui classicamente si fa riferimento.

La strada per sostenere la crescita che indica l’economista è invece quella basata ad esempio sulle politiche di abbassamento dei consumi energetici da combustibili, che sarebbe un errore - sottolinea- abbandonare anche se il prezzo del petrolio dovesse calare, o sulla manutenzione degli edifici, la gestione del territorio, i servizi alla persona: tutte attività che avrebbero il vantaggio di creare occupazione, nuove imprese, stimolare innovazione tecnologica e benessere inteso nella sua complessità e non solo come elemento di ricchezza in termini esclusivamente monetari.
In altre parole, diremmo noi, sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile e desiderabile.
E una volta tanto non siamo i soli ad indicarlo come strada per il futuro.

Ne abbiamo parlato con Giulio Marcon, presidente della campagna Sbilanciamoci! che sta organizzando a Torino, dal 4 al 6 settembre, la VI edizione del Forum delle 50 organizzazioni aderenti alla campagna, che avrà per titolo quest’anno: «Un bel lavoro - Diritti, economia di giustizia, imprese responsabili». Un confronto a distanza con il meeting confindustriale di Cernobbio, che in questa edizione si concentra sul tema del lavoro e su un modello di sviluppo fondato sulla precarizzazione, l´assenza di diritti, lo sfruttamento delle risorse umane e naturali.

Quanto scrive Cipolletta sul Sole24Ore sembra andare in piena controtendenza con quanto sostenuto dalla gran parte non solo dei confindustriali, ma anche dei politici. In maniera quasi bipartisan, tra l’altro. Non crede?
«Sicuramente Cipolletta dà un contributo importante, perché avanza una serie di questioni fondamentali, sia per la destra che per la sinistra. Si è infatti registrato un atteggiamento, che potremo definire bipartisan, su un modello economico fondato su uno sviluppo quantitativo, energivoro, di grandi opere. Un modello neoliberista, con atteggiamento più aggressivo da una parte e mitigato da elementi più umanitari dall’altra, ma che comunque punta su scelte superate. E’ necessario invece ripensare alla qualità dello sviluppo e questo significa rivedere tutti i fattori economici in termini qualitativi e non quantitativi. Se prendiamo ad esempio il concetto di Pil, questo può crescere sia se aumenta la produzione biologica sia se aumentano le spese in armamenti, ma non è certo la stessa cosa. Serve una politica economica nuova che ragioni sulla qualità delle produzioni e dei consumi e vada verso una sostenibilità sociale ed ambientale».

Il Forum di Sbilanciamoci! che si terrà a settembre, consegnerà al Governo Berlusconi una proposta per la Finanziaria 2009 basata su un modello di sviluppo sostenibile e di qualità, con al centro i diritti sociali. Tutti temi che sembrano però molto distanti da questo esecutivo e difficile da rintracciare spesso anche più in generale nella politica.
«Certo le speranze da parte di questo governo sono limitate e ne abbiamo già avuto le avvisaglie.
Quello che noi proporremo, per parafrasare Antonio Cederna- che diceva che quando parlava di questioni ambientali scriveva sempre lo stesso articolo- sono ancora le nostre proposte sui temi delle scelte sulla spesa pubblica e del modello di sviluppo sociale e ambientale. I temi sono sempre gli stessi, da quando è partita la campagna Sbilanciamoci!».

Ce li ricordi
«Sono temi legati ad un modello sostenibile dell’economia. Che prevedono ad esempio sul lato ambientale, una mobilità sostenibile urbana e per il trasporto locale, basata su un modello di contenimento della mobilità. Sull’energia, un sostegno alle energie pulite attraverso una sorta di decarbonizzazione della produzione energetica. E su questi temi come anche su quelli sociali, invece il governo sta andando nella direzione esattamente opposta.
Anche per quanto riguarda i temi sociali si rischia infatti di andare verso una visone compassionevole del welafare: si riducono le risorse ai comuni che sono i principali protagonisti nell’erogazione di servizi essenziali, senza intervenire sui deficit veri e quindi si erogano bonus bebè anziché ampliare l’offerta degli asili nido. Lo stesso si fa con gli anziani per i quali si taglia ai fondi per l’autosufficienza e in cambio si prevede una social card. Quindi una politica che, invece di investire in servizi strutturati, fa erogazioni una tantum. Ed è proprio il contrario di quanto noi sosteniamo, da tempo, si debba fare. C’è poi un altro tema su cui ribadiamo la nostra posizione che riguarda i temi della pace, della difesa e della cooperazione internazionale. Anche in questo settore le avvisaglie non fanno presagire nulla di buono. Si è già operato un taglio di 170 milioni alla cooperazione con la manovra finanziaria, mentre con buona probabilità le spese militari sono destinate a crescere e avranno una accelerazione forte nel 2009-2010. La nostra proposta è quella di ridurre le forze armate da 190mila a 120mila, perché anche tenendo conto degli impegni internazionali del nostro paese, le forze impegnate non superano mai le 10mila unità. E delle attuali almeno la metà sono costituite da comandanti».