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"Il caos prossimo venturo" di Prem Shankar Jha

di Eric Hobsbawm* - 28/07/2008



In questi primi anni del XXI secolo si stenta a ricordare l'ottimismo, per
non dire il trionfalismo, con cui il crollo del comunismo fu accolto nelle
nazioni ricche del Nord del mondo. Dov'e' la "fine della storia" teorizzata
da Fukuyama? Oggi, anche i politici e gli ideologi di quei paesi sono molto
cauti nelle loro previsioni di un futuro di pace e prosperita' per un mondo
che appare in evidente crisi. Il valore di un libro sull'attuale situazione
del pianeta, tuttavia, non si misura nel suo essere speranzoso o
disincantato, ma nell'aiutarci a capirla, ovvero nel fornire una
comprensione storica della crisi presente. Il libro straordinariamente
intelligente, lucido e problematico di Prem Shankar Jha supera questa prova
a pieni voti. E' una lettura fondamentale per la prima decade di questo
terzo millennio.
L'autore considera la crisi attuale come l'ultima in ordine di tempo nello
sviluppo secolare di un capitalismo per sua propria natura sempre piu'
globalizzato. A suo giudizio, questa e' la quarta volta che il capitalismo
infrange il suo "contenitore" economico, politico e istituzionale, nel corso
di una storia le cui origini egli fa risalire al Medioevo. Come nel passato,
la fine di ciascuno di questi cicli di espansione ha segnato il crollo delle
istituzioni e un prolungato conflitto tra gli stati e al loro interno,
nonche' quello che e' stato definito "caos sistemico"...
Ciascuna delle precedenti fasi di espansione capitalistica, sostiene Jha, fu
contrassegnata dall'egemonia di un centro economico predominante, e
collegata sin dal XVII secolo a un'innovazione di portata storica: lo
"stato-nazione" su base territoriale all'interno di un sistema di potere
internazionale. Dopo quella che considera l'era delle citta'-stato
medievali, dopo l'egemonia economica dei Paesi Bassi seguita da quella della
Gran Bretagna, oggi siamo al termine del "secolo americano". Ma nel suo
ritmo accelerato, la globalizzazione ha travalicato i limiti della cornice
relativamente stabile e flessibile che il capitalismo aveva generato - nello
specifico lo stato-nazione con le sue istituzioni e il suo sistema
internazionale - e che aveva consentito ad esso di svilupparsi senza
esplodere o implodere e di riprendersi dalle crisi della prima meta' del XX
secolo. Tale sistema non funziona piu', e nessuna chiara alternativa e' in
vista. Bisogna prepararsi a una nuova fase di distruzione e a un caos piu'
profondo, prima che le contraddizioni interne ed esterne della crisi attuale
della globalizzazione siano superate.
Diversamente dalla gran parte delle opere sulla globalizzazione, in genere
scritte in Europa o nel Nord America, la voce di Prem Shankar Jha ci arriva
dall'India, la regione che probabilmente sara' il fulcro del mondo del XXI
secolo, ma il cui spettacolare sviluppo coincide con il "caos sistemico" in
cui l'economia globale si trova immersa sin dall'avvio dell'attuale epoca di
crisi negli anni Settanta...
Gli effetti negativi della globalizzazione sui paesi sviluppati, come anche
le conseguenze della loro deindustrializzazione e l'erosione dei loro
sistemi di welfare, sono concreti ma lenti, e mitigati dalla ricchezza
accumulata in quelle societa'. I terremoti generati in quei paesi sono
piccole scosse al fondo della scala Richter economica, ma nel mondo "in via
di sviluppo" sono cataclismi. Quando politici e giornalisti dell'Unione
Europea parlano di crisi economica, non si riferiscono a quello che Jha
giustamente definisce il "tracollo" del 1997-'98, delle cui manifestazioni
nel sud-est asiatico fornisce un'acuta analisi; non si riferiscono alle
esplosioni sismiche che hanno scosso Brasile, Messico e Argentina a partire
dagli anni Ottanta, e che i commentatori occidentali in massima parte
giudicarono come la riprova dell'immaturita' degli imprenditori e dei
governanti del Terzo mondo rispetto a quelli dei paesi Ocse.
Un osservatore appartenente a un paese come l'India, rispetto a quelli dei
paesi ricchi, corre meno rischi di confondere gli effetti generalmente
benefici dell'industrializzazione e del progresso tecnico-scientifico con le
conseguenze assai piu' problematiche della globalizzazione capitalistica
incontrollata, vale a dire il drammatico allargamento della forbice tra i
redditi pro-capite dei paesi sviluppati e quelli della maggior parte degli
altri paesi - e, all'interno di quasi tutti i paesi, il divario tra ricchi e
poveri. Soprattutto, e' difficile che non tenga costantemente presente che
frasi come "ho fame" o "non ho lavoro" hanno un significato profondamente
diverso in paesi con un Pil medio pro capite di 25.000 dollari rispetto a
paesi in cui e' di soli 500 dollari.

*[Dal quotidiano "La Repubblica" del 7 luglio 2007 col titolo "Capitalismo:
l'ultima crisi" e il sommario "Sul saggio di Prem Shankar Jha. L'India sara'
il fulcro del XXI secolo. Anticipiamo parte dell'introduzione che ha scritto
per Il caos prossimo venturo dell'economista indiano Prem Shankar Jha (Neri
Pozza, pp. 688, euro 25, traduzione di Andrea Grechi e Andrea Spila)".
Prem Shankar Jha e' uno dei maggiori economisti indiani; ha studiato
filosofia, politica ed economia a Oxford, ha lavorato dal 1961 al 1966 per
le Nazioni Unite a New York ed e' poi tornato in India, dove ha collaborato
come editor e giornalista alle pagine dell'"Hindustan Times", del "Times of
India", dell'"Economic Times" e del "Financial Express". Tra il 1986 e il
1990 e' stato il corrispondente indiano dell'"Economist", e nel 1990 e'
diventato collaboratore del primo ministro V. P. Singh. Dal 1997 al 2000 ha
insegnato all'Universita' della Virginia. Tra le opere di Prem Shankar Jha,
In the Eye of the Cyclone: The Crisis in Indian Democracy, Viking, New
Delhi, 1993; The Perilous Road to the Market: The Political Economy of
Reform in Russia, China and India, Pluto Press, U.K., 2002; Kashmir 1947:
the Origins of a Dispute, Oxford University Press, 2003; in italiano: Il
caos prossimo venturo, Neri Pozza, Vicenza 2007]