Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Fannie e Freddie spaventano Fed e Tesoro USA

Fannie e Freddie spaventano Fed e Tesoro USA

di Mario Braconi - 29/07/2008

 

La FNMA (Federal National Mortgage Association) e la FHLMC (Federal Home Loan Mortgage Corporation sono Government-sponsored enterprise (GSE), ovvero “imprese patrocinate dal Governo”. A suo tempo, il Congresso degli Stati Uniti le istituì per aiutare i cittadini americani che volevano acquistare casa. Fannie Mae (nome creativo con cui ci si riferisce a FNMA), fondata in pieno New Deal con lo scopo sociale di rendere liquido il mercato dei mutui ipotecari, è nel 1968 che perde il suo status di garante governativo del debito dei cittadini e viene trasformata in una società di diritto privato. Per assicurare al mercato secondario dei mutui un adeguato livello di concorrenza, nel 1970 il governo istituisce la FHLMC, anch’essa conosciuta con un nomignolo: Freddie Mac.

Da quaranta anni Fannie Mae e di Freddie Mac acquistano mutui a massa e li “impacchettano” in prodotti finanziari negoziabili che poi rivendono sul mercato. La loro é una funzione essenziale, specialmente quando il mercato immobiliare è in difficoltà: se infatti Freddie e Fannie cessassero di acquistare e/o di garantire i mutui, le banche non ne concederebbero più, aumentando ulteriormente la pressione sul mercato immobiliare e, quindi, sui mutui già nei portafogli delle banche e delle stesse Fannie e Freddie.

La crisi immobiliare è un problema anche per le due GSE: come rileva l’analista Steve Persky, intervistato dalla rivista Fortune, “si tratta d’istituzioni finanziarie che ricorrono alla leva finanziaria in modo molto più massiccio di qualsiasi altra banca e i cui attivi patrimoniali sono costituiti principalmente da mutui ipotecari, il cui valore effettivo scende insieme alle quotazioni degli immobili”. Non si deve dimenticare, infine, che Freddie e Fannie, insieme, detengono poco meno della metà di tutti i mutui immobiliari americani (circa 5.000 miliardi su un totale di 12.000 miliardi di dollari). Alle fine del 2007 la sola Fannie Mae aveva acquistato il 23% del totale dei mutui ipotecari americani trasformandoli in titoli a rating elevato, poi venduti ad investitori di tutto il mondo, tra cui diverse banche centrali.

In questi giorni Fannie e Freddie non se la passano bene; il 10 luglio l’ex capo della Federal Riserve di Saint Louis ha dichiarato a Bloomberg tv che le due agenzie sono già tecnicamente “insolventi”; poiché nel recente passato i corsi dei loro titoli azionari sono crollati, è impossibile ricorrere alla ricapitalizzazione da parte dei privati: ci sono stati momenti in cui il fabbisogno di mezzi freschi di Freddie Mac superava la sua capitalizzazione di borsa. La possibilità di una nazionalizzazione, poi, allontana ancora di più i privati, che temono di perdere il proprio investimento.

Resta solo lo Stato: anche se Fannie e Freddie sono istituzioni di diritto privato non ufficialmente garantite dal Governo Federale, il loro delicato ruolo di “traghettatore” del sistema attraverso i flutti della crisi subprime e le loro dimensioni colossali, non consentono alle istituzioni americane il lusso di abbandonarle al proprio destino. Ciò anche in considerazione del devastante contagio globale che deriverebbe dal loro dissesto (si pensi ai titoli emessi da Freddie e Fannie “in pancia” alle banche centrali di altri paesi). La strada del salvataggio pubblico presenta comunque importanti controindicazioni: raddoppio immediato del deficit pubblico, ulteriore caduta del dollaro e possibile declassamento (downgrade) del merito di credito degli Stati Uniti, con conseguente stabile incremento del costo del debito pubblico americano.

Nonostante tutto, alla fine Tesoro e Fed, dopo aver doverosamente tentato di convincere i media che non sussiste alcun obbligo giuridico di “salvare” Fannie e Freddie, hanno architettato un piano congiunto per dar loro un po’ di ossigeno tramite un ampliamento delle linee di credito aperte dal Tesoro, l’impegno del Tesoro a diventare azionista delle due società e l’autorizzazione ad erogare a Fannie Mae ed a Freddy Mac finanziamenti “garantiti” dal deposito dei titoli delle due società; uno strumento magico, questo, in grado di trasformare in moneta sonante titoli finanziari di cui nessun operatore di mercato sano di mente vuole neanche sentir parlare.

Insomma, le GSE, fungendo da “traslatore” del rischio, hanno finito per incentivare le banche ad agire in maniera via via più spregiudicata. Attualmente, la soluzione del fallimento è inaccettabile, mentre quella del salvataggio è odiosa, poiché perpetua un sistema di profitti privati e perdite publiche. Trecento milioni di dollari hanno dunque imboccato la strada che porta alle casse della compagnia. Forse al momento non si poteva fare niente di meglio, ma la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite non è una ricetta nuova, semmai l’essenza ripetuta del turbo-capitalismo.