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L'Aja: due pesi, due misure

di Stefano Pilotto - 30/07/2008

Fonte: Il piccolo


L'arresto di Karadzic apre una nuova fase nel dialogo fra comunità internazionale e Serbia. I giornali sono pieni di rievocazioni dei combattimenti, di abusi e violazioni commessi in nome degli opposti interessi nazionali balcanici.
Abusi che si svilupparono nei territori della ex Jugoslavia fra il 1991 ed il 1999.

Quasi dieci anni di conflitti brutali hanno scosso i luoghi, la gente, la memoria comune di quelle popolazioni, il dialogo fra nazionalità diverse, compromettendo la coesistenza sociale per molte generazioni. Il Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia venne creato dalle Nazioni Unite all'Aia nel 1997 ed ebbe come scopo di disciplinare giuridicamente il dopo guerra, così come fu il caso dei tribunali di Norimberga e di Tokyo, nel 1945. Il suo scopo era quello di giudicare i crimini commessi, al fine di rieducare le popolazioni al rispetto dei diritti dell'uomo e delle minoranze.

Una prima grande ombra, tuttavia, venne sollevata da alcuni giuristi: quale la legittimità di tale tribunale? Quantunque si tratti di un'iniziativa presa dalla più grande organizzazione internazionale, vale a dire l'Onu, che identifica la comunità internazionale, come garantire la necessaria neutralità, che della legge è principio fondante? Tali perplessità vennero espresse diffusamente, nel corso degli ultimi 10 anni, soprattutto alla luce del fatto che l'azione di tale tribunale era stata diretta principalmente verso esponenti della nazionalità serba e croata. La neutralità, d'altra parte, esige una totale equidistanza ed un'obiettività inconfutabile.

Alla luce di tali considerazioni, tre osservazioni sembrano opportune. Perché, in primo luogo, esistono tribunali "ad hoc", creati dalle Nazioni Unite per specifici propositi e non un unico tribunale internazionale per i crimini commessi in ogni area del mondo, con riferimento alle norme imperative del diritto internazionale? I termini "genocidio", "crimini contro l'umanità", "crimini contro la pace" non sarebbero attribuiti solo a determinate circostanze, ma otterrebbero una consacrazione generale, in base al principio secondo il quale "la legge è uguale per tutti". Perché, in secondo luogo, sia la comunità internazionale schierata in Kossovo (KFOR), sia l'apparato giuridico internazionale (il tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia) non sono stati capaci, nel corso degli ultimi dieci anni, di intervenire con ugual efficacia contro i crimini commessi dall'estremismo kossovaro-albanese nei confronti delle popolazioni serbe in Kossovo?

La KFOR ha sostituito le forze armate serbe in Kossovo, ma non è stata capace né di disarmare efficacemente il braccio armato dell'estremismo kossovaro-albanese (UCK), né di proteggere i cittadini serbi dalle violenze e dai delitti commessi dalla parte kossovaro-albanese. Il Tribunale internazionale per i crimini contro la ex Jugoslavia, inoltre, non è sembrato dirigere la propria azione nei confronti degli esponenti della parte kossovaro-albanese, nemmeno quando l'ex procuratore generale di tale tribunale, Carla Del Ponte, ha pubblicato un libro interessante, che apriva inquietanti interrogativi sulla legittimità di personaggi kossovaro-albanesi come Hashim Thaci (ex capo dell'UCK e oggi primo ministro del governo dell'autoproclamato stato indipendente del Kossovo), il quale sarebbe stato coinvolto in un traffico internazionale di organi.

In particolare, nel 1999, i kossovaro-albanesi avrebbero prelevato da prigionieri serbi reni e organi per poi rivenderli sul mercato internazionale, facendo incassare quattro milioni di marchi tedeschi all'UCK. Diritti dell'uomo? Due pesi e due misure. Perché, in terzo luogo, non si valuta attentamente l'opportunità di inserire anche le violenze contro i beni artistici e religiosi come crimini contro l'umanità, specie se tali beni artistici e religiosi sono stati dall'UNESCO (istituzione specializzata dell'ONU) classificati come patrimonio artistico dell'umanità medesima?

Le distruzioni dei monasteri e delle chiese ortodosse del Kossovo, in particolare, potrebbero essere oggetto di analisi, onde dirigere un'azione giurisdizionale nei confronti dei colpevoli. Anche la provincia del Kossovo è ex Jugoslavia. Sembra che ancora molti anni debbano passare, prima di poter scrivere una storia obiettiva dei conflitti balcanici degli anni novanta. Srebrenica, certo, fu un massacro, peraltro commesso sotto lo sguardo dei caschi blu olandesi, che esige giustizia. Ma non fu l'unico. Per acquisire autorevolezza il tribunale dell'Aia deve ancora fare qualche sforzo per dimostrare la sua perfetta neutralità.(29 luglio 2008)