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Pio bove, va a ramengo!

di Stefano Montanari - 30/07/2008

     
   

 Lo Stato ha trionfato.  

"Il consenso prestato dal Governo italiano all'ampliamento dell'insediamento militare americano all'interno dell'Aeroporto Dal Molin è un atto politico, come tale insindacabile dal giudice amministrativo, secondo un tradizionale principio sancito dall'art. 31 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato".  Così la IV Sezione del Consiglio di Stato ha mandato a ramengo (siamo in Veneto) il TAR e la sovranità dei cittadini (art. 1 della Costituzione).   

Aspettare almeno il risultato del referendum popolare che si terrà in autunno a Vicenza? Non se ne parla nemmeno: il popolo è un pio bove, un suddito pagatore di tasse, una miniera di voti per una classe politica (sì, ci hanno dato ad intendere che la politica è quella) di cui io, ma è un fatto personale, mi vergogno profondamente, ed è un fastidio quando pigola una lamentela. Dunque, a che serve sapere che cosa ne pensano i vicentini? Si becchino il raddoppio dell’aeroporto militare e siano contenti dei caffè lunghi e degli "spagetti bolognaise" che venderanno agli americani.

Del resto, poteva andare anche peggio. Se a qualcuno in cerca di schei fosse venuto in mente di trasformare la Basilica Palladiana in un inceneritore (pardon, termovalorizzatore) e la Piazza dei Signori in una discarica…   

“Non possiamo seguire la piazza,” ammoniscono con furbesca saggezza i politicanti di lungo corso nostrani. Giusto, ma la piazza

è l’entità che quei politicanti li mantiene nel lusso e nel privilegio, e almeno le si dia il diritto di contare.   

Dopotutto, però, un popolo che in sessant’anni abbondanti non è riuscito a darsi una classe politica degna - e chi ha avuto la sventura di vedere Gasparri alla puntata di Matrix cui io feci l’errore d’intervenire sa che cosa voglio dire – e non ha capito che il padrone è lui, non merita altro. E un popolo che non ha capito che per fare la rivoluzione scrollandosi di dosso questa parassitosi cronica basta un tratto di matita su una scheda elettorale è un popolo che non conosce gli strumenti della democrazia e corre il letizia verso il suicidio.  

Alle ultime elezioni il popolo bue è caduto in un tranello di grottesca ingenuità. Ingenuità apparente, perché ha funzionato alla perfezione, il che significa che gli esperti di psicologia delle masse sanno colpire nel segno anche senza troppe raffinatezze. A questo popolo hanno fatto credere che si trattasse di una sorta di referendum tra Berlusconi e Veltroni, una specie di beffardo Giano Bifronte con due facce e un cervello solo, e che non esistesse alcuna alternativa, come se quei due gemelli siamesi fossero stati paracadutati da noi per volere divino. E allora, credendo di non poter scegliere altro che fra Barabba e Barabba, il popolo ha scelto Barabba.

Così ci ritroviamo ancora una volta, e stavolta ben più pesantemente che nel passato recente, nei guai: ambiente in via d’inesorabile devastazione, Costituzione mutilata con un presidente della repubblica che dovrebbe esserne custode ma non lo sa, legalità sbeffeggiata, università al naufragio, giustizia allo sbando, malavita rampante, dignità di tutti noi immolata sull’altare dell’arraffante corruzione.  

Il Dal Molin? Una bazzecola che dimenticheremo subito.  

E poi, non preoccupiamoci: ieri sera c’è stato il triangolare Juve-Inter-Milan. Il calcio sta ricominciando.