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Jaspers di fronte al dio di Nietzsche

di Sergio Givone - 01/08/2008


L´autore di "Così parlò Zaratustra" svela il movimento con cui il cristianesimo distrugge se stesso aprendo un vuoto che nessuno saprà come riempire

Tramonta l´idealismo tedesco ed entra in scena Nietzsche: sarà un´apparizione grandiosa. Ma non è la dottrina dell´eterno ritorno o l´idea del superuomo a spiegare il caso-Nietzsche. I concetti che caratterizzano il suo pensiero sono per lo più iperboli filosofiche. Possono voler dire tutto, ma in realtà non dicono quasi niente. Fra non poche ambiguità e contraddizioni l´opera di Nietzsche porta alla luce ben altro: ossia il movimento attraverso cui il cristianesimo distrugge se stesso e apre un vuoto che nessuno saprà come riempire.
È quanto sostiene Karl Jaspers in un magnifico saggio scritto poco prima della guerra, ma pubblicato soltanto dopo, Nietzsche e il cristianesimo, ora tradotto e prefato da Giuseppe Dolei per Mariotti (pagg. 141, euro 14). Nietzsche, dice Jaspers, ci mette in guardia: il cristianesimo è la nostra provenienza e il nostro destino. Per superarlo bisogna farsi carico di ciò che ne resta e di ciò che ne ha rappresentato lo sviluppo storico.
Non serve contrapporre al cristianesimo una prospettiva di segno contrario. E affermare, per esempio: la verità è una sola, quella della scienza, dunque la fede non ha più ragion d´essere.
Uno stanco ritornello. Quando i contenuti della fede vengono ridotti a favole e a menzogne dei preti si ottiene soltanto di scacciare la superstizione con una nuova forma di superstizione. Invece l´autentico anticristianesimo vuole annientare il cristianesimo, non semplicemente «scrollarselo di dosso».
Alla scuola del grande ateismo moderno (da Spinoza a Feuerbach su su fino a Ivan Karamazov, «fratello di sangue») Nietzsche ha imparato che la battaglia contro il cristianesimo dev´essere condotta con armi cristiane. Solo chi è intellettualmente onesto può permettersi di dichiarare che la fede non è più credibile. Ma è stato il cristianesimo ad instillare nei cuori quel particolare tipo di morale che consiste nel volere la verità a tutti i costi.
La verità incondizionata, assoluta, non una parvenza di verità, e tanto meno una verità buona a consolare ma non a convincere. In un´ottica cristiana Dio non esita a mandare al diavolo i suoi teologi, così premurosi e falsi, e a informarli che solo Giobbe ha avuto il coraggio di dire la verità su di lui.
Per un verso Nietzsche usa i toni più duri e sprezzanti: «A chi oggi mi risulta ambiguo nei riguardi del cristianesimo non do neppure la mano: c´è un solo modo di essere onesti in proposito: un no assoluto». Per l´altro parla di una tensione spirituale la cui origine è cristiana: «Anche noi che oggi indaghiamo, noi atei e antimetafisici, continuiamo a prendere il fuoco dall´incendio scatenato da una fede millenaria». Con Goethe Nietzsche ripete: solo Dio contro Dio, ci vuole Dio per far fuori Dio. La negazione e la soppressione del cristianesimo sono cosa del cristianesimo. Quel cristianesimo che costringe l´uomo ad aprire gli occhi sulla morte di Dio.
Che cosa rimane alla fine di questa tragedia più grande di qualsiasi tragedia del passato, anche se si tratta piuttosto di un naufragio, di un inabissarsi di ogni speranza e di ogni senso fin qui tenuti per certi? La risposta di Nietzsche è netta, inequivocabile: non resta più niente. O se si preferisce, resta il grande niente, resta il grande vuoto. Della cui vastità non abbiamo che una pallida idea, come dimostrano coloro, e sono i più, che vi si sono tranquillamente adattati, mentre altri, maggiormente consapevoli, continuano a porre domande.
Naturalmente è possibile tentar di colmare questa specie di sperdimento mentale o di vertigine con i detriti che il fiume della storia ha trascinato con sé. Tra di essi c´è per l´appunto la dottrina dell´eterno ritorno e l´idea del superuomo. Ma c´è anche la sostituzione del dio cristiano con Dioniso. Per non parlare del vagheggiamento d´un certo eroismo sublime, che dice sì alla vita così com´è, col suo carico di gioia e di sofferenza e indifferente al bene e al male. Cui segue però da parte di Nietzsche la confessione: «Sono l´opposto d´una natura eroica», immediatamente affiancata dal riconoscimento d´una certa affinità con Gesù, il mite predicatore delle beatitudini. Fino all´identificazione con la più improbabile delle divinità: Dioniso crocifisso.
Insomma, tutto e il contrario di tutto. Sembra che Nietzsche si diverta a fare le prove generali del fantastico spettacolo in allestimento per quando il mondo si sarà liberato dal cristianesimo. Per sé egli riserva la parte della stella danzante nel caos. Ma ci crede davvero? Non è lui il primo a sapere che la stella da cui viene un´ultima luce sul mondo è una stella ormai spenta? Qui Jaspers chiude con un avvertimento. Ed è che Nietzsche lancia «un grido micidiale» a coloro che si lasciano sedurre da lui e pretendono di portare avanti il suo pensiero, magari professandosi cristiani: «A questi uomini di oggi non voglio essere luce, da loro non voglio essere chiamato luce. Costoro, li voglio accecare: lampo della mia sapienza! Cavagli gli occhi!»