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L’Occidente e le sue culture. Riflessioni sulle radici della crisi tra Russia e Stati Uniti

di Carlo Gambescia - 28/08/2008

Prologo. Occidente/Occidenti
Lo scontro culturale, politico e militare in atto tra l’Occidente e Islam, e quello in corso tra Stati Uniti e Russia, impedisce, come ogni situazione conflittuale, qualsiasi pacata riflessione sulla cultura dell’ Occidente euro-americano: si accentuano le differenze tra l’Occidente e i suoi “nemici” , e si sorvola sulla molteplicità delle sue visioni del mondo, cercando di presentare l’Occidente come un monolito culturale. Allo scopo di integrare e rafforzare ideologicamente l’attuale alleanza geopolitica euro-americana. Inutile qui fare i nomi dei cosiddetti paladini dell’ “americanismo”. Sono noti a tutti.
Andrebbe invece posto l’accento sulla diversità culturale. Dal momento che il “conflitto di civiltà” di cui oggi tanto si discute, esiste “in potenza”, anche all’ interno all’Occidente. Non possiamo però qui occuparci delle sue implicazioni politiche, andremmo oltre gli scopi prefissi. La nostra è una semplice rassegna di intuizioni. Il che però non significa che non possa contribuire a smascherare l’ idea della presuntiva “monoliticità” culturale dell’Occidente.
L’analisi è dunque incentrata sulle differenze piuttosto che sulle somiglianze, non tanto tra l’ Europa, (in blocco) e gli Stati Uniti, quanto tra le diverse tradizioni culturali europee, inclusa l’ americana, e lo stesso mondo slavo, non certo esente da “contaminazioni” storiche.

Perché culture e non civiltà?
Una premessa. Il termine civiltà ha un significato politico-ideologico che invece il termine cultura non ha assolutamente, (basti pensare al vecchio e mai spento dibattito interno allo storicismo tedesco sulle tesi spengleriane). Col termine cultura si intende un sistema di idee, nei suoi collegamenti interni (con altri sistemi di idee) ed esterni (con la realtà socio-economica). Tra idee e realtà non c’è alcun rapporto di tipo gerarchico (del genere struttura-sovrastruttura), ma influenze e interazione reciproca. Spesso accade, come mostra la storia, che sistemi “perfetti”, si pensi all’opera aristotelica o tomistica, vengano “dopo”: quando un sistema storico è scomparso o stia per scomparire (ad esempio la polis o la civitas medievale). Oppure, che vengano “prima” - si pensi all’opera di Marx - per essere però smentiti, e duramente, dalla realtà storica. Insomma, il rapporto tra idee e realtà è piuttosto complesso. Di qui la necessità di limitarsi a un approccio descrittivo.

Gli stadi culturali secondo Carroll Quigley
Un buon punto di partenza è rappresentato dalle categorie concepite dallo storico americano Carroll Quigley (1910-1977), autore di The Evolution of Civilizations (1961)[1]. Quigley individua nove stadi culturali: “dualismo neoplatonico”, “sintesi [teologico-cattolica] medievale”, “nominalismo”, “umanesimo”, “dualismo scientifico” “illuminismo”, “romanticismo”, materialismo scientifico” “irrazionalismo attivistico”. Stadi o livelli, che come mostra la sequenza, si sono succeduti dall’antichità greco-romana ai giorni nostri. Stadi che qui sono da noi reinterpretati, andando oltre Quigley, non in chiave evoluzionistica, ma come categorie culturali: visioni del mondo. O, se si preferisce, come “culture” ancora oggi attive. Che, attenzione, in senso filosofico e sociologico, ruotano intorno alla relazione tra corpo, anima e storia. Questa è la nostra ipotesi.
Si dirà, sono puri e semplici giochi intellettualistici.
In effetti, il dualismo neoplatonico, ipotizzato da Quigley, come forma culturale, fondata sul dualismo tra anima e corpo, risente troppo di una visione cristianizzata del platonismo. Fu infatti proprio il cristianesimo a imporre una nuova visione fondata sulla separazione tra corpo e anima, e sulla discontinuità tra storia profana e storia sacra: tra le due Città (la Terrena e la Celeste). Si tratta di una visione completamente estranea a Greci e Romani, per i quali tra uomini e dei, come tra corpi e anime, esistevano invisibili canali di comunicazione, segnati dal sacro e dal rito, come ripetizione di gesti primordiali e astorici. Si tratta di un dualismo “ricomposto” precristiano - e qui Quigley ha ragione - che si dissolse con la fine del mondo antico, per reincarnarsi filosoficamente, presso ristretti cenacoli, come politeismo celebrante la fusione di corpi, anime e dei.
Ancora oggi, per alcuni, il dualismo “ricomposto” precristiano rispecchia la realtà oggettiva del mondo. Sarebbe intrigante approfondire… Tuttavia si tratta di una questione che esula dalla nostra indagine. Anche perché è sempre preferibile seguire un approccio descrittivo e non normativo, basato sulla valutazione della realtà per quello che è, e non per quello che dovrebbe essere.

Le culture dell’Occidente: la teoria
Se è vero che la continuità pre-cristiana tra uomo, anime e dei, scompare con la fine della civiltà antica è altrettanto vero che la sintesi medievale, si sforza invece di unificare anima, corpo: Dio e storia, sulla base di una giustificazione provvidenzialistica del mondo. Il cristianesimo medievale cercava di unificare quel che il cristianesimo primitivo aveva diviso; sforzo che resta ancora oggi al centro della visione cattolica. Invece il dualismo scientifico moderno introduce, un nuovo punto di vista, quello della scelta: tra mondo razionale e mondo empirico, tra ragione e corpo, tra storia e natura. L’umanesimo moderno eleva l’uomo ma gli impone di scegliere… Ma si tratta di una necessità consustanziale anche all’ illuminismo ( che riduce anima, corpo e storia alla sola ragione), e al materialismo scientifico ( che riduce anima, corpo e storia alla sola materia): l’uomo deve scegliere tra ragione e non ragione, tra scienza e non scienza. Il nominalismo infine rappresenta una finta via d’uscita: propone come superamento del dualismo scientifico tra ragione e mondo empirico, la loro scomposizione in “collezioni” di singoli fatti: dove il tutto ( ragione o scienza) non è che la pura somma delle singole parti. Mentre il romanticismo si qualifica come superamento individualistico della modernità: identifica anima, materia, storia e Io, aprendo così la via all’irrazionalismo, alla negazione assoluta ( di Dio, della storia, della materia, della scienza, ma anche dei corpi, dell’ anima e dell’ interiorità).

Le culture dell’Occidente: la pratica
Il cattolicesimo come cultura della sintesi medievale permea, ancora oggi, l’Europa Latina (Francia, Italia, Spagna) e gli altri paesi lambiti storicamente dal cattolicesimo. Il dualismo scientifico impregna di sé sia la cultura americana, sia quelle europea. Ma è il versante empirista che segna maggiormente la cultura anglofona, mentre quello razionalista caratterizza la cultura francese, tedesca e nord-europea. Il nominalismo, come protestantesimo (che infatti riduce il sapere biblico, a collezioni di fatti, liberamente interpretabili), intride invece la cultura americana. L’Illuminismo permea, ma in misura differente, le culture europee e americana: l’esercizio della ragione come “ragionato” diritto alla felicità, che prescinde da storia e imperfezioni umane, impregna di sé, ancora oggi, le culture francesi, inglesi e americane, ma non quelle italiane, spagnola e tedesca ( o comunque meno). Il romanticismo, come dottrina dell’Io proteiforme, non ha mai influenzato la cultura americana, inglese, francese, mentre ha lasciato il segno su quella tedesca e italiana. Quanto all’irrazionalismo, che come si detto, consiste nel rifiuto della ragione, della storia, e dei corpi come delle anime, si può dire che abbia rappresentato, e ancora rappresenti, un specie di punto limite del moderno, dal momento che l’irrazionalismo, come ogni movimento di rottura finisce sempre per indicare quel che non vuole ma non ciò che vuole. Ad esempio i modernismi reazionari novecenteschi, una volta preso il potere, per un verso puntarono sulla “fuoriuscita”, negando il moderno; per l’altro ne usarono gli strumenti, accettandolo. La sintesi superiore, che avrebbe dovuto unificare storia, materia, scienza, persona, anima, finì inevitabilmente per risentirne. Di qui le conseguenti accuse di irrazionalismo, spesso giustificate dai disastri causati dalla negazione di qualsiasi forma di interiorità. Infine, il dualismo scientifico ha assunto anche altre forme politiche: quelle del socialismo umanitario e totalitario. Due modelli, certo diversi (più blando il primo, durissimo il secondo), che hanno caratterizzato l’Europa (dopo il 1945) e il mondo bizantino-russo-slavo (dopo il 1917), mondo quest’ultimo, che sembrava al riparo dall’aggressiva modernità occidentale.

L’intuizionismo bizantino-slavo-russo
L’intuizionismo bizantino-slavo-russo, deriva anch’esso dal dualismo platonico, filtrato, ovviamente, attraverso il cristianesimo. L’intuizionismo giudica l’intera evoluzione storica e cosmica della persona e dell’anima come realizzazione progressiva di idee divine. Idee che possono essere colte nella loro continuità mondo-persona, solo attraverso l’ intuizione metastorica, dal momento che la scienza è ritenuta insufficiente. Siamo in pieno misticismo: l’ intuizionismo, ben esemplificato dal pensiero di Berdjaev, Soloviev, S. Bulgakov, Florenskij, crede che il popolo viva nel mistero, e si avvicini a Dio, solo attraverso la contemplazione spirituale. Soloviev, ma anche le correnti slavofile ( Chomjakov, Kireevskij, Danilevskij, Dostoieskji e panrussiste, ad esempio Leontjev) giungeranno a sostenere che l’idea di una nazione si comprende solo in rapporto a Dio e al suo progetto di salvezza universale. E che dunque l’idea russa - come sembra sostenere, da ultimo, anche Solgenitsin - consiste nel donare all’umanità, la propria parte di verità e di incarnazione. All’intuizionismo, come unificazione escatologica di anima, natura e storia, si oppone la tradizione politica filo-occidentale, da Pietro il Grande a Lenin e Gorbaciov, e probabilmente anche Putin: una mescolanza di illuminismo, dualismo e materialismo scientifico, dai pericolosi risvolti totalitari, come nell’esperimento sovietico.

Un esempio di diversità culturale: il concetto di lavoro
Riassumendo: la cultura americana (o anglofona) è segnata dal dualismo scientifico, dal nominalismo, dall’illuminismo e dal materialismo scientifico. La cultura europea è distinta dal dualismo platonico, dalla sintesi medievale, dal romanticismo e dal modernismo reazionario. Certo, in alcuni nazioni, come Francia e Germania, ad esempio, sono tuttora molto forti le tradizioni illuministiche, materialistiche e dualistico-scientifiche. Nell' Europa del Nord continua invece ad avere la meglio l’umanesimo socialista, a sfondo scientifico-materialistico. Il mondo bizantino-slavo-russo è ancora oggi segnato sia dal filo-occidentalismo culturale che dall’intuizionismo.
Domanda: questo tour de force intellettuale “dove va a parare”?
In primo luogo, si spera, sia almeno servito a descrivere l’enorme varietà culturale che segna l’ Occidente, anche nei riguardi di un importante interlocutore storico, come il mondo slavo. In secondo luogo, ci si augura, che le differenze culturali evidenziate servano a spiegare, come non sia facile per americani, europei, russi, “capirsi”.
Prendiamo ad esempio il concetto di lavoro, così importante per l’economia capitalistica. Nella cultura americana e britannica, fortemente impregnata di materialismo e nominalismo, il lavoro è visto come attività quantificabile. Eleva la persona, nella misura in cui può essere quantificato. Nella cultura della sintesi medievale il lavoro innalza l’uomo e lo avvicina a Dio, a prescindere dalla sua misurabilità: l’esatto contrario della cultura americana. In quella illuministica invece, il lavoro intellettuale vale più di quello fisico. Nella cultura romantica il lavoro eleva l’uomo, solo se capace di trasformarlo in creatore, fino al punto di negare addirittura se stesso (irrazionalismo). Nella cultura del modernismo reazionario, il lavoro “rende liberi” solo nella misura in cui ci si pone al servizio di un’ idea esterna all’uomo (nazione e classe). Nella cultura intuizionista il lavoro nobilita, solo se in grado di non distogliere l’uomo da Dio.

Epilogo: un’alleanza utilitaristica
L’esempio mostra che anche fattori che dovrebbero unire economie “capitalistiche”, come il concetto di lavoro, rischiano invece di dividere l’Occidente. Figurarsi il resto… Ciò indica che l’alleanza tra Europa e Stati Uniti è puramente utilitaristica. L’Occidente come monolito culturale non esiste. E come ogni relazione utilitaristica, anche l’alleanza euro-americana, resta perciò appesa al filo del tornaconto e degli egoismi.

[1] Carroll Quigley, The Evolution of Civilizations, Liberty Found, Indianapolis 1979, pp. 334-414. Quigley è soprattutto noto per un’altra sua opera, Tragedy and the Hope: The World in Our Time, Macmillan, New York 1966, dove ricostruisce in modo magistrale i meccanismi di potere che hanno permesso a un’ élite anglofona di edificare il “secolo americano”. Per ulteriori indicazioni bio-bibliografiche si veda qui http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/04/riletture-carroll-quigley-1910-1977.html