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A testa in giù

di Stefano Montanari - 28/08/2008

 Forse sarà perché da questa parte del globo si vive a testa in giù ma, ogni volta che ci vengo, mi sembra di essere davvero in un altro mondo.

Niente di straordinario, intendiamoci: qui in Australia, a Sydney, dove mi trovo, è tutto normale o, per meglio dire, è come dovrebbe essere la norma. Immaginate una città di quattro milioni e duecentomila abitanti, di gran lunga la più popolosa dell’intero continente, vastissima per estensione, con un mare che s’insinua dappertutto e un porto che brulica di un’attività febbrile.

Che ne sarebbe in Italia? Non è difficile tradurre: un traffico caotico, un inquinamento insopportabile e il problema dell’immondizia ad un livello tale che solo il nostro divino primo ministro saprebbe risolvere con la sua ormai mitica bacchetta magica. 

Per evitare problemi di sorta, qui il porto è stato trasferito molto a sud del centro; alla prova dei fatti, il traffico scorre che è una bellezza dovunque e il naso non avverte odori sgradevoli, innescando il sospetto che il motivo sia quello di disporre di trasporti pubblici razionali, magari ideati e diretti - udite, udite! - da persone capaci. Poi, a costo di smentire lo statista Maurizio Gasparri, lo scienziato Michele Giugliano e il faro Umberto Veronesi, qui, come, del resto, in altre parti del mondo ignote ai politici nostrani e alla loro corte dei miracoli, i rifiuti non costituiscono un rompicapo pur se l’inceneritore (pardon, il termovalorizzatore) non c’è.

 

Personalmente

credo che una mancanza del genere sia da addebitare al fatto che in questo strano paese la politica costa una frazione piccina piccina di quanto non costi a noi e la malavita, che ci sarà di sicuro anche qua, non ha nulla a che vedere con chi fa funzionare la nazione ma è malavita e basta che nessuno penserebbe mai di votare per il parlamento.  

E, a proposito d’immondizia, appena entrato nell’appartamento in cui vivo, mi hanno consegnato un foglio su cui è spiegato con estrema semplicità come differenziare il pattume e la cosa è finita lì.

Differenziare tutti lo fanno come un comportamento assolutamente ovvio, e chi avesse voglia di percorre la città in cerca di un pezzetto di carta o di una cicca di sigaretta o di una lattina o di qualsiasi altro scarto abbandonato sdegnosamente per terra avrebbe di che spendere la giornata. È così, onorevole Gasparri, che si evita di fare un falò delle immondizie, ma temo sia proprio questo ciò che lei vuole evitare. E poi, dico rivolgendomi altrove, se si toglie una fonte così feconda di cancri, come ci si guadagna la pagnotta? 

Se si passeggia un po’ per la città, a causa di una geografia costiera quanto mai frastagliata, si nota come le spiagge qui siano dovunque e il concetto di spiaggia attrezzata (ombrelloni e quant’altro) sia del tutto sconosciuto. Eppure, per quanto si cerchi e a dispetto dei locali che in spiaggia vanno anche ora che è il mese più freddo dell’anno, e lì ci mangiano pure, non sono mai riuscito a trovare un residuo qualunque d’immondizia. E il mare, cristallino dovunque, non porta a riva assolutamente nulla. Dunque, inutile cercarci vecchi pneumatici, sacchetti di plastica, lattine e tutto quanto di più fantasioso arreda allegramente le nostre rive.  

Ieri dovevo raggiungere un laboratorio di studi marini e mi sono fatto un’oretta di cammino per un sentiero in piena città (ma è impossibile accorgersene) sospeso sull’oceano. Per entrare in quel percorso ci si deve previamente pulire la suola delle scarpe al fine di evitare di portarsi appresso una muffa che danneggia gli alberi, ed è vietato fumare. Naturalmente, nessuno penserebbe mai, pur con la quasi certezza di non essere beccato, di non strofinare le scarpe sulla grata apposita o di accendersi una sigaretta, né qualcuno abbandonerebbe per qualsiasi motivo un rifiuto qualunque, fosse anche una gomma da masticare, per terra o fra le piante. Vi assicuro: un piccolo paradiso a disposizione di tutti e che resta a disposizione di tutti perché a nessuno verrebbe in mente di rovinarlo. Se lo rovino, poi non ne godo più nemmeno io. Insomma, qui i furbi non esistono e si vive bene. Eppure, ve lo posso assicurare, gli australiani non sono nulla di speciale: carne ed ossa come noi. 

Perché? Perché quando si parla di Napoli, una città ben più piccola di questa, si dice che non è possibile fare raccolta differenziata e altro non si può se non ricorrere alla criminale, costosissima idiozia di costruire inceneritori dovunque? Perché, ipnotizzati dai rapinatori della politica, tanti napoletani la pensano in questo modo e si sentono piccati quando si fa loro notare, ragione e dati alla mano, che sono in errore? Perché da noi nessuno insorge se vede qualcuno buttare l’immondizia per strada o gettare la cicca della sigaretta dall’automobile appiccando un incendio che parte dal ciglio della strada (vedi le nostre autostrade da giugno a settembre)? Perché noi non amiamo il nostro paese? Esiste qualcuno capace di spiegarmi perché qui applicare la ragione e l’educazione, farlo in modo naturale senza sacrificio né ostentazione e senza che nessuno controlli, è del tutto possibile, lo si fa per abitudine acquisita da sempre e non è concepibile comportarsi altrimenti, mentre da noi è giudicato quasi unanimemente assurdo? 

Io mi sento umiliato quando parlo con chi, abitando in questa remota parte del Pianeta, è venuto a visitare il mio paese e ha visto di che nefandezze siamo capaci per svillaneggiare il patrimonio di cultura più prezioso del mondo, e mi vergogno profondamente quando vedo trasmissioni TV come quella cui ho assistito ieri sera nella quale si mostra un noto comico nostrano, si mostrano le sue adunate oceaniche e, come contraltare, si esibisce uno dei tanti parlamentari con una fedina non propriamente linda. Il tutto permeato di una pur rispettosa ironia.  

Basta!