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Dieci buone ragioni per allontanarsi dagli USA

di Giuseppe Maneggio - 28/08/2008

Fonte: stonedact.blogspot.com

 

 

Esistono dieci buone ed evidenti ragioni per allontanarsi dagli Stati Uniti e creare una propria e reale sovranità. Queste considerazioni verranno elencate brevemente ma non per questo dovrebbero esimere da una analisi umanamente più logica e lineare.

1. Irrazionalità. E' un dato di fatto che molte delle azioni intraprese da alcune amministrazioni statunitensi siano state ammantate di irrazionalità. L'editorialista del Corriere della Sera, Sergio Romano, in una recente analisi sulla crisi caucasica trasmessa su Rai News 24, ha espresso seri dubbi sulla razionalità di George W. Bush e suoi consiglieri. Ciò che appare senza logica in un ottica di giudizio europeo può avere un senso se letto con la visione di uno stato fondato sulle lobby, la massoneria e i servizi segreti. Nel 1920 il noto giornalista critico Henry Louis Menckel disse: “L'obiettivo fondamentale della politica è tenere la popolazione in stato di allerta costante (e di conseguenza, rendere la sicurezza una condizione eccezionale) facendo incombere su di essa una serie infinita di minacce, per lo più immaginarie” (1). Questa irrazionalità ha un suo disegno che passa dal controllo dei cittadini, con telecamere di controllo o alla realizzazione del progetto Rfid (Radio Frequency Identification) dei chip sottocutanei, sino ad arrivare alla creazione di un mondo unipolare a unica guida governativa.

2. Economia del debito. Gli USA fondano il loro stile di vita (l'american way of life) sul debito ridondante. Le famiglie s'indebitano per acquistare merci a scadenza programmata. Questo processo di produzione e consumo estremo rende di fatto gli Stati Uniti non tollerabili da questo pianeta che vede depredate le sue risorse finite e sommerso di rifiuti e sostanze tossiche che non è in grado di smaltite. Il dato incontrovertibile è che se tutti gli altri paesi del mondo producessero e consumassero come gli USA servirebbero sei o sette pianeti come la terra.
Notoriamente poco inclini al risparmio, gli americani sono degli ottimi opportunisti e speculatori. Le bolle finanziarie create proprio dalla irrazionale logica che spinge ad avere profitti in un arco di tempo sempre più ravvicinato, hanno creato sconquassi a livello mondiale (si pensi alla crisi dei primi anni di questo secolo della new economy e a quella odierna dei subprime). Creare investimenti su un debito non ha una sua logica e se Aristotele asseriva che «il denaro non può generare denaro», figurarsi se l'assenza di denaro possa generare altro denaro.

3. Aggressività. Come conseguenza di una dottrina tipicamente imperiale, gli Stati Uniti ricorrono ad una politica internazionale aggressiva. Questo è evidente sia in chiave di accaparramento delle risorse energetiche del pianeta, di cui al punto 2, gli USA ne sono più degli altri estremamente dipendenti, sia da un punto di vista di interessi finanziario-economici. Senza l'apertura di nuove realtà, dove il libero mercato possa trovare anarchico sfogo, le corporation non potrebbero assurgere ad autentiche figure generatrici di mega profitti, siano queste appartenenti all'industria del petrolio, militare, dei servizi o della manifattura.
In campo diplomatico l'aggressività degli Stati Uniti se non mediata da nazioni europee spesso è votata a scontri verbali accesi che spesso trovano sfogo in conflitti armati. Alain de Benoist afferma: “E' noto che gli americani hanno sempre avuto una tendenza a ricercare soluzioni militari ai problemi politici, e soluzioni tecniche ai problemi militari” (2). Questo rappresenta una fuga in avanti che durante l'amministrazione Bush si è palesata in tutta la sua virulenza finalizzata a perseguire gli interessi nazionali, camuffando il lento ed inesorabile declino economico in atto da alcuni anni.

4. Interessi nazionali. Tutti i presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca hanno anteposto gli interessi nazionali a danno della sovranità di altri paesi e regioni del mondo. Da Ronald Reagan in avanti i costi pagati dal resto del mondo per sostenere gli interessi degli Stati Uniti sono esponenzialmente aumentati nel corso degli anni. Interpretare le loro azioni di politica internazionale come salvifiche o benemerite o appartiene alla logica di propaganda mediatica prezzolata o a coscienze ammorbate dalla stessa. L'esempio più fulgido di questi ultimi anni è la mancata ratifica del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni inquinanti. La giustificazione di George W. Bush è stata: “Lo stile di vita americano non è negoziabile” (3).

5. Difesa delle corporations. La trasformazione delle società di capitale in persone giuridiche con diritti e qualche dovere sul modello di diritto delle persone fisiche è stata ampiamente e dettagliatamente descritta dal film documentario canadese The Corporation di Mark Achbar e Jennifer Abbott e tratto dall'omonimo libro di Joel Bakan. Questi processi economico-giuridici, avvenuti principalmente negli Stati Uniti, hanno creato i presupposti per la nascita delle attuali multinazionali. Società di capitale che fatturano più di alcune nazioni messe assieme e che oggi sul velluto della deregolamentazione e assenza dello stato hanno creato i presupposti delle oligarchie economico-finanziarie. La stragrande maggioranza di queste società sono di matrice americana. Se l'uomo comune, in special modo di provincia, non percepisce o non è interessato più di tanto al dogma della globalizzazione, la corporation ne abbisogna come linfa vitale. Senza di essa non potrebbe sfruttare risorse e manodopera nei paesi poveri, negare i principali diritti umani e sindacali, inquinare, sovvenzionare terroristi e stati dittatoriali consenzienti e modificare la genetica di organismi vegetali e animali. Molte delle guerre intraprese dagli USA sono state un toccasana per alcune multinazionali. La General Electric, attiva nel campo della tecnologia e dei servizi, e che sta investendo moltissimo in Iraq, nel 2007 ha fatturato 172,7 miliardi di dollari pari all'intera spesa sanitaria dello Stato italiano.

6. Assenza della politica. Mentre l'Europa può vantare una lunga storia politica fatta di ideologie, movimenti e dottrine, gli Stati Uniti sulla matrice anglosassone, ma in rottura con la vecchia madre patria, hanno da sempre vissuto il modello bipartitico abiurando qualsiasi ideale che fosse contrario alla fede evangelica protestante e al libero mercato. L'assenza di qualsiasi formazione di matrice socialista rende questo paese un'anomalia nell'ottica di una fantomatica cultura occidentale che vedrebbe unite Europa e Stati Uniti. Fede e politica vanno di pari passo in terra americana. Il destino manifesto degli USA, che li ha portati alla conquista di nuovi territori (il west), con conseguente genocidio del popolo indigeno degli indiani d'America, è un dovere legato al giusto, alla democrazia e alla libertà. Espansione ovvia ed inevitabile. Dio è chiamato in causa per proteggere la nazione statunitense dietro ogni dollaro ma anche a giustificazione di ogni operato del presidente (Bush jr. docet). L'attuale politica americana si traduce in una lotta tra lobby massoniche-economico-finanziarie dove l'elettore consumatore partecipa sulla base di dicotomie e appartenenze non ideologiche ma tipiche dei supporter di una squadra sportiva, di un divo del cinema o della musica.

7. Dittatura del libero mercato. Appare come un dogma, una religione, una mistica. Può nell'ottica degli insigni economisti americani sostituirsi a Dio. La volontà del laissez-faire e della mano invisibile si erge a volontà divina, incontrastata, non sovvertibile. La globalizzazione voluta dalle lobby economico-finanziarie statunitensi rappresenta l'opera di evangelizzazione del concetto economico capitalista. Chi vuole sottrarsene verrà bandito dai tavoli degli organismi sovranazionali e annotato sul libro nero dei rogue states (stati canaglia). L'assioma democrazia e libero mercato è una fandonia propagandistica americana giacché abbiamo fulgidi esempi di stati autoritari dove il capitalismo germoglia, fiorisce e produce succosi frutti (leggasi Cina). Il libero mercato inteso all'americana deve rispondere agli interessi nazionali e all'intrinseco loro stile di vita. Non esistono alternative e seppur fallimentare alle evidenze, dopo l'inoculazione obbligatoria avvenuta in vari paesi (Argentina, Cile, Russia di Eltsin giusto per fare qualche esempio) e scricchiolante nelle forme odierne attuate coercitivamente in Europa, non esiste voce dissidente in capitolo che possa essere accolta senza l'accusa di eresia. Il libero mercato inteso all'americana è maledettamente darwiniano, sperequativo, ingiusto e causa principale della malattia individualista che ammorba l'intero occidente.

8. Dominio del dollaro. La moneta americana non vale più nulla. E' carta straccia creata dal paese più indebitato al mondo sulla base di passivi e bolle speculative in fase di implosione. Eppure continua ad essere la principale valuta di scambio per risorse fondamentali come il petrolio, l'oro, l'uranio e numerose altre contrattazione commerciali. Uno stato vacillante con un'economia fallimentare può mantenere l'egida della propria divisa a livello planetario solo in un modo: con il ricatto e la forza.
Gli Stati Uniti difatti non ammettono che la principale risorsa energetica, il petrolio, venga contrattato con altra moneta se non la loro. Saddam Hussein, accusato grottescamente di possedere un arsenale di armi di distruzione di massa, in realtà aveva l'intenzione di istituire un mercato borsistico alternativo per il petrolio mettendo al bando proprio il dollaro. Da marzo di quest'anno il governo iraniano l'ha creato sull'isola di Kish. Il greggio si compra in Euro! Ben lungi dall'affermare che questa sia la sola ragione di isolamento e aggressione operata dagli Stati Uniti, che comunque sul nuovo assetto del Medio Oriente offrono ampia documentazione grazie ad intelligence e think tank (idiota peculiarità americana di istituzionalizzare gruppi di ricerca su politica, economia, sociologia e scelte militari), siamo comunque portati a pensare che il dollaro sia parte integrante di un approccio aggressivo, pretestuoso e arrogante rivolto verso la nazione iraniana.
Chi vuole uscire dalla spirale del collasso economico mondiale dovrebbe seriamente prendere le distanze dall'economia statunitense e dal dollaro. Se Russia e Cina non vengono minimamente toccate da questa crisi partorita dall'appestato a stelle e strisce è proprio perché godono di una politica economica e monetaria sovrana. L'opposto di ciò che fa la “nostra” BCE che mantiene alto il costo dell'Euro a svantaggio delle esportazioni europee e dei salari per tentare un accanimento terapeutico sul dollaro e la finanza americana.

9. Gabbie coercitive degli organismi sovranazionali. Gli Stati Uniti sono stati promotori di molte delle organizzazioni internazionali che in genere svolgono un ruolo sussidiario ai loro stessi interessi. W.T.O., Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale diffondono il verbo neoliberista; NATO e Consiglio di sicurezza dell'ONU (il fatidico 5+1) a tutela degli interessi militari e geostrategici; il G8 per la politica internazionale (le recenti minacce ai danni della Russia potrebbero riportare il numero dei partecipanti a sette, a dimostrazione che gli arbitri restano gli USA e gli inviti distribuiti a loro discrezione). A questi organismi aggiungiamo la Commissione Trilaterale fondata su iniziativa di David Rockfeller e il Gruppo Bilderberg che annualmente raduna circa 130 esponenti chiave dei paesi più ricchi. Farne parte obbliga a degli imperativi da cui difficilmente ci si può esimere. Un esempio recente ci è stato offerto nel 2003 dall'ONU che è stato formalmente obbligato dagli Stati Uniti a partecipare all'invasione dell'Iraq nonostante l'opposizione dell'allora segretario Kofi Annan e di alcuni membri.
In senso opposto Washington si avvale della facoltà di sottrarsi e non conformarsi alle decisioni di organi internazionali qualora possano colpire uomini ed interessi legati alla loro istituzioni. E' il caso della Corte Internazionale di Giustizia, della quale gli USA fanno parte, ma con facoltà di veto che a seconda delle circostanze, può permettere di sottrarre alla giustizia un qualsiasi cittadino americano o a non attenersi alle eventuali condanne, accampando giustificazioni garantite dal seggio di cui dispongono nel Consiglio di sicurezza dell'ONU.

10. Ingerenza ed interferenza nella politica di altri stati. Se la mente umanista del creatore di Star Trek, Gene Roddenberry, già negli anni '60 immaginava un futuro in cui una fantomatica Federazione dei Pianeti Uniti poneva come prima direttiva quella di vietare fermamente di interferire nello sviluppo naturale di una civiltà o negli affari interni di un governo di un altro pianeta, era perché evidentemente gli Stati Uniti, paese in cui viveva, erano agli antipodi.
Triste e sanguinosa storia quella degli USA e del loro presunto “cortile di casa”: il centro e sud America, teatro di dittature militari e colpi di stato architettati dalla CIA. Così come di molti stati africani piegati dalle logiche neocoloniali delle corporation americane. Fino ad arrivare alle “rivoluzioni di velluto” di pochi anni fa che per logica condurranno al risveglio dell'orso russo e ad una nuova guerra fredda. Responsabile di queste ultime e moderne “esportazioni della democrazia” è l'International Republican Institute presieduto dal senatore John McCain attuale candidato alla Casa Bianca.
L'ingerenza non si limita a sovvertire regimi e ad aprire nuovi sbocchi all'economia di mercato, ma anche alla sorveglianza dei paesi alleati o amici. Il controllo delle principali agenzie di stampa, comunque già facenti parte di gruppi industriali e finanziari, è finalizzato ad asservire la propaganda in chiave occidentalista e comunque secondo logiche impartite dai consiglieri governativi degli Stati Uniti. Restano oscure ma in parte ben distinte le implicazioni degli USA in azioni dirette o indirette di terrorismo anche ai danni della nostra Nazione che hanno avuto un apice durante gli anni '70.

La trattazione, per ovvi motivi di spazio, apparirà suscettibile di integrazioni, ma sarebbe richiesto un pamphlet per articolare dettagliatamente i dieci punti. Ciò che comunque se ne deduce è che serve, soprattutto per questa Europa, uno spazio di crescita maggiore su tematiche delicate come la sovranità e la politica. Un Europa sì unita, ma sovrana e federale che possa ergersi non in funzione contrappositoria agli Stati Uniti, ma alternativa e mediatrice perché come diceva Henry Kissinger: “Essere nemici degli Stati Uniti è molto pericoloso. Esserne amici è letale".
Intensi e chiari rapporti di partnership con la Russia in tal senso rappresentano un obbligo per gli stati europei. La vasta disponibilità di risorse minerarie ed energetiche del suolo russo potrebbero realmente ricollocare il centro del mondo verso il “vecchio Continente”. Sottostare ai diktat delle politiche internazionali di Washington non farebbe che il gioco degli interessi nazionali statunitensi che in chiara ed evidente difficoltà economica intravedono come pericolosa per la propria leadership la nascita di un soggetto europeo che includa anche la Russia.

Quello che purtroppo constatiamo quest'oggi è in realtà un'Europa ancora sottomessa e supina ai desideri americani, che torna alla richiesta di sussistenza militare per un riarmo che potrebbe riaprire scenari apocalittici sul suo terreno. L'installazione di missili intercettori e di radar in Polonia e Repubblica Ceca, per quella che è il rispolvero del progetto di scudo spaziale di vecchia memoria, è da leggersi come un evidente provocazione ai danni di Mosca che si vedrà costretta alla difensiva.
Questa Europa così assente da una propria sovranità è peraltro teatro di un processo antidemocratico. Il primo di gennaio del 2009, se il Trattato di Lisbona verrà ratificato da tutti i parlamenti prima della fine di quest'anno, le singole nazioni europee abdicheranno la loro sovranità in favore di un Commissione che avrà enormi poteri esecutivi senza che alcun suffragio popolare possa deciderne i membri. Un ulteriore passo verso la costruzione di quell'Ordine mondiale tanto desiderato ed annunciato dai Rockfeller e dai Rothschild. Un altro atto verso l'americanizzazione di un Europa vassalla.

(1) H. J. Mencken – In defense of Women - 1920
(2) Alain de Benoist – L'impero del “Bene” - Edizioni Settimo Sigillo – 2004
(3) George W. Bush – Vertice di Johannesburg – agosto/settembre 2002