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«Ethel Rosenberg innocente»: la verità 55 anni dopo l'esecuzione

di Ennio Caretto - 13/09/2008

L'ultima rivelazione I dossier del processo e la confessione di un amico della coppia confermano l'iniquità della sentenza

Condannata con il marito per aver fornito segreti nucleari all'Urss. «Lui era la spia, lei fu incastrata»

L'esecuzione avvenne nel '53. Ethel aveva 35 anni Spia Morton Sobell, amico della coppia

Nel 1953, quando Julius ed Ethel Rosenberg, sposati e con due figli piccoli, vennero mandati alla sedia elettrica per avere fornito segreti atomici all'Urss, l'Europa, l'Italia in particolare, si divise tra colpevolisti e innocentisti. La spaccatura non si saldò mai: per i colpevolisti l'America, in piena guerra fredda, aveva solo fatto giustizia; ma per gli innocentisti s'era resa complice della caccia alle streghe comuniste dell'estrema destra, il maccartismo. Ieri, con il rilascio di gran parte degli atti processuali e con una intervista al New York Times di un compagno della coppia, Morton Sobell, la verità è finalmente emersa.
Spia sovietica fu unicamente Julius Rosenberg: la moglie Ethel, pur essendo al corrente della sua attività, non vi partecipò. A 55 anni di distanza, la sua condanna a morte, anziché alla detenzione, appare una sentenza iniqua anche ai fautori della pena capitale.
A ottenere il rilascio dei documenti, 41 delle 45 deposizioni al processo, uno dei più controversi della storia americana, sono stati gli Archivi nazionali e la Coalizione nazionale degli storici. Dai dossier, è chiaro che si trattò di una tragedia familiare oltre che giudiziaria: le false prove di spionaggio a carico di Ethel Rosenberg furono infatti addotte dal fratello David Greenglass e dalla cognata Ruth su pressione della Procura, che in cambio risparmiò loro la sedia elettrica.
Il fratello, che lavorava al Laboratorio di Los Alamos, e la cognata testimoniarono di avere fornito ai Rosenberg appunti presi a mano sull'atomica, e di avere visto Ethel batterli a macchina per consegnarli ai sovietici. Un falso dell'ultimo minuto, in contrasto con la loro deposizione iniziale davanti al Gran Giurì, dove avevano accusato solo Julius.
Dell'innocenza di Ethel Rosenberg erano convinti da tempo sia gli Archivi nazionali che la Coalizione degli storici: da documenti della Urss decifrati dalla Cia, risultava che il Kgb, la polizia sovietica, aveva ricevuto gli appunti a mano di David Greenglass e che non esistevano suoi appunti battuti a macchina dalla sorella. Ma ieri l'innocenza di Ethel è stata confermata anche da Sobell, che a 91 anni è l'unico sopravvissuto del clamoroso caso.
Nell'intervista al New York Times, Sobell, un altro ricercatore del Laboratorio di Los Alamos, ha ammesso per la prima volta di essere stato anch'egli una spia sovietica. Ha però sostenuto che il Cremlino possedeva già i segreti atomici e che i dati ricevuti da Julius Rosenberg erano di scarsa importanza: «Quanto a Ethel — ha concluso— ebbe solo la colpa di essere sua moglie ».
Il New York Times ha ricordato che nel 2001 William Rogers, il sostituto procuratore al tempi del processo, celebrato nel 1951, spiegò che Ethel venne incriminata per indurre il marito a confessare e a svelare i nomi di altre spie sovietiche: «Speravamo che di fronte alla minaccia di una condanna a morte della donna, Julius crollasse. Ma i coniugi non collaborarono, continuarono a proclamarsi innocenti».
Secondo il quotidiano, la politica impedì alla Procura di tirarsi indietro. Ne è convinto anche Sobell, che era riuscito a fuggire, ma fu catturato e incarcerato fino al '69: «Ethel sapeva, ma più di una volta si era tenuta fuori dalle nostre conversazioni. Tacque con le autorità per salvare il marito, un reato di omissione».
Tra il 1951 e il 1953 eminenti americani, a disagio per il caso, chiesero invano la grazia per i Rosenberg: il presidente Eisenhower la rifiutò, e la loro esecuzione fu accompagnata da proteste in tutto il mondo. Ricordandolo, uno dei loro figli, Robert Meeropol— dovette cambiare nome — si è detto lieto del riconoscimento dell'innocenza della madre. Ha rilevato lo storico Bruce Craig: «È un'amara lezione per la nostra democrazia. La Procura giudicò i Rosenberg colpevoli prima ancora del processo e non badò ai mezzi per farli condannare. Auguriamoci che non si ripeta più».