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La parabola storica degli USA e' arrivata al termine?

di Uriel - 15/09/2008

Fonte: Wolfsteep


 
La parabola storica degli USA e' arrivata al termine. Forse 60 anni di potenza ci sembrano pochi rispetto a quelli di altre civilta', ma dobbiamo paragonarli con i miseri 300 anni di storia locale. 

La situazione , in breve, e' questa: le tre principali aziende automobilistiche di Detroit sono vicine al fallimento, schiacciate dai gruppi europei ed asiatici.

Ci sono molte cose dietro questo disastro industriale, prima tra tutte l'ostinazione a vedere il mercato dell'auto come il mercato americano: un mercato rozzo, poco sofisticato sul piano del design, poco orientato al risparmio energetico.

Questo e' il simbolo dell'involuzione presa ,per ragioni puramente valutarie, dalle aziende americane: "noi costruiamo solo per il mercato americano, che e' rozzo ma fiorente. Semmai vorranno altro , visto che il dollaro lo accettano tutti, compreremo all'estero. Tanto, nel mercato USA c'e' posto per tutti."


Il risultato di queste politiche e' che e' sufficiente un crollo del mercato interno per ridurre le aziende americane con le spalle al muro. Mentre le aziende europee si sono, anche tra mille difficolta', espanse sui mercati del sudamerica, dell'asia, del mediooriente, gli americani hanno sempre considerato il proprio mercato interno come il mercato di riferimento.Poi, eventualmente, avrebbero venduto fuori.

Questo provincialismo e' la causa del disastro industriale americano, perche' nel frattempo e' crollata definitivamente quell'economia di carta che era tanto cara ai dem-chic: l'economia dove la carta produce altra carta, i soldi producono altri soldi, senza che qualche reale processo produttivo sia coinvolto.

Sia chiaro, la crisi sara' durissima. Sara' durissima per gli USA, che ormai non hanno piu' partner capaci di andar loro in aiuto, e specialmente non hanno piu' partner che vogliano andare loro in aiuto.

Le liquidita' in dollari che per volume potrebbero salvare gli USA sono concentrate in pochissime mani: BCE, Banca centrale Cinese, Banca centrale di Russia. Nessuna di queste banche e' capace o desiderosa di aiutare gli americani, anzi capita che molti vorrebbero disfarsi della loro invadenza: vedi Francia e Germania.
A questi si unisce progressivamente la finanza spagnola, che sta beneficiando della crescita sudamericana e non vuole un ritorno degli yankee.

I paesi con un tasso di crescita tali da poter sostenere l'industria usa mediante gli acquisti sono altrettanto pochi di numero: Cina, Russia, Brasile.  Escluderei l' India per via della crisi strutturale, e per via del progressivo abbraccio russo cui l'ha consegnata l'abbraccio tra Bush e Musharraf.

L'economia dell'europa occidentale e' troppo strutturata per avere  dei reali problemi con la crisi d'oltreoceano, dall'altro lato e' troppo strutturata per dare delle performances tali da sostenere gli USA.

Nel frattemo, negli USA arriva il crepuscolo degli dei. Il rapporto tra deficit e PIL e' al 300% ed oltre, e come se non bastasse il governo sta pagando di tasca propria i grandi fallimenti finanziari, lasciando intendere alle banche in difficolta' che "finche' dura l'amministrazione Bush e' il momento giusto per dichiarare fallimento e pagarne il prezzo meno del solito".

C'e' da prevedere che entro la fine del mandato di Bush ci saranno altri fallimenti, e probabilmente a pochi giorni dalle elezioni americane vedremo il botto dei giganti automobilistici americani: l'interventismo del governo rende troppo attraente dichiarare il default adesso.

A questo si aggiunge la credibilita' quasi nulla delle agenzie di rating americane: l' inglese Barklays si e' ritirata dal salvataggio di Lehman perche' "Non ci sono sufficienti garanzie per proteggerci da ulteriori perdite nascoste nei bilanci della Lehman".

Rendiamoci conto di quello che sta succedendo: un'entita' finanziaria e' cosi' complessa , all'interno di un diritto cosi' complesso e di regole contabili cosi' complesse che nemmeno gli enti certificatori possono garantire che "+10" sia "+10", e non "-35".

L'onda di tutto questo non puo', ovviamente , non investire anche l'Europa, ma come ho detto i danni saranno tutto sommato superabili: in tre o quattro mesi di ristrutturazione del mercato finanziario dovremmo uscirne.

Diversa e' la situazione degli USA: accollandosi altri fallimenti , piu' il debito pubblico gia' enorme, gli USA stanno ipotecando le future generazioni anche piu' dell' Italia. Occorreranno due secoli per pagare tutto il conto, che e' molto piu' grave di quello italiano (e questo e' tutto dire).

La dottrina politica USA e' quella di concentrarsi sulla tecnologia e sul potere militare, ma un potere militare basato sulla superiorita' tecnologica regge soltanto se ci sono armamenti risolutivi, come accadeva nel periodo della guerra fredda.

Al giorno d'oggi, in un mondo multipolare, succede che e' possibile distruggere un Iraq o una Serbia, ma i costi della tecnologia sono tali che operazioni di lungo respiro sono impensabili: un esercito supertecnologico e' una macchina da demolizione sul piano militare, e' completamente INUTILE sul piano politico.

Puo' sembrare un fattore di poco rilievo, ma non lo e': in un mondo multipolare alla minaccia di guerra da parte degli USA si puo' tranquillamente rispondere cosi' "e va bene, mi fai guerra. E dopo?". A questa domanda nessuno stratega americano sa piu' dare una risposta, troppo concentrati come erano a trasformare l'esercito in una macchina da demolizione. Questo e' vero sin dall'era Reagan, ma la consapevolezza dell'inutilita' di un simile esercito nel medio e lungo termine ancora non si affaccia alla mente degli strateghi del pentagono.

Il risultato e'che tutte le reazioni a questa crisi, sia quelle del programma di Obama che quello di McCain, sono stereotipate e non tengono conto della situazione: sembra di vedere dei karateka perfettamente addestrati. Conoscono i colpi, hanno studiato le tecniche: l'unica cosa che non sanno fare e' usarle nel contesto pratico. Sia i repubblicani che i democratici propongono delle strategie teoriche che funzionerebbero se la realta' non fosse quella che gli americani non vogliono sentir nominare: l'america e' finanziariamente debole, industrialmente al declino, valutariamente sull'orlo del baratro.

Non si capisce , dai programmi di Obama, dove tirerebbe fuori i soldi per fare cio' che promette,visto che il debito pubblico e' mostruoso e l'industria pesante USA non mostra segni vitali. Non si capisce cosa dovrebbe "risparmiare" o "distribuire", visto che ormai solo il Tesoro USA dispone di capitale nel senso americano del termine.

Lo stesso dicasi per McCain: le strategie repubblicane funzionano solo quando una forte liquidita' diffusa permette l'accumulo del capitale laddove e' piu' redditizio, venendo anche detassato dal governo. Ma il capitale diffuso non c'e' piu', e evaporato con la crisi dei mutui, cui e' seguita la crisi del credito al consumo. Cosa sosterrebbe la sua ipotetica economia capitalista, se non c'e' piu' il capitale?

Non sono molto confidente circa il fatto che gli USA possano uscire dalla propria crisi; penso che sia iniziato il loro declino: il declino non e' altro che questo;  una crisi che la popolazione non vuole vedere, costringendo la classe politica a strategie inefficaci e velleitarie, che ricordino alla gente "come si faceva nei bei tempi andati".


Non credo che nel medio e nel lungo termine ci sia troppo da preoccuparsi per l'economia europea: sebbene sia poco performante, ha il vantaggio di essere assai stabile. Ci sara' sicuramente un periodo di recessione, dai 3 ai 6 mesi. Poi ci si rialzera', con un baricentro spostato verso oriente, sia perche' i paesi con crescita piu' alta sono gli ex satelliti dell' URSS, sia perche' le borse piu' orientali hanno orari e contatti piu' stretti con quelle asiatiche.

Ogni crisi americana non fa altro che spostare verso est il baricentro europeo, che negli ultimi anni si e' spostato quasi esclusivamente verso oriente, lasciando stare l'espansione a nord (il mondo scandinavo) e a sud (il mediterraneo).

Su questo incombe , per gli USA e per il mondo anglosassone, un pericolo ancora peggiore: la stabilizzazione del medio oriente.

Contrariamente a quanto si pensa il medio oriente non e' un problema marginale : se osserviamo gli ultimi 400 anni di storia vediamo che l'atlantico del nord e' stato il mare di riferimento delle potenze economiche e degli scambi commerciali.

Adesso osserviamo bene il mar mediterranero: esso e' tornato ad essere un mare dalle potenzialita' incredibili: tocca l'asia, l'africa e l'europa. Basterebbe che si stabilizzasse il medio oriente per consentire al mondo asiatico di sbarcarvi, avendo accesso all' europa e all'africa.

Si capisce facilmente che una stabilita' del medio oriente riporterebbe l'equilibrio mondiale su tre mari: quello pacifico, sul quale si affacciano le potenze dell'asia estrema, gli usa e il sudamerica.

L'atlantico del sud , sul quale si affaccia il sudamerica e l' Africa.

Infine il mediterraneo, sul quale si toccano il continente asiatico, l'africa e l'europa.


Il che significa che il mondo dell'atlantico del nord sta lentamente morendo: non meraviglia se l'entita' piu' stressata oggi sia la NATO,e non scommetterei molto sul suo futuro.