Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Trattati peggio degli schiavi dalle cooperative: devono pagare per lavorare

Trattati peggio degli schiavi dalle cooperative: devono pagare per lavorare

di Valerio Varesi - 17/09/2008

 
«Questi sono peggio degli schiavi perché, per lavorare, devono anche pagare» sintetizza Massimo Ricci, responsabile della logistica alla Filt-Cgil. Gran parte dei 17 mila lavoratori del settore, organizzati in forma cooperativa, subiscono condizioni di lavoro e di trattamento economico pessime e spesso in violazione della legge. Malgrado tutto ciò, devono anche pagare una «quota sociale», con oscillazioni dai 500 ai 7500 euro all' anno, il più delle volte stabilita non collettivamente. Colpisce soprattutto il ribaltamento concettuale che implica la loro condizione di soci lavoratori. Se un tempo cooperativa significava un sistema in cui i salariati diventavano padroni affrancandosi da condizioni di lavoro umilianti, ora questa forma aziendale, è sempre più spesso sinonimo di sfruttamento e assoggettamento. Al punto che il segretario della Filt-Cgil Maurizio Lunghi lancia un monito alle associazioni delle imprese del settore, bianche e rosse: «Se non vigilerete su questo fenomeno finirà per travolgervi perché le forme cooperative scorrette si mangeranno quelle buone così come la moneta cattiva scaccia la buona». Ma cosa succede? «Semplice - riprende Ricci - il modello cooperativo è diventato il grimaldello per poter eludere tasse, contributi, contratti collettivi e le più elementari regole vigenti come l' orario di lavoro». In pratica, con la scusa che i lavoratori, essendo soci, sono in parte i padroni dell' azienda, li si può trattare come si vuole. Per esempio gli si può corrispondere gran parte dello stipendio sotto voci esentasse come la trasferta, ridicola se applicata a un lavoratore stanziale. «Spesso ci si mette d' accordo su un minimo e il resto lo compila il dirigente con voci a volte fantasiose - interviene Luigi Preci, anch' egli sindacalista Cgil - in una sorta di sagra dell' elusione fiscale e contributiva». La cooperativa, a questo punto, è solo una scatola con dentro dei lavoratori «su cui si ha mano libera anche perché gran parte è costituita da extracomunitari non sempre al corrente dei loro diritti». Per non parlare del lavoro nero. «Sappiamo che di notte al Caab e all' Interporto entrano furgoni carichi di lavoratori senza contratto chiamati a scaricare qualche container e successivamente riportati fuori in una sorta di prestazione a gettone» spiega Lunghi. «Ma nessuno può controllare perché l' Ispettorato del lavoro non prevede orario notturno per i suoi funzionari nonostante il 40% delle mansioni logistiche si svolga dopo le 22». L' elenco delle vessazioni è piuttosto lungo. Il più odioso è quello di far firmare le dimissioni in bianco all' atto dell' assunzione per tenere sotto scacco i lavoratori-soci. La cosa viene usata in particolare contro le donne, licenziate in tronco con questo metodo appena restano incinte. Poi c' è la gestione dei periodi di calo lavorativo. «Lo statuto delle cooperative - spiega Preci - prevede che si distribuisca il calo fra i soci in modo che, a turno, se ne stanno a casa tutti. Invece spesso si lasciano a casa solo quelli che danno fastidio e si iscrivono al sindacato creando loro grossi danni economici». Il sindacato chiede che le istituzioni vigilino e che i controlli diventino efficaci. I principali committenti delle società di logistica (oggi non più solo facchinaggio, ma anche gestione dei magazzini, dei semilavorati e persino la macellazione e la selezione dei capi nell' abbigliamento) sono, infatti, le istituzioni e queste ultime vengono chiamate a sorvegliare che gli appalti non siano spinti al ribasso con ripercussioni tremende sul trattamento degli operai. «Ci vuole anche una legge regionale sugli appalti - riprende Lunghi - che stabilisca qual è la quota minima sotto la quale non si va. Si sa che un' ora di facchinaggio a Bologna costa, come minimo, 15-17 euro se si vogliono fare le cose regolari. Pertanto, in caso di costi più bassi c' è sicuramente qualcosa che non va. Eppure - aggiunge - le più grandi multinazionali delle spedizioni strappano contratti con paga oraria di 12,9 euro. La 'Tnt' , addirittura, in Italia applica impropriamente il contratto del commercio anziché quello del settore, perché meno oneroso». La Cgil tira in ballo anche la Camera di commercio: «Dovrebbe depennare le aziende che non si comportano correttamente anziché invischiarsi in diatribe sulla Fiera» taglia corto Preci. Il quale sottolinea anche un' altra violazione allo statuto delle cooperative riguardante l' assenza di democrazia: «Non solo si lasciano a casa i lavoratori scomodi, ma si stabiliscono quote societarie senza consultare la base. Due o tre persone decidono autonomamente e arbitrariamente». «è chiaro - conclude Lunghi - che un sistema così marcio, alla lunga, finisce per trascinare a fondo anche il resto di buono che c' è. Per questo noi mettiamo in guardia le centrali cooperative anche perché rappresentano il 30%-35% del prodotto interno lordo della nostra regione. Inoltre è intollerabile che aziende multinazionali trattino il nostro Paese e i nostri lavoratori come se fossimo il terzo mondo. All' estero si guardano bene dal comportarsi in questo modo». Ma la deregulation non sempre paga. è il caso della «Power Log», gigante con 2500 soci, ora in liquidazione volontaria dopo una crisi finanziaria che ha prodotto un notevole dissesto. Gli appalti al ribasso possono fare molto male.


Fonte: La Repubblica - Edizione di Bologna