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Problema ozono

di Marinella Correggia - 18/09/2008

 

Il problema dell'assottigliamento della fascia di ozono nella stratosfera non è più da tempo al centro dei riflettori, surclassato, fra l'altro, dal riscaldamento globale. Ma queste due spade di Damocle si incrociano in più punti, pericolosamente sopra le nostre teste. Lo strato di ozono funge da filtro per le radiazioni ultraviolette solari che possono essere dannose per la pelle umana, anche causare una parziale inibizione della fotosintesi delle piante e distruggere frazioni importanti del fitoplancton che è alla base della catena alimentare marina. L'assottigliamento della fascia si è manifestato a partire dagli anni '80, a causa dei clorofluorocarburi (Cfc), gas industriali impiegati in molti processi e merci, ad esempio nella refrigerazione. Il 16 settembre 1987 fu firmato il Protocollo di Montreal che li mise al bando, ma con periodi di tolleranza. L'accordo prevedeva una riduzione del 50% della produzione e uso dei Cfc entro il 1999. I Cfc furono sostituiti dagli Hcfc (idroclorofluorocarburi), meno dannosi per l'ozono ma comunque potenti gas serra, così come gli Hfc (quantomeno innocui per la fascia di ozono). L'anno scorso si è raggiunto un accordo per eliminare anche gli Hcfc ma non gli Hfc. Come spiega Greenpeace, è come passare «dalla padella alla brace». Intanto, se tutto andrà bene la fascia non tornerà allo spessore originario prima del 2050. Se tutto andrà bene... ma non pare. L'Organizzazione meteorologica mondiale (www.wmo. int) che fa parte del sistema Onu ha un sistema di misurazione chiamato Global Atmosphere Watch (Gaw) e ha pubblicato alla fine di agosto uno dei suoi bollettini sullo stato dell'ozono stratosferico in Antartide, l'area dove l'assottigliamento è più drammatico. Ebbene ieri in occasione della Giornata mondiale per la salvaguardia della fascia di ozono (nell'anniversario di Montreal) la Wmo ha comunicato che nel 2008 sull'Antartide il buco - che ogni anno raggiunge il suo massimo fra fine settembre e inizio ottobre - è più esteso che nel 2007. Il 13 settembre le misurazioni davano un buco di 27 milioni di km quadrati contro i 25 di un anno fa. Un aumento record fu registrato nel 2006 quando, dopo cinque anni di stasi, il buco arrivò a un'estensione di 29,5 milioni di km quadrati, la maggiore mai registrata dagli anni '70, all'inizio del problema. Già allora la Nasa aveva fatto sapere che le mutazioni climatiche e nuove emissioni massicce di gas e aerosol nei paesi in via di sviluppo come Cina e India peggioravano la situazione. Quest'anno ci risiamo. Gli scienziati della Wmo sottolineano i possibili collegamenti fra perdita dello strato di ozono e cambiamenti climatici: «L'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera porta a un innalzamento della temperatura nella troposfera e sulla superficie del globo. Nella stratosfera, al livello a cui si trova lo strato di ozono, c'è un effetto di raffreddamento; negli scorsi decenni, in inverno, esso è in effetti stato osservato, sia nell'Artico che nell'Antartico. Temperature più basse aumentano le reazioni chimiche che appunto distruggono l'ozono. Al tempo stesso la quantità di vapore acqueo nella stratosfera aumenta al ritmo dell'uno per cento l'anno. Una stratosfera più umida e più fredda significa più nubi polari stratosferiche, il che conduce probabilmente a una corrispondente maggior perdita di ozono in quelle aree». La speranza viene dal fatto che nelle latitudini temperate dove vive la maggior parte della popolazione mondiale la situazione non dovrebbe aggravarsi e anzi dovrebbe migliorare - piano piano.