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Ampia scelta, prezzi convenienti…

di Giada Saint Amour di Chanaz - 19/09/2008


 



«La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti nutritivi e culturalmente adeguati, accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, ed anche il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo.»
27 febbraio 2007
Dichiarazione di NYÉLÉNI
Villaggio di Nyéléni, Sélingué, Mali


I cosiddetti “consumatori” apprezzano sempre di più i cosiddetti “prodotti tipici”, e desiderano introdurre nelle proprie abitudini alimentari un certo ritorno alla tradizione, tanto che la televisione, per invogliarci ad acquistare tale marca di tonno, di biscotti o di surgelati non esita a mettere in scena massaie dal grembiule ricamato e scene bucoliche di famiglie felici in antiche fattorie. Il prosciutto sotto cellophan – che proviene da maiali d’importazione allevati industrialmente e che contiene conservanti ed altre porcherie – è sempre prodotto “secondo tradizione”!

Il prodotto tipico non esiste, il prodotto locale sì
Il prodotto tipico è l’invenzione di un’identità che non esiste. È la “museificazione” di qualcosa che non è ancora morto, è la lapide dell’agricoltura contadina, un tentativo di seppellirla viva. Ma se distogliamo lo sguardo dalle tombe fredde dei supermercati, dalle quali sorridono nostalgici i fantasmi di una genuinità che sembra perduta per sempre, ci accorgiamo che la terra, i contadini, i piaceri del palato, esistono ancora, tentano di resistere e sarebbero felici di condividere con noi questa loro esperienza, nel presente, oggi, ora.
Ecco perché andrebbe superata l’opposizione “apparente” tra prodotti tipici e prodotti globalizzati, questa è una condizione essenziale per comprendere un’altra cosa: il prodotto globalizzato è omologante. Il sistema della grande distribuzione è un luna park multicolore che ci offre infinite variazioni attorno ad un medesimo tema. Troviamo lo stesso biscotto con l’etichetta tradizionale o con quella post-moderna, può venire da chissà dove o avere forme strane. Può contenere “sorpresine” o meno. Ma non ci accorgiamo di acquistare sempre e solo le stesse cose.
La tradizione non esiste, il territorio sì. Se iniziamo a ricordarci che tutto, assolutamente tutto ciò che mangiamo, che usiamo, che consumiamo viene dalla Terra, possiamo iniziare a porci la seguente domanda: io abito nel Lazio, qui intorno ci sono moltissimi agricoltori, siamo ad Ottobre. Quali sono i prodotti che la mia terra offre, naturalmente freschi, in questa stagione? Eccone l’elenco.

• barbabietole rosse
• biete da coste, da taglio
• broccoli
• kaki
• carote
• castagne
• cavolini di Bruxelles
• cavolfiori
• cavoli vari
• cetrioli
• cicoria bianca, bionda, catalogna, orchidea rossa, rossa, verde
• cicoria puntarelle
• fagioli borlotti rampicanti
• fichi d'India
• finocchi
• funghi
• indivia riccia
• lattuga romana
• limoni
• melagrane
• melanzane
• mele
• mele cotogne
• mentuccia
• noci
• nocciole
• patate
• pesche
• porri
• rape
• scarola
• scorzonera
• sedano
• semi di girasole
• spinaci ricci ibridi
• tartufi
• topinambur
• uva
• zucchini chiari e scuri ibridi

Quanti di questi prodotti non sono reperibili nel vostro “supermercato di fiducia” ? L’ampia scelta che la grande distribuzione vanta ci lascia spesso e volentieri a bocca asciutta, specialmente se, anziché farci trascinare dal fascino delle immense distese di scaffali, ci impuntiamo nella ricerca di un ingrediente “semplice”. Senza contare l’inevitabile quiproquo: risparmio 10 centesimi acquistando questa carta igienica super scontata, ma un istante dopo mi lascio tentare da una lattina di bibita “energizzante”. Sto pagando 1 euro e 60 centesimi per l’equivalente di un bicchiere di acqua e zucchero e sto aggiungendo una lattina alla massa infinita di rifiuti che dono al mondo ogni giorno. Il sistema sembra inarrestabile. Non so perché lo faccio, ma lo fanno tutti e diventa sempre più improponibile, difficile, improbabile fare diversamente. Oggi il 55% del cibo venduto in Italia passa attraverso 4 catene di grandi supermercati.

Ma siamo sicuri che sia l’unica strada possibile?
Per dimostrare quale margine di autonomia abbiamo potenzialmente, voglio riportare qui l’esempio di una bottega autogestita che è riuscita a proporre una varietà di prodotti molto simile all’elenco riportato sopra, con prezzi equi, oltre all’opportunità di acquistare anche prodotti del commercio equo, detersivi ecologici, rimedi e prodotti cosmetici naturali fatti in casa, di scambiarsi consigli ecc. Tutto ciò è stato realizzato da un pugno di persone in soli 3 mesi di partecipazione volontaria e occasionale all’interno di un Centro Sociale Autogestito a Roma. La creazione di questo Spaccio, con relativo listino, si inserisce nell’ambito di terra/Terra, un Connettivo che riunisce piccoli produttori biologici autocertificati e consumatori, accorcia la filiera, intensifica i rapporti umani e scatena la creatività…
Il vantaggio principale in una micro-economia quale quella dello Spaccio è il fattore umano, la fiducia, gli intensi scambi di ricette, idee, suggerimenti, la conoscenza personale e diretta di ogni produttore, la solidarietà e la consapevolezza politica. E’  quello di sfuggire all’estremo impoverimento culturale che si cela dietro l’offerta globalizzata, ma anche a quei pomeriggi da incubo tra sottopassi, parcheggi, luci al neon, file sterminate, arie condizionate, eccesso di “packaging”, eccetera eccetera. Per i mesi che è durata questa esperienza, ho vissuto senza mai dover passare da un supermercato, prendendo direttamente ciò che c’era di buono dalle mani di chi lo coltivava…
Un esperimento del genere tende a ricostruire reti in grado di sostenere le moltiplicazioni delle varietà locali, le sperimentazioni, le specificità, senza enfatizzarle né isolarle come “pure”.
Risponde all’imperativo che hanno formulato oltre 500 rappresentanti provenienti da circa 80 paesi, facenti parte di organizzazioni contadine, pescatori tradizionali, popoli indigeni, popoli senza terra, lavoratori rurali, migranti, allevatori nomadi, comunità che vivono nelle foreste, donne, uomini, giovani, consumatori, movimenti ecologisti e urbani, quando si sono riuniti nel villaggio di Selingué nel Mali. Una sorta di “Forum sociale mondiale” dedicato alla questione alimentare, che incrocia i problemi della fame, dello sviluppo economico del Sud del mondo ed affronta la crisi dell’agricoltura contadina in maniera trasversale e solidale, riunendo Nord e Sud in un’unica rivendicazione di diritto: quello della sovranità alimentare.

Il seguente articolo è tratto dalla rivista Consapevole 13.

Segnalazioni librarie:


Giada Saint Amour di Chanaz,
Cosa Mangia il Pollo che Mangi
Che cosa ha mangiato il pollo che stiamoper gustare in punta di forchetta?Come sono stati coltivati i fagioli della zuppa?Da dove vengono le banane del trionfo di frutta?Chi ha prodotto il dolce acquistato al supermercato? Cosa mangia il pollo che mangi? ricostruisce la storia del nostro cibo,...