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Requiescat in pace (Geminello Alvi, la mano e il pugno invisibile...)

di Giovanni Petrosino - 23/09/2008

 

Spesso si resta sorpresi dai momenti di estemporanea ed “improvvida” lucidità con la quale alcuni reazionari, presi nella morsa dei fatti, ci restituiscono una descrizione del mondo, del loro mondo, così pragmatica e senza schermature di sorta.

In questi casi è sufficiente una espressione fugace o uno sfogo improvviso, senza ghirigori lessicali, per illuminare a giorno le stanze buie della contraffazione ideologica, inaspettatamente attraversate da fasci di intuizioni tanto rischiaranti quanto involontarie.

I maggiordomi e i reggicoda sospendono per un istante il loro encomiabile servizio presso il Signore di sempre, perché si sentono traditi nel loro spirito fideistico, salvo ritornare, già nella frase appresso, a cospargersi il capo di cenere. Ma ormai quel che è detto è detto e noi pazientemente trascriviamo…

E’ questo l'esempio di un articolo apparso su Il Giornale di ieri e riportato integralmente nel blog da La Grassa.  Naturalmente non ci eravamo messi d’accordo ma ad entrambi è caduto l’occhio su  quella chiosa così esplicativa, con la quale il giornalista Geminello Alvi ha fatto il quadro della crisi finanziaria in corso: “…Insomma siamo alla commedia di un liberismo finto, usato per speculare al rialzo, ma che si sospende al ribasso, e di una globalizzazione che allora è stata solo una americanizzazione”.  Affermazione neutralizzata poco più in là: “Von Hayek, i liberisti veri, predicavano ben altro: di mai stampare moneta in eccesso. Il contrario di quanto s’è purtroppo, e troppo a lungo, plaudito per anni”. Appunto, i liberisti veri, i cantori di un mondo utopico che si dispiega “concretamente” solo nella loro testa. Quando, invece, sono gli altri, ad appellarsi alla loro verità teorica, magari tradita dagli uomini o dal tempo storico (errore gravissimo e imperdonabile commesso dai dominati che finiscono con l’abbandonarsi al rito consolatorio invece di rimettersi sulla strada della ricerca teorica), questi incorreggibili codini non perdono tempo per ergersi a giudici inflessibili dell’utopia irrealistica altrui, dietro la quale si nasconde necessariamente il terrore totalitario. Ma questo, ovviamente, vale solo per gli altri...

Nel mondo dove loro comandano valgono sempre due pesi e due misure, aveva pienamente ragione Marx quando descriveva questo strano modo di precedere dei cantori del capitalismo: “…i rapporti attuali - i rapporti della produzione borghese - sono naturali, gli economisti fanno intendere che si tratta di rapporti entro i quali si crea la ricchezza e si sviluppano le forze produttive conformemente alle leggi della natura. Per cui questi stessi rapporti sono leggi naturali indipendenti dall'influenza del tempo. Sono leggi eterne che debbono sempre reggere la società. Così c'è stata storia, ma ormai non ce n'è più. C'è stata storia perché sono esistite istituzioni feudali e perché in queste istituzioni feudali si trovano rapporti di produzione del tutto differenti da quelli della società borghese, che gli economisti vogliono spacciare per naturali e quindi eterni…”

Allora per Alvi, e per tutti quelli come lui, ricordiamo le parole di Thomas Friedman, analista del NY Times: "la mano invisibile del mercato globale non opera mai senza il pugno invisibile”. Cercate di non dimenticarlo anche quando la tempesta sarà passata e potrete tornare a pontificare sulle imperiture leggi del mercato. Amen