Le ultime provocazioni di Bush: Ucraina
di Romolo Gobbi - 24/09/2008
Il Vice-Presidente USA, Dick Cheney, ha compiuto le ultime provocazioni anti-russe con le visite ufficiali in Georgia e in Ucraina. All’inizio di settembre a Tbilisi Cheney ha dichiarato che gli Stati Uniti: “sono impegnati a portare la Georgia nella NATO”. La stessa dichiarazione è stata fatta a Kiev, dove pochi giorni dopo il Sottosegretario di Stato USA per l’Europa, Daniel Fried ha ribadito che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto e aiutato l’Ucraina: “se la sua integrità territoriale sarà minacciata”.
Uno dei tanti vizi del sistema democratico americano consiste proprio nella volontà di usare le cariche elettive fino all’ultimo, condizionando così le future amministrazioni. Perché l’odiato Bush e l’osceno Cheney non preparano armi e bagagli in silenzio? In verità, la questione dell’Ucraina era stata posta da tempo, infatti, già nel luglio del 1996 il ministro della Difesa americano aveva dichiarato: “non possiamo sottovalutare l’importanza dell’Ucraina indipendente per la sicurezza e la stabilità di tutta l’Europa”. D’altra parte, il presidente ucraino Leonid Kuchma nel luglio del 1997 sottoscrisse un accordo di “partnership speciale”, che vincolava la NATO a sostenere l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Anche dopo la “rivoluzione arancione”, per altro sostenuta dagli americani, che portò al potere ra il 2004 ed il 2005 gli attuali leaders ucraini Victor Yushenko e Yulia Tymoshenko, questi si impegnarono a portare l’Ucraina nella NATO. Già allora la Russia di Putin non nascose la propria ira nei confronti di questa prospettiva.
Al di là dei giochi politici, la questione ucraina ha delle basi oggettive: su quarantacinque milioni di abitanti, circa dieci milioni sono di etnia russa, di cui molti con passaporto russo. La divisione culturale del paese è di antica data: “l’Ucraina ha fatto parte ora della Polonia, ora della Lituania, ora dell’Impero Austro-Ungarico. Un’ampia parte della sua popolazione aderisce alla Chiesa Uniata, che segue il rito ortodosso, ma riconosce l’autorità del Papa. Storicamente, gli ucraini occidentali hanno sempre parlato ucraino e hanno sempre esibito un atteggiamento fortemente nazionalista. La popolazione dell’ucraina orientale, viceversa, è sempre stata in forte prevalenza di religione ortodossa e parla russo” (S.P. Huntington, Lo scontro delle Civiltà, Garzanti, 1997, pag.238).
Anche per queste ragioni culturali la Russia difende i russi dell’Ucraina: “l’ucrainizzazione linguistica del paese prosegue anche nelle regioni a maggioranza russa. Il Governo, di recente, ha imposto sottotitoli e doppiaggio in ucraino dei films stranieri destinati a cinema e TV, sollevando un putiferio. Al russo è negato lo status di seconda lingua ufficiale, sebbene in molte regioni sia parlato dal 80-90% della popolazione”. (Limes, n°3, 2008, pag.229).
A complicare ulteriormente la situazione vi sono pressanti motivi economici: l’Ucraina dipende fortemente dalle forniture russe di gas e petrolio e la propria industria non è ancora totalmente indipendente dai legami con quella russa, soprattutto per quanto riguarda l’industria bellica. Inoltre, attraverso l’Ucraina passa l’80% del gas russo diretto nell’Unione Europea. Dunque, voler far entrare l’Ucraina nella NATO non può che complicare i rapporti tra la Russia e l’Europa e in più destabilizzare tutta l’area con conseguenze prevedibili: “se l’Ucraina aderisce alla NATO, sarà la rivolta popolare”. Così ha affermato Mikhail Furachov, dirigente del “blocco russo”, che ha aggiunto: “i russi sono vittime della discriminazione ucraina, nei media, al cinema, nelle scuole: è l’ucrainizzazione forzata della regione”.
E’ questo quello che vogliono da sempre gli americani, e che probabilmente continueranno a volere, visto che l’ “alce con il rossetto”, Sarah Palin, candidata alla vicepresidenza degli USA ha detto di essere disposta a dichiarare guerra alla Russia per la Georgia e probabilmente anche per l’Ucraina.